L´accertamento tecnico preventivo nel processo previdenziale
L´accertamento tecnico preventivo nel processo previdenziale (art. 445 bis, codice di procedura civile) - articolo a cura di Pietro Capurso e Gino Madonia, pubblicato sul sito lavoroprevidenza.com (Lavoro e Previdenza, Osservatorio del Diritto del Lavoro e della Previdenza Sociale)
www.lavoroprevidenza.com - febbraio 2012
L'ACCERTAMENTO TECNICO PREVENTIVO NEL PROCESSO PREVIDENZIALE
(art. 445 bis, codice di procedura civile)
Pietro CAPURSO e Gino MADONIA[fn]Lo studio rappresenta esclusivamente Ie opinioni degli autori ed e il frutto della loro comune riflessione. Sono tuttavia da attribuirsi a Gino MADONIA i paragrafi da 1 a 12 ed a Pietro CAPURSO i paragrafi da 13 a 23.[/fn]
Indice: 1. L'art. 38, c. 1, legge 15 luglio 2011, n. 111. - 2. L'ambito di applicazione della disciplina. - 3. Proponibilità, procedibilità e limiti alia presentazione di nuove domande. - 4 Pluralità di istanze di accertamento tecnico preventivo e divieto di frazionamento del diritto. - 5 L'istanza di accertamento tecnico preventivo: efficacia interruttiva della prescrizione ed impeditiva della decadenza. - 6. La fase introduttiva del procedimento di accertamento tecnico preventivo. - 7. L'improcedibilità del giudizio di merito in assenza di accertamento tecnico preventivo. - 8. Conseguenze processuali della coesistenza di istanza di accertamento tecnico preventivo e giudizio di merito. - 9. L'accertamento tecnico preventivo come procedimento giurisdizionale sommario. - 10. Il problema delle questioni preliminari alla verifica delle condizioni sanitarie. - 11. La procedimentalizzazione dell'accertamento tecnico e il decreto contenente l'indicazione del termine per la contestazione delle conclusioni del consulente tecnico d'ufficio. - 12. La non contestazione dell'esito dell'accertamento tecnico preventivo e la fase successiva di omologazione dell'accertamento. - 13. La reiezione della domanda amministrativa di prestazione a seguito di accertamento tecnico preventivo non contestato. - 14. Contestazione della consulenza tecnica e omissione del ricorso introduttivo del giudizio. - 15. Il ricorso introduttivo del giudizio di merito ed i motivi specifici di contestazione. - 16. La legittimazione ad introdurre il giudizio di merito ed i problemi nei casi di soccombenza reciproca. - 17. La valutazione degli aggravamenti e delle nuove infermità nel giudizio di merito. - 18. Giudizio di merito successivo alla contestazione ed ambito della cognizione. - 19. La tesi del giudizio di merito come mero accertamento delle condizioni sanitarie. Critica. - 20. La tesi del giudizio di merito a cognizione piena. - 21. La tesi del giudizio di merito a cognizione variabile. - 22. II regime delle impugnazioni. - 23. Conclusioni.
1. L'art. 38, c. 1, legge 15 luglio 2011, n. 111. - L'art. 38, c. 1, legge 15 luglio 2011, n. 111, recante disposizioni in materia di contenzioso previdenziale ed assistenziale, "AI fine di realizzare una maggiore economicità dell'azione amministrativa e favorire la piena operatività e trasparenza dei pagamenti nonchè deflazionare il contenzioso in materia previdenziale, di contenere la durata dei processi in materia previdenziale, nei termini di durata ragionevole dei processi", introduce il nuovo art. 445 bis del codice di procedura civile, rubricato accertamento tecnico preventivo obbligatorio (ATP), del seguente tenore:
(I) Nelle controversie in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, nonché di pensione di inabilità e di assegno di invalidità, disciplinati dalla legge 12 giugno 1984, n. 222, chi intende proporre in giudizio domanda per il riconoscimento dei propri diritti presenta con ricorso al giudice competente ai sensi dell'articolo 442 codice di procedura civile., presso il Tribunale nel cui circondario risiede l'attore, istanza di accertamento tecnico per la verifica preventiva delle condizioni sanitarie legittimanti la pretesa fatta valere. Il giudice procede a norma dell'articolo 696 - bis codice di procedura civile, in quanto compatibile nonché secondo le previsioni inerenti all'accertamento peritale di cui all'articolo 10, comma 6-bis, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, e all'articolo 195.
(II) L'espletamento dell'accertamento tecnico preventivo costituisce condizione di procedibilità della domanda di cui al primo comma. L'improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto a pena di decadenza o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice ove rilevi che l'accertamento tecnico preventivo non è stato espletato ovvero che è iniziato ma non si è concluso, assegna alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione dell'istanza di accertamento tecnico ovvero di completamento dello stesso.
(III) La richiesta di espletamento dell'accertamento tecnico interrompe la prescrizione.
(IV) Il giudice, terminate le operazioni di consulenza, con decreto comunicato alle parti, fissa un termine perentorio non superiore a trenta giorni, entro il quale le medesime devono dichiarare, con atto scritto depositato in cancelleria, se intendono contestare le conclusioni del consulente tecnico dell'ufficio.
(V) In assenza di contestazione, il giudice, se non procede ai sensi dell'articolo 196, con decreto pronunciato fuori udienza entro trenta giorni dalla scadenza del termine previsto dal comma precedente omologa l'accertamento del requisito sanitario secondo le risultanze probatorie indicate nella relazione del consulente tecnico dell'ufficio provvedendo sulle spese. Il decreto, non impugnabile né modificabile, è notificato agli enti competenti, che provvedono, subordinatamente alla verifica di tutti gli ulteriori requisiti previsti dalla normativa vigente, al pagamento delle relative prestazioni, entro 120 giorni.
(VI) Nei casi di mancato accordo la parte che abbia dichiarato di contestare le conclusioni del consulente tecnico dell'ufficio deve depositare, presso il giudice di cui al comma primo, entro il termine perentorio di trenta giorni dalla formulazione della dichiarazione di dissenso, il ricorso introduttivo del giudizio, specificando, a pena di inammissibilità, i motivi della contestazione.
(VII) La sentenza che definisce il giudizio previsto dal comma precedente è inappellabile (comma inserito con art. 27, c. 1, lett. f, legge 12 novembre 2011, n. 183).
In questa scritto ci proponiamo di ripercorrere Ie linee fondamentali della riforma, che sembra disegnare - è bene precisarlo subito, tra numerose asimmetrie di ordine sistematico - un vero e proprio sottotipo rispetto al rito delle controversie della previdenza e dell' assistenza sociale.
2. L'ambito di applicazione della disciplina. - II legislatore ha previsto che il procedimento debba essere promosso "nelle controversie in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, nonchè di pensione di inabilità e di assegno di invalidità, disciplinati dalla legge 12 giugno 1984, n. 222", con l'intento di predisporre uno strumento alternativo al processo ordinario di cognizione - da attivarsi soltanto in una fase successiva ed eventuale - per la risoluzione di controversie fondate essenzialmente sulla sussistenza o meno di requisiti di natura sanitaria, in relazione alle quali è preminente l'attività svolta dagli ausiliari del giudice e delle parti.
Essendo questa la ratio legis, desta qualche perplessità la mancata previsione, e conseguente inapplicabilità della disciplina, per le controversie di cui all'art. 1, c. 8, d. lgs. 30 dicembre 1992, n. 503, sulle pensioni di vecchiaia anticipata in favore degli invalidi in misura non inferiore all'80%, e per Ie controversie sulle pensioni ai superstiti in favore di soggetti maggiorenni inabili ex art. 13 r.d.l. 14 aprile 1939 n. 636. Quanto invece all'assegno mensile per I'assistenza personale e continuativa ai pensionati per inabilità di cui all'art. 5 della legge 222 del 1984, se ne potrebbe ipotizzare l'applicazione in via di interpretazione estensiva, trattandosi di prestazione che presuppone la inabilità totale, la cui disciplina e pur sempre offerta dalla legge appena citata, espressamente richiamata dall' art. 445 bis.
Il riferimento della norma all'art. 10, c. 6 bis, legge 2 dicembre 2005, n. 248, lascerebbe intendere che parte necessaria del procedimento debba essere I'INPS e pertanto se ne dovrebbe escludere l'applicazione - non potendosi fare ricorso ad una sua interpretazione analogica, trattandosi di normativa eccezionale limitativa dell'accesso alla tutela giurisdizionale - in tutti i casi in cui la soglia invalidante sia fissata dall'ordinamento ai fini del riconoscimento di altre utilità ad opera di altri soggetti, quali ad esempio l'esenzione dal ticket disposta dalle aziende sanitarie provinciali, ovvero l'iscrizione negli elenchi del collocamento obbligatorio, di competenza delle Regioni.
