Il tetto di reddito, da considerare per l'esenzione dalla condanna alle spese, deve essere maggiorato per ogni familiare convivente.

Calcolatrice

L’art. 152 disp. att. c.p.c. (che nella sua originaria formulazione prevedeva l’esonero dalle spese di lite per il lavoratore che avesse intrapreso una causa previdenziale e fosse risultato soccombente nei confronti degli enti previdenziali), nel testo risultante dalle modifiche apportate dall’art. 42, comma 11, D.L. 269/2003 n. 269, conv. in L. 326/2003, prevede che nelle cause previdenziali ed assistenziali la parte soccombente non debba essere condannata alle spese di lite (ove non ricorra l'ipotesi di responsabilità processuale aggravata per lite temeraria di cui all’art. 96 c.p.c.), qualora risulti titolare, nell’anno precedente a quello della pronuncia, di un reddito imponibile ai fini Irpef pari o inferiore a due volte l’importo del reddito stabilito, per l'ammissione al gratuito patrocinio, dall’art. 76, commi da 1 a 3, e dall'art 77 del Testo Unico in materia di spese di giustizia (D.P.R. n. 115/2002).

Art. 152 disp. att. c.p.c.
Esenzione dal pagamento di spese, competenze e onorari nei giudizi per prestazioni previdenziali

Nei giudizi promossi per ottenere prestazioni previdenziali o assistenziali la parte soccombente, salvo comunque quanto previsto dall’articolo 96, primo comma, del codice di procedura civile, non può essere condannata al pagamento delle spese, competenze ed onorari quando risulti titolare, nell’anno precedente a quello della pronuncia, di un reddito imponibile ai fini IRPEF, risultante dall’ultima dichiarazione, pari o inferiore a due volte l’importo del reddito stabilito ai sensi degli articoli 76, commi da 1 a 3, e 77 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia di cui al decreto del Presidente della repubblica 30 maggio 2002, n. 115. L’interessato che, con riferimento all’anno precedente a quello di instaurazione del giudizio, si trova nelle condizioni indicate nel presente articolo formula apposita dichiarazione sostitutiva di certificazione nelle conclusioni dell’atto introduttivo e si impegna a comunicare, fino a che il processo non sia definito, le variazioni rilevanti dei limiti di reddito verificatesi nell’anno precedente. Si applicano i commi 2 e 3 dell’articolo 79 e dell’articolo 88 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della repubblica n. 115 del 2002. Le spese, competenze ed onorari liquidati dal giudice nei giudizi per prestazioni previdenziali non possono superare il valore della prestazione dedotta in giudizio. A tal fine la parte ricorrente, a pena di inammissibilità di ricorso, formula apposita dichiarazione del valore della prestazione dedotta in giudizio, quantificandone l'importo nelle conclusioni dell'atto introduttivo.

Gli ultimi due periodi sono effetto delle modifiche apportate dall'art. 52, comma 6, L. 69/2009 e dall'art. 38, comma 1, lettera b), D.L. 98/2011, conv. con modd. dalla L. 111/2011.

 

Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia.

Art. 76
Condizioni per l'ammissione

1. Può essere ammesso al patrocinio chi e' titolare di un reddito imponibile ai fini dell'imposta personale sul reddito, risultante dall'ultima dichiarazione, non superiore a euro 9.296,22.
2. Salvo quanto previsto dall'articolo 92, se l'interessato convive con il coniuge o con altri familiari, il reddito e' costituito dalla somma dei redditi conseguiti nel medesimo periodo da ogni componente della famiglia, compreso l'istante.
3. Ai fini della determinazione dei limiti di reddito, si tiene conto anche dei redditi che per legge sono esenti dall'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) o che sono soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta, ovvero ad imposta sostitutiva.
[...]

