Incontro del 7.12.2011, tra un’ampia rappresentativa degli avvocati previdenzialisti romani, l’avvocatura dell’Inps ed i Presidenti di sezione del settore lavoro del Tribunale di Roma, Dott.ssa Anna Maria Franchini, Dott. Paolo Sordi, Dott. Lucio Di Stefano e Dott.ssa Margherita Leone

L'Associazione Previdenzialisti Romani si è formalmente costituita nell'ottobre 2011.
Scopo dell’Associazione è quello di rappresentare un punto di riferimento per la specifica categoria professionale degli avvocati previdenzialisti, sia per quanto riguarda l’evoluzione legislativa e giurisprudenziale della materia, sia sotto il profilo più prettamente operativo, intendendo proporsi nelle varie sedi istituzionali come portatrice delle istanze e delle richieste dei suoi associati.
È prevista a breve l’istituzione di un apposito centro studi e l’apertura di un sito internet che fungerà sia da osservatorio che da collettore, insieme alla pagina facebook, di segnalazioni di fatti, comportamenti, interpretazioni o quant’altro possa essere utile condividere con i colleghi.

Marco Aquilani, 09.12.2011

Incontro del 7 dicembre 2011, alla presenza di magistrati Consiglieri presso la Corte di Appello Sezione Lavoro, e di una rappresentativa dei previdenzialisti romani

Incontro del 7 dicembre 2011, alla presenza di magistrati Consiglieri presso la Corte di Appello Sezione Lavoro, e di una rappresentativa dei previdenzialisti romani

Primi orientamenti interpretativi dell'art. 445 bis c.p.c.

Previdenzialisti Romani

Dalla pagina Facebook dell'associazione "Previdenzialisti Romani"

INCONTRO MAGISTRATI E AVVOCATI DEL 7 DICEMBRE 2011

Si è tenuto nel pomeriggio di mercoledì 7 dicembre 2011 il tanto atteso incontro tra un’ampia rappresentativa degli avvocati previdenzialisti romani, l’avvocatura dell’Inps e i Presidenti di sezione del settore lavoro del Tribunale ordinario di Roma, Dott.ssa Anna Maria Franchini (Coordinatrice delle sezioni lavoro e Presidente della terza sezione), Dott. Paolo Sordi (Presidente della prima sezione), Dott. Lucio Di Stefano (Presidente della seconda sezione) e Dott.ssa Margherita Leone (Presidente della quarta sezione).
Queste, in sintesi, le questioni affrontate e quanto emerso dal confronto, altamente produttivo, tra le varie componenti tecniche del processo. Si tenga comunque presente che si tratta dell’orientamento della maggior parte dei giudici del lavoro di Roma, il che non pone al riparo da interpretazioni diverse che potrebbero comunque farsi strada in questo o in altri contesti giudiziari.

1) NATURA DELL’ATP
Di fondamentale importanza l’inquadramento dato dalla sezione al procedimento introdotto dall’art. 445 bis c.p.c., che è stato qualificato come “processo sommario” in materia previdenziale e come tale verrà acquisito al momento dell’iscrizione a ruolo, con conseguente attribuzione del relativo codice e assoggettamento al versamento della metà del contributo unificato fissato per i giudizi previdenziali e assistenziali, nei casi in cui non vi sia diritto all’esenzione secondo i criteri già in vigore dallo scorso mese di luglio.

2) DECADENZA SEMESTRALE IN MATERIA ASSISTENZIALE
Attesa la natura giurisdizionale del procedimento, la presentazione dell’istanza di ATP impedisce la decadenza dall’azione e sarebbe pertanto un’inutile cautela il deposito del ricorso ordinario contestualmente o prima del completamento dell’ATP, da molti prospettato come unica soluzione al rischio di veder scadere il termine semestrale senza aver proposto idonea azione giudiziaria, rischio reso ancor più evidente dalla scelta del Legislatore di riferirsi, al comma 3 dell’art. 445 bis, alla sola prescrizione del diritto.
D’altronde, avendo la norma chiari fini deflattivi, rappresenterebbe un controsenso obbligare la parte a proporre un doppio ricorso per il raggiungimento di un singolo obiettivo, considerato che la durata complessiva dell’ATP potrebbe protrarsi facilmente oltre il termine semestrale per motivi non riconducibili alla responsabilità dell’istante, ma esclusivamente al sovraccarico dei ruoli.
Ovviamente il discorso si estende anche alla domanda in materia di prestazioni ex L. n. 222/1984, solo che, essendo soggetta a un termine di decadenza triennale, risulta meno stringente l’esigenza di certezza in ordine all’idoneità dell’ATP ad impedire la decadenza dall’azione giudiziaria.

3) SPESE DI LITE
Dalla natura giurisdizionale del procedimento per ATP, discende anche l’obbligo per il Giudice di provvedere sulle spese di lite e non solo su quelle di CTU; ovviamente diritti e onorari dovranno essere commisurati alla minore attività svolta, ma andranno comunque liquidati secondo i parametri e le tabelle già in uso. Non è prevista la necessità di indicare il valore della prestazione dedotta in giudizio, secondo la nuova formulazione dell’art. 152 disp. att. c.p.c., mentre rimane fermo per il ricorrente l’onere di richiedere esplicitamente, con dichiarazione personalmente sottoscritta, che venga dichiarata l’irripetibilità delle spese in caso di soccombenza, nel caso in cui si trovasse nelle condizioni reddituali indicate dalla norma da ultimo citata.