3. Proponibilità, procedibilità e limiti alla presentazione di nuove domande. - La richiesta di accertamento tecnico preventivo è subordinata alla preventiva presentazione della domanda amministrativa e dei ricorsi amministrativi ove previsti, incontrando il procedimento sommario Ie medesime preclusioni del procedimento ordinario di cognizione.
E' noto infatti che in materia di prestazioni previdenziali ed assistenziali la domanda amministrativa all'ente erogatore, ex art. 7 legge n. 533 del 1973, è condizione di proponibilità della domanda giudiziaria, avendo il legislatore disposto che il privato non affermi un diritto davanti all'autorità giudiziaria prima che esso sia sorto. ossia prima del perfezionamento della relativa fattispecie a formazione progressiva, nella quale l'obbligo dell'ente previdenziale sorge soltanto dopo la presentazione della domanda amministrativa (Cass. 15 gennaio 2007, n, 732; Cass. 29 dicembre 2004, n. 24103).
Per le domande aventi ad oggetto la pensione di inabilità e I'assegno di invalidità, disciplinati dalla legge 12 giugno 1984, n. 222, trova inoltre applicazione l'art. 443 c.p.c., che prevede l'improcedibilità della domanda ove non siano esauriti i procedimenti prescritti dalle leggi speciali per la composizione in sede amministrativa o siano decorsi i termini ivi fissati per il compimento dei procedimenti stessi o siano, comunque, decorsi centottanta giorni dalla proposizione del ricorso amministrativo. Per Ie controversie di invalidità civile, invece, I'art. 42, c. 3, legge 24 novembre 2003, n. 326 ha soppresso tutte Ie disposizioni in materia di ricorso amministrativo, fissando solo un termine decadenziale di sei mesi daIla pronuncia del provvedimento amrninistrativo per la proposizione del ricorso giudiziario (cfr. par. 5).
Da segnalare infine che ai sensi dell' art. 11 della legge 222 del 1984, l'assicurato che abbia in corso o presenti domanda intesa ad ottenere il riconoscimento del diritto alIa pensione di inabilità o all'assegno di invalidità non può presentare ulteriore domanda per la stessa prestazione fino a quando non sia esaurito l'iter di quella in corso in sede amministrativa o, nel caso di ricorso in sede giudiziaria, fino a quando non sia intervenuta sentenza passata in giudicato.
A norma dell'art. 56, c. 2, della legge 18 giugno 2009, n. 69, tale disposizione si applica anche aIle domande volte a ottenere il riconoscimento del diritto a pensioni, assegni e indennità comunque denominati spettanti agli invaIidi civili nei procedimenti in materia di invalidità civile, cecità civile e sordomutismo. Da ciò consegue la inamissibilità di una nuova domanda di prestazione presentata anteriormente alla definizione - la cui esatta individuazione costituisce dunque operazione interpretativa di non poco momento - non solo del procedimento di ATP, ma anche della successiva fase amministrativa e/o eventualmente contenziosa.
4. Pluralita di istanze di accertamento tecnico preventivo e divieto di frazionamento del diritto. - II nuovo procedimento giudiziario, informato al principio della separazione tra la fase dell'accertamento sanitario e la fase del riconoscimento del beneficio, deve essere coordinato con le regole previgenti, ed in particolare, oltre che con il già richiamato art. 11 della legge n. 222 del 1984, anche con I'art. 149 disp. att. c.p.c., in forza del quale la sentenza che definisce il giudizio deve tener conto degli aggravamenti e delle infermità che si siano verificate nel corso del procedimento, sia amministrativo che giudiziario.
Tale norma, che per consolidato orientamento giurisprudenziale si estende a tutte Ie controversie in materia di invalidità (Cass. 12 dicembre 2003, n. 19005), costituisce, nel sottosistema previdenziale - unitamente all'art. 20, c. 7 e 8 della legge 6 agosto 2008 n. 112, con cui viene disposta la riunificazione d 'ufficio dei giudizi aventi ad oggetto il diritto di credito azionato in modo frazionato nei confronti degli enti -, un'applicazione del principio generale del divieto di frazionamento del credito elaborato dalla giurisprudenza (Cass., sez. un., 15 novembre 2007, n. 23726). Alla luce del principio deve quindi ritenersi che nel nuovo procedimento sia vietata la proposizione di più domande di ATP per la verifica preventiva delle condizioni sanitarie legittimanti Ie diverse pretese che astrattamente potranno farsi valere in riferimento al medesimo verbale di visita.
II divieto di frazionamento del diritto impone allora di azionare con un unico ATP tutti gli accertamenti sanitari riconducibili al medesimo verbale di visita negativo, con la conseguenza Che in Caso di molteplici istanze di ATP potranno essere attivati gli istituti della connessione e riunione di procedimenti, della continenza e della litispendenza ove lo stato dei procedimenti lo consenta in ossequio alle generali regole processuali, dovendosi viceversa ritenere maturato un effetto preclusivo della istanza successiva ma fondata sul medesimo verbale, ove tali istituti non siano più applicabili per effetto della definizione della istanza in precedenza presentata. Deve però precisarsi, al riguardo, che secondo la giurisprudenza la domanda amministrativa di pensione di inabilita contiene implicitamente quella di attribuzione dell' assegno di invalidità, atteso che tra Ie due prestazioni intercorre un necessario rapporto di continenza, configurandosi l'assegno come un minus rispetto alia pensione (Cass. 6 settembre 2003, n. 13046). Di contro, la domanda intesa all'indennità di accompagnamento non include anche la domanda di pensione di inabilità civile, in ragione della diversità dei presupposti sanitari e socioeconomici e della funzione ricoperta, essendo la pensione indirizzata al sostentamento del cittadino minorato nella capacità di lavoro, mentre nell'indennità di accompagnamento e finalizzata a sostenere il nucleo familiare (Cass. 4 aprile 2005, n. 6941).
5. L'istanza di accertamento tecnico preventivo: Efficacia interruttiva della prescrizione ed impeditiva della decadenza. - Le prestazioni oggetto dell' ATP sono soggette a diversi termini di decadenza dall'azione giudiziaria a seconda che si tratti di prestazioni previdenziali ovvero di prestazioni assistenziali.
Nel primo caso la disciplina è offerta dall'art. 47 del d.p.r. 30 aprile 1970, n. 639, per come più volte modificato, da ultimo proprio dallo stesso art. 38 della legge n. 111 del 2011, in commento, secondo cui l'azione giudiziaria per le controversie in materia di trattamenti pensionistici deve essere proposta, a pena di decadenza, entro tre anni dalla reiezione definitiva della domanda. Per le prestazioni assistenziali I'art. 42, c. 3, della legge n. 326 del 2003 prevede invece che la domanda giudiziale debba essere proposta all'autorità giudiziaria, a pena di decadenza, entro sei mesi dalla data di comunicazione all'interessato del provvedimento emanato in sede amministrativa.
In entrambi i casi l'atto previsto dalla legge come impeditivo della decadenza, ai sensi dell' art. 2966 c.c., è il ricorso giudiziario, ma I'art. 445 bis, comma 3, si limita a stabilire che "la richiesta di espletamento dell'accertamento tecnico interrompe la prescrizione".
E' tuttavia da ritenere che la precisazione sull'effetto impeditivo della decadenza sia stato ritenuto superfluo, stante la chiara natura di domanda giudiziale della istanza di ATP, anche perchè si tratta dell'unica interpretazione coerente con le finalità deflattive enunciate, in quanta che, diversamente, il ricorrente sarebbe costretto a proporre un ricorso destinato inesorabilmente ad essere dichiarato improcedibile.
6. La fase introduttiva del procedimento di accertamento tecnico preventivo. - II ricorso per ATP deve essere presentato al giudice del lavoro del tribunale nel cui circondario risiede l'attore ai sensi dell' art. 442 c.p.c .
Qualora la domanda non sia corredata da una chiara esposizione dei fatti posti a fondamento della pretesa, il giudice, in applicazione analogica dell'art. 164, c. 5, c.p.c., deve ordinare al ricorrente l'integrazione della domanda. L'art. 445 bis rinvia all'art. 696 bis, che a sua volta richiama il precedente art. 696, in forza del quale il giudice provvede nelle forme stabilite negli artt. 694 e 695 in quanta applicabili, fissando udienza di comparizione ed il termine per la notifica del ricorso all'ente convenuto. Si deve ritenere possibile che con lo stesso decreto il giudice nomini anche il consulente, potendo sempre revocare l'incarico dopo avere esaminato le difese articolate dal convenuto nella memoria di costituzione.