L'ordinanza della Cassazione in esame, ricorda come il tetto di reddito sia stato successivamente adeguato (giusta previsione dell'art. 77 T.U. cit, ai sensi del quale "I limiti di reddito sono adeguati ogni due anni in relazione alla variazione, accertata dall'ISTAT, dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, verificatasi nel biennio precedente, con decreto dirigenziale del Ministero della giustizia, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze."):
Il Decreto 29 dicembre 2005 (in G.U. 02/02/2006, n. 27) ha disposto (con l'art. 1, comma 1) che "L'importo di euro 9.296,22, indicato nell'art. 76, comma 1, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materie di spese di giustizia, emanato con decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, è aggiornato in euro 9.723,84."
Il Decreto 20 gennaio 2009 (in G.U. 27/03/2009, n. 72) ha disposto (con l'art. 1, comma 1) che "L'importo di euro 9.723,84, indicato nell'art. 76, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002, così come adeguato con decreto del 29 dicembre 2005, è aggiornato in euro 10.628,16."
Il Decreto 2 luglio 2012 (in G.U. 25/10/2012, n. 250) ha disposto (con l'art. 1, comma 1) che "L'importo di euro 10.628,16, indicato nell'art. 76, comma 1, del D.P.R. n. 115/02, così come adeguato con decreto del 20 gennaio 2009, è aggiornato in euro 10.766,33."
Il Decreto 1 aprile 2014 (in G.U. 23/07/2014, n. 169) ha disposto (con l'art. 1, comma 1) che "L'importo di euro 10.766,33, indicato nell'art. 76, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002, cosi' come adeguato con decreto del 2 luglio 2012, è aggiornato in euro 11.369,24".
Il Decreto 7 maggio 2015 (in G.U. 12/08/2015, n. 186) ha disposto (con l'art. 1, comma 1) che "L'importo di euro 11.369,24, indicato nell'art. 76, comma 1, del d.P.R. n. 115/02, così come adeguato con decreto del 1 aprile 2014, è aggiornato in euro 11.528,41".

Soprattutto, l'ordinanza in esame ricorda che, se da un lato l'art. 152 disp. att. c.p.c. richiama il comma 2 dell'art. 76 del T.U. sulle spese di giustizia (a mente del quale "se l'interessato convive con il coniuge o con altri familiari, il reddito è costituito dalla somma dei redditi conseguiti nel medesimo periodo da ogni componente della famiglia, compreso l'istante"), dall'altro lato l'art. 92 del medesimo T.U. sancisce che però "i limiti di reddito indicati dall'articolo 76, comma 1, sono elevati di euro 1.032,91 per ognuno dei familiari conviventi".
Si desume, e lo stesso calcolo sviluppato dal giudice di legittimità nella fattispecie concreta lo conferma, che così come la soglia di reddito prevista per il gratuito patrocinio debba essere raddoppiata onde individuare il tetto reddituale per beneficiare dell'esenzione dalle spese di soccombenza nei giudizi previdenziali ed assistenziali, così anche l'importo della maggiorazione individuato dall'art. 92 ai fini del gratuito patrocinio, debba essere moltiplicato per due quando sia da aumentarsi il tetto di reddito per l'esenzione ex art. 152 disp. att. c.p.c.

Mentre l'importo indicato dall'articolo 76, comma 1 del T.U. cit., viene rivalutato ogni due anni (come sopra accennato), non è invece previsto alcun aggiornamento periodico della maggiorazione indicata dall'art. 92 del medesimo T.U.

Marco Aquilani, 28.11.2016

Il testo dell'atto

Corte di Cassazione, Sezione VI Civile, Ordinanza 3 novembre 2016, n. 22345

Corte di Cassazione, Sezione VI Civile, Ordinanza 3 novembre 2016, n. 22345

Esonero spese processuali ai sensi dell'art. 152 disp. att. c.p.c. - tetto di reddito in presenza di familiari conviventi con l'istante - da elevarsi nel doppio della misura indicata dall'art. 92 del D.P.R. n. 115/2002 per ognuno dei familiari conviventi. (Sintesi non ufficiale)