4) CONTENUTO DEL RICORSO PER ATP
Il ricorso ex comma 1 dell’art. 445 bis c.p.c. dovrà contenere, a pena di nullità, l’indicazione della prestazione che il ricorrente intende conseguire, ma non verrà in alcun modo valutata la sussistenza dei requisiti socio-economici. Certo è che qualora un soggetto ultrasessantacinquenne richiedesse l’ATP per il riconoscimento del diritto, ad es., all’assegno mensile quale invalido civile parziale, la domanda verrebbe dichiarata inammissibile – data l’immediata verificabilità dell’assenza del requisito anagrafico – con provvedimento ricorribile in Cassazione.
Per facilitare la corretta acquisizione dei ricorsi al momento dell’iscrizione a ruolo, i Giudici hanno chiesto di evidenziare chiaramente nell’intestazione l’istanza per ATP.

5) OMOLOGAZIONE DELL’ATP
È stato chiesto ai magistrati presenti se sia possibile l’omologazione parziale dell’accertamento del requisito sanitario, qualora il riconoscimento della sussistenza delle condizioni venga differito a data successiva a quella della domanda amministrativa o in caso di riconoscimento del requisito di una sola delle prestazioni, in caso di domanda plurima.
Non consentendo la norma la scelta sulla parte delle conclusioni da contestare, la risposta è stata negativa, pur nella piena consapevolezza che tale limite avrà conseguenze aberranti sulla crescita del contenzioso. La parte infatti, nel caso in cui volesse agire per il riconoscimento del diritto a più di una prestazione (ad esempio, indennità di accompagnamento e pensione quale invalido civile totale), avrebbe una chiara convenienza a proporre due distinte istanze per ATP, onde ottenere la liquidazione della prestazione minore, in attesa dell’esito del giudizio in opposizione per il riconoscimento del diritto a quella maggiore.
Diversamente, il desiderio, o meglio, il bisogno di poter avere quanto prima accesso a un sostegno economico, potrebbe indurre l’invalido a rinunciare a coltivare le proprie, in molti casi legittime, aspettative di ottenere il pieno soddisfacimento delle richieste iniziali.
I Giudici si sono comunque riservati di valutare tra di loro tali aspetti nelle prossime riunioni di sezione.
Controverse sono inoltre le posizioni dei diversi magistrati in relazione alla sorte dell’ATP nel caso in cui una delle parti (anche l’Inps) dovesse contestare le conclusioni della CTU, impedendone l’omologazione, e poi non proporre o non coltivare (ad esempio non notificando il ricorso) il giudizio in opposizione. Tre sono le teorie contrastanti, nel caso in cui non si completasse la fase di contestazione:
- l’ATP andrebbe omologato d’ufficio;
- l’ATP andrebbe omologato su istanza della parte interessata;
- l’ATP non potrebbe essere più omologato, con conseguente necessità di riproporlo ex novo (con enorme effetto inflattivo).

6) RICORSO EX COMMA 6 DELL’ART. 445 BIS C.P.C.
Il ricorso da proporre tempestivamente in caso di contestazione della CTU sarà soggetto al versamento dell’intero importo del contributo unificato stabilito in materia di previdenza e assistenza, fatte salve le condizioni di esenzione. Rappresenta, a causa dell’inappellabilità della sentenza che lo definisce, l’unico vero accertamento giurisdizionale del diritto alla prestazione richiesta, e pertanto è necessario allegare con completezza tutti gli elementi di fatto e di diritto a sostegno della domanda, con riferimento a ogni requisito costitutivo del diritto azionato.
Tanto si specifica perché nel corso della discussione è emersa la tesi, minoritaria, che anche il ricorso in opposizione andrebbe delimitato al solo accertamento della sussistenza del requisito sanitario e che pertanto non vi sarebbe domanda di condanna al pagamento di una prestazione.
In realtà l’unico chiaro vincolo dettato dalla novella legislativa è rispetto alla necessità che vengano specificati i motivi di contestazione della CTU, ma ciò non toglie che si tratti comunque di quella domanda giudiziale per il riconoscimento dei propri diritti a cui fa riferimento il primo comma dell’art. 445 bis e che comporta, superata la condizione di procedibilità, l’accertamento del diritto a una specifica prestazione, con conseguente necessità di verifica della sussistenza di tutti i requisiti previsti dalla legge.
È stato richiesto, sempre per facilitare il lavoro delle cancellerie, che nel fascicolo del ricorso in opposizione venga allegata, a cura del ricorrente, anche la CTU resa in sede di ATP.
L’avvocatura dell’INPS ha altresì sollevato la questione sul destinatario della notifica del ricorso in opposizione, chiedendo se debba essere inviato alla parte personalmente o presso il procuratore costituito nella fase di accertamento preventivo. Nel dubbio rimasto irrisolto, il consiglio è di notificare ad entrambi.

Concludendo, visti i tanti profili di indeterminatezza della novella legislativa e il suo scarso coordinamento con il processo previdenziale, all’interno del quale l’ATP sembra essere stato inserito come un corpo estraneo, poco compatibile con la struttura del processo stesso e soprattutto assolutamente inadatto a conseguire quel risultato deflattivo che costituisce la ratio stessa della norma, si ritiene che l’avvocatura tutta dovrebbe chiedere all’unisono l’abrogazione dell’art. 445 bis c.p.c., a tutela non solo dei propri interessi, ma anche dell’efficienza degli stessi Tribunali del lavoro.