II ricorso dovrà poi essere notificato per le prestazioni assicurative di invalidità e inabilità, ai sensi dell' art 44, c, 3, lett b), della legge n, 326 del 2003, presso la struttura territoriale dell'INPS nella cui circoscrizione risiede il ricorrente, e per le prestazioni di invalidità civile presso le sedi provinciali dell'INPS, ai sensi dell'art 10, c. 6, della legge 248 del 2005,
7. L'improcedibilita del giudizio di merito in assenza di accertamento tecnico preventivo. - La sequenza fisiologica delle iniziative giudiziarie da intraprendersi per ottenere il riconoscimento dei diritti nelle materie di cui all'art. 445 bis prevede che i ricorrenti, a pena di improcedibilita, propongano preventivamente la richiesta di ATP avente ad oggetto il requisito sanitario e soltanto in via eventuale e successiva il giudizio di merito avente ad oggetto il diritto. Occorre però domandarsi quali esiti abbia una sequenza diversa.
E' possibile in primo luogo che il ricorrente proponga direttamente la domanda di merito avente ad oggetto il diritto senza avere preventivamente chiesto l'ATP. La fattispecie è espressamente sanzionata daII'art. 445 bis con la improcedibilita della domanda. Rileviamo innanzi tutto in proposito che la norma ha espressamente codificato quanto già pacificamente affermato dalla giurisprudenza a margine dell'art. 443 c.p.c., con riferimento alla (im)procedibilità della domanda nelle controversie in materia di previdenza e assistenza obbligatorie, sottratta alla disponibilità delle parti e rimessa al potere-dovere del giudice del merito, da esercitarsi solo nella prima udienza di discussione (per tutte, Cass. 7 giugno 2003, n. 9150). Ove pertanto alia prima udienza non venga rilevata l'improcedibilita, il convenuto decade dalla possibilità di formulare successivamente l'eccezione e il giudizio di merito proseguirà. Una eventuale successiva domanda di ATP avente ad oggetto la sussistenza del requisito sanitario relativo alla medesima prestazione dovrà essere dichiarata inammissibile.
Diversamente, secondo il tenore letterale dell'art. 445 bis, il giudice, ove rilevi che l'accertamento tecnico preventivo non è stato espletato ovvero che è iniziato ma non si è concluso, assegna aIle parti il termine di quindici giorni per la presentazione dell'istanza di accertamento tecnico ovvero di completamento dello stesso. Occorre in questo caso domandarsi quale sia l'esito del giudizio e quali siano, se ve ne sono, i rimedi avverso il provvedimento emesso dal giudice. La lacuna contenuta daII'art. 445 bis sugli effetti della dichiarata improcedibilità non sembra possa essere colmata attraverso l'interpretazione analogica dell'art. 443 c.p.c. nella parte in cui prevede la sospensione del processo e la sua successiva riassunzione nel termine di centottanta giorni daIla cessazione della causa di improcedibilita a cura del solo ricorrente, non avendovi alcun interesse l'Ente previdenziale convenuto. L'art. 445 bis, viceversa, assegna ad entrambe le parti il termine per proporre il giudizio di merito, oltretutto nel diverso e più breve termine di trenta giorni dalla contestazione delle risultanze dell' ATP.
Sembra allora preferibile pervenire alla soluzione che attribuisce aI provvedimento dichiarativo della improcedibilità l'effetto di definire comunque il giudizio di merito promosso - che dovrà quindi essere eventualmente introdotto ex novo successivamente alla contestazione delle risultanze dell' ATP. Il provvedimento dovrà essere adottato sotto forma di sentenza, certamente appellabile in quanto avente ad oggetto domanda diversa da quella prevista dall'art. 445 bis. Allo stesso modo sarà appellabile, anche sotto il profilo della sussistenza del requisito sanitario, la sentenza di merito che definisce il giudizio ove non sia stata rilevata la improcedibilità della domanda (cfr. par. 22)
8. Conseguenze processuali della coesistenza di istanza di accertamento tecnico preventivo e giudizio di merito. - E' possibile anche che l'istanza di ATP ed il giudizio di merito coesistano, in quanto proposte con un unico atto o con due ricorsi distinti, uno avente ad oggetto il merito e l'altro la richiesta di ATP. Al riguardo le argomentazioni formulate al paragrafo precedente sono utili per pervenire ad alcune parziali soluzioni, ma non esauriscono la gamma delle possibilità.
Quanto al primo caso, unico ricorso contenente ATP e merito, il giudice, in sede di udienza di discussione, dovrebbe rilevare l'assenza della condizione di procedibilità e di conseguenza - eventualmente previa separazione delle cause ai sensi dell'art. 103 c.p.c. - dichiarare la improcedibilità della domanda di merito secondo le modalità e con le conseguenze sopra descritte (cfr. par. 7), proseguendo viceversa nella istruttoria della istanza di ATP. Non sembra però possa essere al giudice preclusa, nel tentativo di dare effettiva applicazione ai principi di economia processuale che informano la disciplina, la possibilità di fissare una prima udienza dedicata alla discussione della domanda presentata ai sensi del 445 bis ed una prima udienza per la discussione del merito differita ad un'epoca in cui l'intero procedimento di ATP, comprensivo dei tempi successivi assegnati per la contestazione ovvero per la liquidazione della prestazione possa essere portato a conclusione.
Di conseguenza, ove le risultanze dell' ATP non fossero contestate, il giudizio di merito andrebbe definito con dichiarazione di cessata materia del contendere ove non fossero contestati i requisiti diversi da quello sanitario ovvero proseguirebbe unicamente per l'accertamento di questi ultimi. Qualora invece Ie parti intendessero contestare anche le risultanze dell' ATP, dovrebbero necessariamente depositare la dichiarazione di contestazione di cui al comma 4 (cfr. par. 11), senza bisogno di introdurre il giudizio di merito entro i successivi trenta giorni, essendo questo già incardinato.
Passando ad esaminare l'ipotesi in cui il ricorrente proponga due distinti ricorsi, uno avente ad oggetto il merito e I' altro la richiesta di ATP, la possibilità di definire celermente il giudizio di merito ove l' ATP non risulti già espletato costituisce causa ostativa alia riunione dei procedimenti. Anche in questa ipotesi la fissazione di una udienza a breve per la trattazione della istanza di ATP e il differimento della udienza di trattazione del ricorso di merito potrebbe rivelarsi utile espediente per la risoluzione di molti problemi.
Deve richiamarsi l'attenzione sulla circostanza che il legislatore ha individuato quale condizione di procedibilità della domanda di merito non la presentazione della istanza di ATP, bensì il suo espletamento concreto, evidentemente allo scopo di garantire in ogni caso il preventivo esame del requisito sanitario e le conseguenti determinazioni delle parti, prima di procedere all'esame della domanda avente ad oggetto il diritto. Rimane però difficile trovare una risposta all'interrogativo circa l'utilità della previsione del termine per la presentazione della domanda di prosecuzione dell'ATP, ove questa sia stato iniziato ma non completato, nonchè circa la sorte del procedimento di ATP già iniziato, quando tale istanza di prosecuzione non venga presentata, ove si consideri che la norma non prevede in proposito alcuna sanzione. Non sembra infatti potersi attribuire alla mancata presentazione della istanza di prosecuzione dell'ATP valore di rinuncia dello stesso, nè, in assenza di esplicita previsione, sembra potersi configurare alcuna decadenza sostanziale nell'ipotesi in cui il ricorrente ometta di depositare nel termine assegnato dal giudice la richiesta di ATP. Dalla previsione legislativa, semmai, potrebbero trarsi argomenti a favore della predisposizione di uno strumento diretto a sollecitare alIa parte la manifestazione di un interesse alla conservazione degli effetti della domanda di merito presentata. In altri termini, la previsione potrebbe avere un senso solamente ove l'adempimento dell' onere nel termine assegnato possa essere verificato in una fase successiva del giudizio di merito già iniziato, determinandosi in mancanza la definitiva improcedibilità della domanda avente ad oggetto il diritto.
9. L'accertamento tecnico preventivo come procedimento giurisdizionale sommario. - L'accertamento tecnico preventivo ha natura di procedimento giurisdizionale sommario non cautelare ed assolve a funzioni di composizione della lite.
Il ricorso contenente l'istanza di accertamento dovrà essere dunque depositato con l'assistenza di un avvocato e contenere sia l'indicazione della prestazione che si intende far valere nel giudizio cui è preordinato I'accertamento sanitario che la documentazione del precedente iter amministrativo che, come si e visto (cfr. par. 3), costituisce condizione di proponibilità e/o procedibilità dell'istanza di ATP. Nel ricorso dovrà anche essere effettuata, ai sensi dell'art. 152 disp. att. c.p.c., la dichiarazione di valore della causa, ma è dubbio se si tratti del valore della prestazione richiesta ovvero se si tratti di valore indeterminabile, avendo il procedimento ad oggetto il solo requisito sanitario.
Il giudice procede ai sensi dell'art. 696 bis c.p.c. in quanto compatibile. Deve pertanto valutare la sussistenza dei presupposti di ammissibilità ancorandoli necessariamente al fumus boni iuris del diritto da azionare nel successivo ed eventuale giudizio di merito, perchè diversamente l'istituto sarebbe rimesso all'arbitrio del ricorrente (cfr. Trib. Milano 13 aprile 2011, in tema di art. 696 bis c.p.c.), mentre non potrà valutare il periculum, in considerazione della previsione dell'ATP come condizione di procedibilita del giudizio di merito e del richiamo espresso all'art. 696 bis c.p.c.
II provvedimento che ammette la consulenza tecnica (avendo natura di istruzione preventiva) non è invece suscettibile di ricorso per Cassazione ai sensi dell'art. 111 cost., trattandosi di provvedimento connotato dal carattere della provvisorieta e strumentalità (Cass., sez. un., 20 giugno 2007, n. 14301).
10. Il problema delle questioni preliminari alla verifica delle condizioni sanitarie. - La lettera della norma sembra consentire indiscriminatamente l'accesso all' ATP, senza che possa avere ingresso l'esame di requisiti diversi ed uIteriori rispetto a quello sanitario, che dovrebbe essere l'unico parametro di valutazione del fumus. Anzi, I'intero procedimento sembra proprio preordinato a confinare alla fase dell'azione amministrativa successiva la valutazione dei requisiti socioeconomici (cfr. par. 13). Riteniamo pero che questa soluzione non possa essere accoIta, e che l'istante sia invece onerato di indicare la prestazione che intende ottenere nel merito, allegando la sussistenza dei requisiti socioeconomici, potendo l'ente sin da questa fase contestare il diritto ed il giudice delibare sommariamente il fumus anche in riferimento ad essi.
L'art. 445 bis, infatti, al pari dell' art. 696 bis c.p.c., prevede uno strumento alternativo di risoluzione della controversia che, in quanto collocato nell'ambito di un procedimento giurisdizionale dal quale mutua Ie relative garanzie, puo essere ricondotto alIa categoria della cd. conciliazione delegata, e pertanto all'autorità giudiziaria deve essere riconosciuto il potere-dovere di valutare l'ammissibilita della consulenza in relazione ai presupposti processuali ed aIle condizioni dell'azione, nonchè agli ulteriori profili che possano rendere di fatto inutile l'accertamento da effettuare perchè vanificato dall'evidente assenza degli ulteriori elementi costitutivi dei diritti che dovranno essere azionati successivamente. (cfr. art. 198 c.p.c.).
II giudice deve quindi preliminarmente esaminare se, nella futura causa di merito eventualmente promossa dalle parti, la consulenza tecnica preventivamente disposta potrà essere utile ai fini della decisione, e all'esito di questa verifica potrà rigettare il ricorso, senza nominare il CTU, anche ove ritenga di accogliere eccezioni preliminari assorbenti, quali ad esempio, l'intervenuta decadenza dell'azione giudiziaria (cfr. par. 5), l'improponibilità della domanda per mancanza della preventiva richiesta amministrativa (cfr. par. 3), l'improcedibilità del ricorso per mancato esperimento del ricorso amministrativo, ove richiesto (cfr. par. 3), o anche per dichiarare la cessata materia del contendere nel caso di intervenuto riconoscimento della prestazione in via amministrativa.
In tali casi, a seguito dell'instaurazione del contraddittorio con l'ente erogatore, il giudice respinge l'istanza con ordinanza che, in quanta priva di natura decisoria, potendo essere l'istanza nuovamente proposta una volta realizzate Ie condizioni che ne hanno determinato la reiezione, non è reclamabile ne ricorribile in Cassazione ex art. 111 Cost.
La condizione di procedibilità risulta però a quel punto rispettata, ed il ricorrente potrà introdurre il giudizio di merito avente ad oggetto il diritto e che sfocerà in una sentenza di merito appellabile, in quanto non pronunciata all'esito di accertamento tecnico preventivo (cfr. par. 22) .
11. La procedimentalizzazione dell'accertamento tecnico e il decreto contenente l'indicazione del termine per la contestazione delle conclusioni del consulente tecnico d'ufficio. - Lo svolgimento delle operazioni peritali procede secondo l'iter di cui gli artt. 10, legge 2 dicembre 2005, n. 248, e 195 c.p.c. II consulente, entro quindici giorni antecedenti l'inizio delle operazioni peritali, anche in via telematica, invia apposita comunicazione alla Direzione della sede provinciale dell'INPS competente, affinchè possa assistervi un medico legale dell'ente, autorizzato a partecipare alle operazioni peritali anche in assenza di preventiva nomina di parte, in deroga all'art. 201, c. 1 c.p.c. Ai sensi dell'art. 195 c.p.c. la relazione - alla quale deve essere allegato, a pena di nullità rilevabile anche d'ufficio, il riscontro della comunicazione all'lNPS - deve essere trasmessa alle parti nel termine stabilito dal giudice con l'ordinanza can cui viene fissato altresì il termine entro il quale le parti devono trasmettere al consulente le proprie osservazioni sulla relazione e il termine, anteriore alIa successiva udienza, entro il quale il consulente deve depositare in cancelleria la relazione, le osservazioni delle parti e una sintetica valutazione sulle stesse.
Al termine delle operazioni di consulenza tecnica è previsto il vero e proprio snodo del nuovo procedimento, ovvero la comunicazione, a cura della cancelleria del tribunale, del decreto con il quale il giudice fissa un termine perentorio, non superiore a trenta giorni, entro il quale le parti devono dichiarare, con atto scritto depositato in cancelleria, se intendono contestare le conclusioni del consulente tecnico d'ufficio. Il decreto viene comunicato all'INPS, al difensore se costituito in giudizio ed alla Direzione della sede competente, nell'ipotesi di contumacia. Scopo della comunicazione è di ottenere, con un comportamento concludente, la tacita accettazione dell'accertamento sanitario, al fine di sgombrare il campo da ogni ulteriore indagine sul punto, e trasferire alla fase amministrativa la verifica dei requisiti socio-economici di accesso alla prestazione. In presenza di contestazione, e quindi con il deposito - nel termine perentorio fissato dal giudice - di una mera dichiarazione scritta, anche non motivata, con la quale la parte comunica la volontà di contestare le conclusioni del consulente tecnico d'ufficio, si apre la strada alla fase contenziosa in senso stretto (cfr. par. 15).
12. La non contestazione dell'esito dell'accertamento tecnico preventivo e Ia fase successiva di omologazione dell'accertamento. - Ove nessuna delle parti contesti la consulenza entro il termine fissato, puo verificarsi che il giudice, nell'esercizio del potere-dovere di verificare la compiutezza e la logicità della CTU (Cass. 1 settembre 1997, n. 8286), ne disponga la rinnovazione, ex art. 196 c.p.c., fissando nuova udienza a garanzia del contraddittorio. Diversamente, con decreto pronunciato fuori udienza entro il termine non perentorio di trenta giorni dalla scadenza del termine per il deposito della contestazione, il giudice omologa l'accertamento del requisito sanitario secondo Ie risultanze probatorie indicate nella relazione del consulente tecnico, provvedendo sulle spese tanto di CTU, quanto di onorari professionali.
Il decreto di omologa non impugnabile nè modificabile, deve essere notificato all'INPS, riteniamo alIa Direzione della sede competente, essendo la notificazione finalizzata all'istruttoria necessaria alia erogazione della prestazione; ed infatti l'Ente, subordinatarnente alla verifica di tutti gli ulteriori requisiti previsti dalIa normativa vigente, provvede al pagamento delle relative prestazioni, entro i centoventi giomi successivi, semprechè la domanda dell'interessato sia completa di tutti i documenti e i dati necessari all'Istituto (Cass. 16 gennaio 1996, n. 317; Cass. 22 marzo 2001, n. 4155), anche ai sensi deIl'art. 16, comma 6 della legge 30 dicembre 1991, n. 412, come modificato dall'art, 1, comma 783 della legge 27 dicembre 2006, n, 296, in forza del quale la domanda incompleta non comporta il diritto a interessi legali e oneri accessori.
La nonna non sembra attagliarsi all'ipotesi in cui il decreto di omologazione abbia ad oggetto un accertamento sfavorevole all'istante, ma deve ritenersi conforme all'interpretazione letterale della norma la necessita che il giudice omologhi l'accertamento del requisito sanitario anche qualora Ie risultanze peritali siano negative per l'istante; ovviamente non sussisterebbe in questa caso alcun obbligo di notifica del decreto da parte dell'Ente, rnentre potrebbe esservi un interesse della parte istante, al fine di acquisire certezza sulla definizione del procedimento - coincidente con la data di ricezione della notifica - onde poter presentare nuova domanda amministrativa avente ad oggetto la medesima prestazione, altrimenti inammissibile (cfr. par. 3).
13. La reiezione della domanda amministrativa di prestazione a seguito di accertamento tecnico preventivo non contestato. - La reiezione della domanda di prestazione, corredata dal decreto di omologa dell'accertamento sanitario, può aversi con provvedimento espresso o anche a seguito di silenzio rifiuto, e quindi con l'inutile decorso del termine di centoventi giomi.
Avverso questo provvedimento non è previsto alcun ricorso amministrativo, sicchè da questa data dovrà ritenersi conclusa la fase amministrativa, con la facoltà, per il cittadino-assicurato di presentare una nuova domanda di prestazione, o di adire il tribunale per ottenere in sede giudiziaria il riconoscimento del proprio diritto e la condanna dell'ente al pagamento della prestazione. Il ricorso giudiziario proposto prima della scadenza di questo termine dovrà essere dichiarato improcedibile, ai sensi dell'art. 443 c.p.c., non potendosi ritenere concluso il procedimento amministrativo.
Il giudizio di merito, che non puo ovviamente essere volto al riesame delle condizioni sanitarie oggetto dell' ATP non contestato per il periodo esaminato, avrà di regola ad oggetto i requisiti extrasanitari - e pertanto non sembra potersi escludere la tutela monitoria, ove il diritto fatto valere non presupponga requisiti diversi da quello sanitario, rna solo mere condizioni di erogabilita della prestazione - ma non necessariamente, trovando pur sempre applicazione I'art. 149 disp. att. c.p.c., che, come gia ricordato, obbliga il giudice a tenere conto degli aggravamenti e delle infermità sopravvenute (cfr. par. 4). Ove pertanto l'ATP non contestato dalle parti abbia ad esempio accertato la sussistenza del requisito sanitario dell'assegno di invalidità, in questa sede potrà farsi valere l' aggravamento presupposto della pensione di inabilità.
Per converso, considerato che l'aceertamento sanitario contenuto nell' ATP fa stato rebus sic stantibus, permane il potere dell 'ente di sottoporre a revisione la parte privata ove ritenga siano intervenuti miglioramenti delle condizioni sanitarie.
La sentenza che definisce questo giudizio è appellabile, avendo necessariamente oggetto diverso da quello dell'ATP, o perche limitato alIa veritica dei soli requisiti socioeconomici, o perche (anche) afferente ad accertamenti sanitari relativi ad un arco temporale successivo (cfr. par. 22).
14. Contestazione della consulenza tecnica e omissione del ricorso introduttivo del giudizio. - Occorre a questo punto interrogarsi sugli effetti del ripensamento della parte che abbia regolarmente depositato nella cancelleria il proprio dissenso alle conclusioni del consulente tecnico.
Cosa accade se questi non deposita il ricorso introduttivo del giudizio nel termine previsto? Nel silenzio della legge si confrontano due possibili interpretazioni.
La prima, che fa leva sulla lettera della legge, individua nella sola assenza di contestazione il presupposto per la successiva fase della omologa, e ritiene pertanto che in questo caso non resti che I'introduzione del giudizio di merito, al di fuori del termine di trenta giorni e senza la possibilità di sollevare critiche all'accertamento sanitario, ancorchè non consolidato in alcun decreto di omologa.
L'intenzione del legislatore di deflazionare il contenzioso induce però a preferire una diversa lettura, che inquadra la contestazione come un fenomeno complesso ed a formazione progressiva - ancorchè possa ritenersi ammissibile la presentazione congiunta di contestazione e ricorso, depositato però entro il tennine di trenta giorni dalla comunicazione del decreto con il quale il giudice fissa il termine per la contestazione -, che si forma prima con il deposito della dichiarazione di contestazione di cui al comma 4, ma che richiede anche, per essere tale, il deposito del ricorso entro il termine fissato dal giudice ai sensi del comma 6.
La nozione di "assenza di contestazione", presupposto perchè il giudice proceda all'omologa dell'accertarnento del requisito sanitario, è dunque più ampia, perchè comprende non solo i casi di mancata contestazione nel tennine fissato con il decreto emesso al termine delle operazioni di consulenza, ma anche i casi in cui, pur avendo in precedenza contestato l'elaborato peritale, la parte abbia poi omesso di avviare il giudizio, e l'altra parte abbia presentato istanza di omologa dell'accertamento sanitario presso la cancelleria del tribunale.
Qualora invece il giudizio sia stato radicato tardivamente, trattandosi di termine perentorio (cfr. par. 15) la parte decade dalla possibilità di contestare il requisito sanitario, rna il giudizio prosegue per la veriflca dei requisiti ulteriori di accesso alia prestazione (cfr. par. 20).
15. II ricorso introduttivo del giudizio di merito ed i motivi specifici di contestazione. - Possiamo adesso avviare l'indagine sulla fase contenziosa in senso stretto, che si realizza quando la parte, dopo aver manifestato la propria contestazione, abbia anche depositato il ricorso, che lo stesso legislatore denomina introduttivo del giudizio. II termine per la proposizione del ricorso - trenta giorni, decorrenti dal deposito della dichiarazione di dissenso - è perentorio, e comporta quindi l'inammissibilita del ricorso tardivo, anche nel caso in cui il convenuto si sia regolarmente costituito senza eccepirla (sulle conseguenze processuali dell'inammissibilita, cfr. parr. 14 e 20).
II ricorso viene proposto, ai sensi del comma 6 dell'art. 445 bis, in commento, al giudice di cui al comma 1, e quindi al tribunale nella cui circoscrizione risiede l'attore in senso sostanziale (assicurato/cittadino), ed è lo stesso in cui si è svolto l'accertamento tecnico preventivo.
Quid iuris se l'ATP estate condotto da giudice incompetente? In analogia a quanta affermato in tema di rapporto tra giudizio cautelare e di merito (Cass. 3 febbraio 2010, n. 2505), si deve ritenere che l'omessa rilevazione dell'incompetenza da parte del giudice o l'omessa proposizione della relativa eccezione non determini il definitivo consolidamento della competenza in capo all'ufficio adito anche ai fini del successivo giudizio di merito, non operando il regime delle preclusioni relativo alle eccezioni e al rilievo d'ufficio dell'incompetenza, stabilito dall'art. 38 c.p.c., applicabile esclusivamente al giudizio a cognizione piena.
L'analogia con il giudizio cautelare consente anche di affermare che I' adozione del decreto di cui al quarto comma, astrattamente idoneo a definire la fase dell'accertarmento, costituisca una situazione ordinaria del giudizio e non possa determinare un obbligo di astensione del giudice o una facoltà della parte di chiedere la ricusazione (Cass. 12 gennaio 2006, n. 422).
L'art. 445 bis si limita a stabilire che la parte deposita "(... ) il ricorso introduttivo del giudizio specificando, a pena di inammissibilità, i motivi della contestazione". Considerata l'evidente affinità con I'art. 342 c.p.c., che pone tra i requisiti necessari dell'atto di appello l'indicazione dei motivi specifici dell'impugnazione, è da ritenere, in linea con la consolidata giurisprudenza in materia di gravame, che i motivi di contestazione debbano tradursi nella prospettazione di argomentazioni contrapposte a quelle svolte dal consulente tecnico, e non potranno lirnitarsi a generiche censure di erroneità o inadeguatezza dell'elaborato peritale, ma dovranno evidenziare l'errore tecnico cornmesso dal consulente del giudice e specificare gli elementi e Ie controdeduzioni di cui si lamenta la mancata o insufficiente valutazione.
Una volta superato il vaglio di ammissibilita del ricorso, e dunque in presenza di motivi specifici di contestazione, il giudice dovrà riaprire l'istruttoria per disporre il rinnovo della consulenza tecnica, o almeno la convocazione del consulente incaricato in sede di ATP affinchè integri la relazione alla luce delle contestazioni esposte nel ricorso (Cass. 23 giugno 2011, n. 13827). Come già rilevato in sede di procedimento di ATP (cfr. par. 6), si deve ritenere ammissibile la nomina del CTU contenuta nel decreto di fissazione dell'udienza di comparizione delle parti, che non preclude una nuova valutazione del giudice sulla ammissibilità del ricorso alIa stregua delle argomentazioni che il convenuto esporrà nella memoria di costituzione.
16. La legittimazione ad introdurre il giudizio di merito ed i problemi nei casi di soccombenza reciproca. - La legittimazione ad introdurre il giudizio di merito è riservata, ai sensi del combinato disposto dei eommi 4 e 6, alla parte che contesti Ie conclusioni del consulente tecnico d'ufficio. Non puo dunque, ad esempio, introdurre il giudizio di merito la parte che si dolga esclusivamente della regolamentazione delle spese - magari perchè vittoriosa in punto accertamento sanitario -, dovendosi in tal caso rinvenire quale unico rimedio il ricorso per cassazione ai sensi dell' art. 111 Cost. (cfr. par. 22).
L'art. 445 bis, inoltre, considera la contestazione della perizia ed il decreto di omologa dell'accertamento come atti alternativi ed incompatibili, sicchè laddove sia introdotto il giudizio di cognizione il giudice non procede ad alcun decreto di omologa. Ne discende - conseguenza pratica di notevole rilievo - che non è possibile una omologa parziale, nel caso, ad esempio, di perizia che accerti lo status di inabile e contestualmente la mancanza dei requisiti per accedere all'indennità di accompagnamento, seguita dalla contestazione del cittadino in punto rigetto dell'indennità di accompagnamento e dalla contestuale sua richiesta di omologa dell'accertamento dell'inabilità.
Ma ulteriori, molto importanti, implicazioni di diritto processuale si rinvengono in tema di soccombenza reciproca.
La struttura della norma sembra ipotizzare sempre solo una parte soccombente. In realtà così non è, perchè avviene molto frequentemente che la consulenza tecnica d'ufficio si attesti su una posizione intermedia tra le richieste delle parti, sia in ordine alla decorrenza temporale di individuazione del superamento della soglia invalidante, che con riferimento alla stessa percentuale di invalidità, come accade, a titolo esemplificativo, quando I'assicurato abbia richiesto di accertare principalmente l'inabilità ed in via subordinata I'invalidità pensionabile, ed il consulente abbia aderito solo a questa ultima prospettazione.
In tutti questi casi, di soccombenza reciproca, che possono anche combinarsi tra loro, ci si chiede allora, (a) se entrambe le parti siano onerate di contestare le conclusioni del consulente con atto scritto depositato in cancelleria a seguito di decreto di comunicazione del deposito dell'elaborato peritale; (b) se entrambe le parti siano onerate di depositare il ricorso introduttivo del giudizio, contenente i motivi specifici di contestazione per le rispettive porzioni di soccombenza, entro i trenta giomi successivi al deposito della propria contestazione.
Ovviamente la soluzione più elementare è quella in cui entrambe le parti abbiano sia contestato le conclusioni, che proposto il proprio ricorso, perchè in questa caso si procede alla riunione. Negli altri casi, invece, a nostro parere, non può non operare il principio della cognizione piena, se il giudizio viene introdotto dalla parte abilitata a farlo. Da ciò consegue che se la contestazione di cui al comma 4 è stata proposta da entrambe le parti, ciascuna di esse può presentare il ricorso, e l'altra parte potrà chiedere in quel giudizio, senza la necessità di effettuare alcuna domanda riconvenzionale, I'accoglimento anche integrale della propria iniziale domanda; se invece la contestazione delle conclusioni del consulente tecnico viene proposta da una sola parte, l'altra non potrà promuovere il prosieguo del giudizio, ma nel caso questa venga fatto ex adverso recupererà - anche qui senza dover ricorrere a domanda riconvenzionale - il diritto di chiedere l'integrale accoglimento della propria domanda.
In altri termini, più conclusivi, nel rapporto tra ATP e giudizio di merito non trova mai applicazione il divieto della reformatio in peius.
Questa soluzione interpretativa agevola la deflazione del contenzioso, perchè diversamente Ie parti sarebbero indotte a proporre il ricorso anche solo cautelativo, e consente di evitare una possibile alterazione del principio della parità delle parti nel processo, atteso che il termine per effettuare la dichiarazione di dissenso non è unitario, ma decorre, per ognuna delle parti, dalla ricezione della comunicazione del decreto di cui al quarto comma.
17. La valutazione degli aggravamenti e delle nuove infermità nel giudizio di merito. - II coordinamento del nuovo procedimento con I 'art. 149 disp. att. c.p.c., avviato supra, rispettivamente per la fase di ATP (cfr. par. 4) e per la fase eventuale successiva all'omologazione del requisito sanitario (cfr. par. 13), deve proseguire con riferimento al giudizio di merito che fa seguito alla contestazione dell'accertamento effettuato in sede di ATP.
II preciso riferimento della norma ad entrambe Ie fasi, sia amministrativa che giudiziaria, consente di affermare che l'art. 149 sopra richiamato trova integrale applicazione all'intera procedura, potendo dunque la parte allegare gli aggravamenti - ma anche i miglioramenti, atteso che secondo un orientamento ormai acquisito l'istituto giuridico trova applicazione anche in favore dell'ente previdenziale (Cass. 26 aprile 2006, n. 9559) -, non solo in sede di ATP, ma anche con il ricorso introduttivo del giudizio di merito, dando luogo in tal caso ad un motivo specifico autonomo, o anche nel corso del giudizio stesso, fino al deposito della consulenza tecnica (Cass. 25 giugno 2001, n. 8651). A fronte della allegazione di aggravamenti il giudice di regola è tenuto, per accertate l'eventuale carattere invalidante, a disporre una nuova CTU, o in mancanza ad indicare in maniera specifica Ie ragioni che ne rendono superfluo il ricorso a fronte delle critiche di carattere prevalentemente tecnico a tale strumento (Cass. 16 maggio 1998, n. 4941).
Il tema degli aggravamenti presenta una importante interrelazione con il principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato. Ove si riconosca la necessità che il richiedente, sin dal ricorso per ATP, debba indicare Ie pretese che intenda far valere nella ipotesi di esito positivo dell'accertamento, ci si deve chiedere quali siano le conseguenze dell' accertamento di un aggravamento che dia luogo a condizioni sanitarie che possano legittimare una prestazione diversa e maggiore rispetto a quella richiesta.
Si è già visto (cfr. par. 4) come I'art. 149 non operi, in materia di invalidità civile, per l'indennità di accompagnamento, il cui presupposto è autonomo e non costituisce un aggravamento delle condizioni sanitarie di accesso alla pensione di inabilità (Cass. 4 aprile 2005, n. 6941). Più controversa è invece la questione con riguardo alle invalidità fondate sul rapporto assicurativo. Si è infatti a lungo ritenuto che, nel caso in cui vengano accertati aggravamenti tali da determinare una assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa, lo stesso assicurato possa avanzare nel medesimo giudizio domanda di pensione di inabilità, atteso che in caso contrario, sarebbe costretto ad attendere l'esito del giudizio, ai sensi dell'art. 11 della legge n. 222 del 1984, ed a riavviare l'iter amministrativo, con preclusione della tutela del suo diritto (Cass. 17 marzo 2001, n. 4385; Cass. 8 luglio 2004, n. 12658). Secondo un recente arresto giurisprudenziale, invece, in caso di domanda amministrativa di assegno di invalidità, la domanda formulata nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado per l'attribuzione della pensione di inabilità è improponibile, per mancanza della preventiva richiesta amministrativa, (Cass. 7 ottobre 2011, n. 20664).
18. Giudizio di merito successivo alia contestazione ed ambito della cognizione. - Come abbiamo già detto (cfr. par. 4), il nuovo procedimento si fonda sul principio della separazione tra la fase dell'accertamento sanitario e la fase del riconoscimento del beneficio, e l'atto scritto con cui le parti formalizzano la contestazione delle conclusioni del consulente tecnico costituisce la cerniera tra Ie due fasi del giudizio. L'ultimo comma del nuovo art. 445 bis c.p.c. dispone infatti che nei casi di mancato accordo la parte che abbia dichiarato di contestare le conclusioni del consulente tecnico d'ufficio deve depositare, presso il giudice di cui al c. 1, entro il termine perentorio di trenta giorni dalla formulazione della dichiarazione di dissenso, il ricorso introduttivo del giudizio, specificando, a pena di inamissibilità, i motivi della contestazione (cfr. par. 15).
Totalmente affidata all'interprete è l'individuazione dell' ambito della cognizione del giudizio di merito, che è questione delicatissima, con implicazioni di vasta portata sulla posizione processuale delle parti e sulla natura del provvedimento che definisce il giudizio.
Se infatti I'indagine in sede di ATP è certamente limitata alla sussistenza dei presupposti dell'azione (cfr. par. 10) ed alIa verifica delle condizioni sanitarie (cfr. par. 11), è più difficile rispondere al quesito se il giudizio di merito avviato ai sensi dell' art. 445 bis, c. 6, sia (a) un mero gravame dell'accertamento sanitario, finalizzato esclusivamente al riesame della consulenza tecnica, ovvero (b) se si tratti di un giudizio a cognizione piena, che porta alla condanna dell'ente alla erogazione della prestazione richiesta o alla reiezione della domanda, o ancora, (c) se la cognizione del tribunale sia rimessa alle domande delle parti, in ossequio al principio di corrispondenza tra il chiesto ed il giudicato.
Nei prossimi tre paragrafi procederemo all'analisi di queste posizioni teoriche, e delle principali ricadute processuali di ognuna di esse, con la preliminare precisazione che noi riteniamo non accettabile la soluzione sub (a), e molto controversa I'alternativa tra le soluzioni sub (b) e (c).
19. La tesi del giudizio di merito come mero accertamento delle condizioni sanitarie. Critica. - Secondo una prima impostazione si può ritenere che il giudizio di merito sia un mero gravame dell'accertamento delle condizioni sanitarie effettuato nell' ATP.
II ricorrente si limita ad esporre in maniera analitica i motivi di doglianza preannunciati con l'atto di contestazione di cui al comma 4 ed il giudizio sfocia in una sentenza che ha, nella sostanza, Ie stesse caratteristiche del decreto di omologa dell'accertamento sanitario che definisce l'ATP nella ipotesi di non contestazione; essa, cioè, è sentenza di mero accertamento di una frazione del diritto, ed integra la domanda amministrativa, che potrà essere accolta daIl'ente previdenziale previa verifica degli altri requisiti socioeconomici.
Con riguardo all'oggetto dal giudizio questa lettura ha I'indubbio pregio della semplicità: quando ricorrente (e quindi soccombente in sede di ATP) sarà il richiedente la prestazione, questi dovrà proporre una domanda giudiziaria volta all'accertamento dell'invalidità; nel caso in cui a contestare le risultanze dell' ATP sia I' ente previdenziale, si tratterà di un ricorso per accertamento negativo. In entrambi i casi al tribunale non verrà affidata la fase dell'accertamento dei requisiti ulteriori, rimessi ancora una volta all'ente previdenziale per I'erogazione della prestazione o per la reiezione della domanda per carenza dei requisiti socioeconomici.
Occorre inoltre dire che questa tesi - fondata anche sulla lettera della legge, nella parte in cui si limita a prescrivere l'allegazione di specifici motivi di contestazione della consulenza tecnica (cfr. par. 15) - ha trovato un ulteriore argomento nella espressa previsione di inappellabilità della sentenza (cfr. par. 23), che sembra presupporre una ontologica diversità tra il processo qui in esame (in tesi, limitato al solo accertamento sanitario), e l'azione giudiziaria instaurata per il riconoscimento della prestazione previdenziale, che sarebbe sempre proponibile qualora, una volta accertato il requisito sanitario, vi sia contrasto sulla sussistenza degli ulteriori requisiti di accesso alla prestazione (cfr. parr. 13 e 23).
A ben vedere, tuttavia, la teoria del giudizio limitato all'accertamento delle condizioni sanitarie presuppone - incorporando però in questo modo una strutturale debolezza - una interpretazione di più ampio respiro sul piano sistematico, volta cioè a prospettare che il legislatore della riforma del 2011 abbia inteso incidere anche sulla disciplina sostanziale, derubricando tutti i requisiti socioeconomici previsti dalla legge per I' accesso alle prestazioni assistenziali e previdenziali da requisiti costitutivi del diritto - come affermato da giurisprudenza anche risalente - a condizioni di erogabilità della prestazione, estranei alla struttura del diritto, analogamente a quanto la giurisprudenza afferma per i requisiti di accesso alle prestazioni previdenziali di invalidità diversi da quelli sanitari e contributivi (Cass., sez. un., 14 luglio 1993, n. 7783) o, in materia di indennità di accompagnamento, per la condizione ostativa del ricovero in istituti a carico dell'erario (Cass. 26 gennaio 2010, n. 1585).
Probabilmente la soluzione che offre meno controindicazioni di ordine sistematico - anche perchè sarebbe distonico con l'esigenza di deflazionare il contenzioso limitare il giudizio di merito all'accertamento sanitario, con il concreto rischio di un frazionamento del giudizio in caso di contrasto sulla sussistenza dei requisiti socioeconomici - è quella secondo cui, dopo l'ATP, la cognizione del giudice è piena, e si estende anche agli ulteriori requisiti costitutivi del diritto. D'altro canto, la lettera della legge sembra orientare in questo senso, con il chiaro riferimento alia domanda per il riconoscimento dei propri diritti e all'oggetto dell' ATP come verifica preventiva delle condizioni sanitarie legittimanti la pretesa fatta valere.
20. La tesi del giudizio di merito a cognizione piena. - L'approdo appena raggiunto consente dunque di affermare che I'ambito della cognizione del giudizio di merito puo essere esteso anche ai requisiti ulteriori. Secondo la teoria che andiamo ora ad esporre, questa scelta è stata anzi già operata dal legislatore, distinguendo la fase dell'accertamento del requisito sanitario dalla fase di merito.
La tesi muove dall'assunto che, nel presentare la domanda amministrativa, il richiedente ha gia esercitato la propria pretesa, volta ad ottenere una prestazione, previdenziale o assistenziale, da parte dell' ente previdenziale. Se I'accertamento del requisito sanitario non è un diritto rna solo una delle condizioni legittimanti la pretesa, e possibile inferire che il legislatore abbia inteso, con la riforma in commento, prendere precisa posizione in ordine al divieto dell'azione di mero accertamento dello status di inabilità/invalidità (Cass. 14 ottobre 2010, n. 21209), e vincolare il giudizio di merito all'accertamento del diritto ed alla eventuale condanna dell'ente alIa erogazione della prestazione.
Le parti sono quindi onerate, negli atti introduttivi del giudizio, indipendente dalla posizione formale che assumono nel processo, il cittadino-assicurato di indicare la prestazione richiesta nell'atto introduttivo e di allegare e offrire la prova di tutti gli elementi costitutivi della pretesa, e l'ente previdenziale di allegare ed offrire la prova dei fatti impeditivi, estintivi e modificativi del diritto vantato ex adverso.
Cosi impostata la questione, non mancano certo Ie complicazioni. Quali, ad esempio, gli effetti della declaratoria di inammissibilità del ricorso proposto tardivamente o affetto da genericità dei motivi di contestazione? Nessun problema nel caso in cui il ricorrente sia l'assicurato/cittadino, mancando comunque il necessario requisito sanitario; ma se il ricorso dovesse essere dell'INPS si dovrebbe necessariamente ritenere che il giudizio prosegue per I'accertamento della sussistenza degli altri requisiti per giungere al riconoscimento del diritto vantato. Net caso in cui, invece, il giudizio di merito sia correttamente radicato, il tribunale dovrà pronunciarsi sulla domanda proposta in sede amministrativa, sicchè questa dovrà essere accolta, con condanna dell'ente alla erogazione della prestazione richiesta, ovvero respinta, e questa ampiezza della cognizione, in quanta voluta dallo stesso legislatore, non richiede - nel caso di ricorso proposto dall'INPS - la domanda riconvenzionale da parte del convenuto, fermo restando I'onere di offrire la prova dei requisiti costitutivi del diritto.
21. La tesi del giudizio di merito a cognizione variabile. - Una ulteriore impostazione teorica, maggiormente rispettosa dell'autonomia delle parti nella determinazione dell'oggetto del giudizio, postula infine che il giudice del merito non possa che rispettare il principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, sicchè il giudizio potrà (a) essere esteso alla condanna alla erogazione della prestazione, qualora vi sia espressa domanda in questa senso; (b) essere esteso all'accertamento del diritto alia prestazione; (c) restare limitato al mero accertamento del requisito sanitario.
E' necessario anche questa volta distinguere l'ipotesi in cui ad introdurre il giudizio sia l'ente previdenziale ovvero il cittadino/assicurato.
Nel primo caso il giudizio radicato dall'INPS - convenuto in senso sostanziale - è sempre un giudizio di accertamento negativo, che però, a seconda delle conclusioni che verranno formulate, potrà essere di accertamento negativo delle condizioni sanitarie, oppure esteso all'accertamento negativo della prestazione (e quindi anche della sussistenza dei requisiti socioeconomici). L'istante, convenuto in senso formale, se vorrà ampliare l'oggetto del giudizio, e quindi sempre nel caso in cui chieda una sentenza di condanna, dovrà proporre domanda riconvenzionale.
Nella ipotesi in cui, invece, il cittadino/assicurato sia anche ricorrente in senso formale, in quanto soccombente in sede di ATP, potrà limitare la domanda al solo accertamento del requisito sanitario oppure ampliarla all'accertarnento dei requisiti del diritto alla prestazione, o anche concludere per la condanna dell'ente previdenziale alla erogazione della prestazione. Nella prima ipotesi sarà quest'ultimo, allora, a poter ampliare I'ambito della cognizione, proponendo eventualmente domanda riconvenzionale (condizionata all'accertamento del requisito sanitario) per l'accertamento negativo del diritto all'accesso alla tutela previdenziale o assistenziale.
22. Il regime delle impugnazioni. - In coerenza con l'intento del legislatore di contenere anche la durata del processo, il decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, disponeva l'inappellabilità della sentenza. II capoverso era stato poi soppresso, in sede di conversione, dall'art. 1 della legge 15 luglio 2011, n. 111, per essere infine riproposto con I'art. 27 della legge 12 novembre 2011, n. 183 (c.d. legge di stabilità), con il quale veniva reinserito il settimo (e ultimo) comma dell'art. 445 bis, del seguente tenore: "la sentenza che definisce il giudizio previsto dal comma precedente è inappellabile".
La lettera della legge, che limita la non appellabilità al giudizio previsto dal comma precedente, e quindi al giudizio che si è celebrato a seguito della contestazione della ATP, non appare suscettibile di interpretazione estensiva, sicche deve ritenersi appellabile la sentenza resa nel giudizio in cui il ricorso sia stato avviato in carenza di ATP, e l'improcedibilità non sia stata rilevata entro la prima udienza ai sensi dell'art. 445 bis, c. 2 (cfr. par. 7), ed alla stessa conclusione deve giungersi, con ancor meno dubbi, per la sentenza che definisce il giudizio promosso a seguito della reiezione della domanda successiva al decreto di omologazione dell'accertamento sanitario, che - oltre a non essere regolato dall'art. 445 bis - ha un oggetto diverso dall'ATP, o perchè limitato alla verifica dei soli requisiti socioeconomici, o perchè afferente ad un accertamento sanitario relativo ad un arco temporale successivo (cfr. par. 13).
E' invece molto controverso l'ambito di operativita della (in)appellabilita della sentenza pronunciata all'esito della fisiologica successione tra accertamento tecnico preventivo, contestazione delle conclusioni del CTU e giudizio di merito pieno, e quindi sul diritto alla prestazione.
AI riguardo la legge parla di sentenza inappellabile, e dunque concede un sicuro argomento letterale a chi intenda sostenere che la regola debba essere estesa all'intera sentenza.
Occorre però considerare che la ratio della disposizione è di concentrare il giudizio davanti al tribunale, configurando il merito come una sorta di gravame della decisione assunta in sede di ATP, in tal modo offrendo la garanzia di un doppio grado del giudizio, e che questo modello risulta predisposto per il solo accertamento del requisito sanitario. E' allora possibile prospettare, con la opportuna cautela, che si debba distinguere tra il capo della sentenza concernente l'accertamento sanitario ed i capi della sentenza afferenti gli altri requisiti di accesso alla prestazione. Se è vero infatti che il giudizio che viene radicato a seguito del decreto di omologa dell'accertamento sanitario, avente quale causa petendi - principale, ancorchè non esclusiva (cfr. par. 3) - il contrasto sulla sussistenza dei requisiti socioeconomici, non è regolato dall'art. 445 bis, ed è quindi definito con sentenza appellabile, si presenta irragionevole concludere per una diversa soluzione nel solo caso in cui questo stesso contrasto si presentasse all'interno del procedimento regolato dall'art. 445 bis.
Accogliendo tale impostazione si dovrebbe pertanto concludere che nel caso in cui la parte si dolga per una violazione di legge contenuta nel capo della sentenza che riguardi l'accertamento del requisito sanitario, il rimedio esperibile, in forza dell'art. 445 bis, u.c., è il ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111, c. 7, Cost., mentre tutti gli altri motivi di contestazione della sentenza, ed in particolare quelli afferenti i requisiti socioeconomici, sarebbero da sottoporre alla corte d'appello quale giudice del gravame.
23. Conclusioni. -La norma in commento costituisce il punto d'arrivo (molto probabilmente provvisorio) di un lungo dibattito sulla necessità di contenere i costi sui sistema giustizia generati da un contenzioso a basso coefficiente di complessità giuridica, qual è quello afferente diritti per il cui accesso è necessario un accertamento sanitario.
Sotto questa profilo il nuovo art. 445 bis recepisce l'idea, comune denominatore delle principali proposte organiche di riforma del processo previdenziale, di procedere ad una valutazione ante causam delle condizioni sanitarie di accesso alla tutela.
Ciononostante, volendo azzardare una valutazione prognostica sul raggiungimento degli obiettivi prefissati di deflazionamento del contenzioso e di contenimento della spesa e della durata dei processi, I'esito positivo è fortemente in dubbio. Una valorizzazione dell'accertamento sanitario ante causam dovrebbe passare attraverso una ristrutturazione importante della fase amministrativa, che la renda capace di garantire la massima autonomia dei componenti Ie commissioni mediche e quindi, se non la vincolativita, una autorevolezza delle decisioni assunte tale da poter concretamente disincentivare il ricorso giudiziale.
II legislatore del 2011 privilegia invece una fase intermedia, di accertamento tecnico preventivo obbligatorio, che si pone dopo la (del tutto ignorata) fase amministrativa, e prima della fase giudiziaria in senso stretto, ma questa ulteriore frammentazione sembra destinata a creare ancora più confusione: il nuovo subprocedimento di ATP è infatti un corpo estraneo al sistema, dalla natura incerta, perchè talvolta richiama una sorta di ricorso amministrativo, talaltra prende le sembianze del rito della volontaria giurisdizione; altre volte ancora, segnatamente nella parte in cui viene precisato che il giudice nel decreto con cui omologa l'accertamento provvede sulle spese, di una vera e propria fase di cognizione, parziale e sommaria.
In questo caos -provocato soprattutto dall'omessa regolamentazione degli effetti dell'improcedibilità (cfr. par. 7), dalla problematica perimetrazione dell'ambito della cognizione del giudice di merito (cfr. parr. 18, 19,20 e 21), e dall'incertezza sul regime delle impugnazioni (cfr. par. 22) - il rischio concreto è di centrare un risultato esattamente opposto all'obiettivo prefissato, e cioè di generare un'alluvione di ricorsi, concorrenti o anche contestuali, sull'accertamento preventivo e sul merito (cfr. par. 8), anche solo per evitare il rischio di incorrere nella decadenza sostanziale dell'azione - qualora non si acceda alla soluzione interpretativa da noi prospettata (cfr. par. 5) - e nelle preclusioni processuali connesse ad un farraginoso meccanismo di comunicazioni tra organo giudicante e parti destinato soprattutto ad affaticare il lavoro delle cancellerie dei tribunali (cfr. parr. 11 e 12).
Se, come è ragionevole sospettare, nessun miglioramento si avrà sul versante della maggiore economicità dell'azione amministrativa e sulla deflazione del contenzioso in materia previdenziale, I'unico obbiettivo alla portata sembra poter essere la contrazione dell'arco temporale di operatività del principio della incidenza degli aggravamenti e delle infermità sopravvenute (cfr. parr. 4, 13 e 17), che però avrebbe potuto essere perseguito con una assai meno invasiva modifica dell'art. 149 disp. att. c.p.c., limitandone l'ambito di applicazione alla data del deposito del ricorso giudiziario oppure al solo giudizio di primo grado.