Qualora il richiedente l'esonero dalle spese processuali ex art. 152 disp. att. cod. proc. civ conviva con il coniuge ovvero con altri familiari, la soglia reddituale complessiva di accesso resta individuata nella somma dei singoli redditi dei conviventi, compreso l'istante, ma il tetto massimo di riferimento di cui all'art. 76, comma 1 del D.P.R. n. 115/2002 deve essere aumentato nella misura indicata nell'art. 92 del D.P.R. cit. per ognuno dei familiari conviventi. (Massima non ufficiale)

Civile Ord. Sez. 6   Num. 22345  Anno 2016
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: MAROTTA CATERINA
Data pubblicazione: 03/11/2016

ORDINANZA

sul ricorso 15608-2015 proposto da: L*** G***, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CARLO POMA 2, presso lo studio dell'avvocato GIUSEPPE SANTE ASSENNATO, che lo rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

I.N.P.S. - ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l'AVVOCATURA CENTRALE DELL'ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati CLEMENTINA PULLI, EMANUELA CAPANNOLO, MAURO RICCI giusta procura speciale a margine del controricorso; 

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 1783/2014 del TRIBUNALE di VELLETRI del 23/12/2014, depositata il 23/12/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 6/10/2016 dal Consigliere Relatore Dott. CATERINA MAROTTA;
udito l'Avvocato CLEMENTINA PULLI difensore del controricorrente che si riporta agli scritti.

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO

1 - La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 cod. proc. civ., a seguito di relazione a norma dell'art. 380-bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso, condivisa dal collegio.
2 - Con ricorso del 17/10/2013, L*** G***, presentava istanza per accertamento tecnico preventivo, ai sensi dell'art. 445 bis cod. proc. civ., per la verifica della condizione di persona handicappata in situazione di gravità ai sensi dell'art. 3 della legge n. 104/1992. Il c.t.u. officiato escludeva la sussistenza di tale condizione. Il ricorrente, manifestato il proprio dissenso, proponeva ricorso in base all'art. 445 bis, comma 6, cod. proc. civ.. Il Tribunale di Velletri, con sentenza del 23/12/2014, respingeva il ricorso. Con la stessa sentenza il Giudice poneva a carico del ricorrente le spese processuali e quelle di c.t.u. ritenendo che il soccombente, sulla base della dichiarazione formulata, non potesse beneficiare dell'esenzione ai sensi dell'art. 152 disp. att. c.p.c..
Con ricorso straordinario ex art. 111 Cost., L*** G*** impugna la sentenza emessa ai sensi dell'445 bis, co. 7, cod. proc. civ. limitatamente alla statuizione sulle spese.
L'I.N.P.S. resiste con controricorso. 
Non sono state depositate memorie ex art. 380 bis, co. 2, cod. proc. civ..
3 - Con il motivo il ricorrente censura la sentenza per violazione degli artt. 96 cod. proc. civ. e 152 cod. proc. civ. nonché degli artt. 76, 77 e 92 del d.P.R. n. 115/2002. Lamenta che la Corte territoriale, nonostante la parte avesse presentato rituale dichiarazione ai fini dell'esonero dalle spese (dichiarazione da cui risultava l'esistenza di un familiare convivente e quindi la possibilità di avvalersi della maggiorazione del tetto massimo fissato per l'esonero in ragione di tale condizione), abbia ritenuto inapplicabile il beneficio dell'esenzione.
4 - Il ricorso è ammissibile sulla scorta di quanto già affermato dalla giurisprudenza di questa Corte Suprema (cfr. Cass. n. 6084/14, cui si rinvia in parte qua), perché, là dove statuisce sulle spese, costituisce un provvedimento definitivo, di carattere decisorio, che incide indubbiamente sui diritti patrimoniali e che è non soggetto ad impugnazione in altre sedi.
5 - Il ricorso è, altresì, manifestamente fondato.
Si premette che il ricorrente ha ritualmente richiamato oltre che riprodotto nelle parti essenziali a sostenere la censura la dichiarazione ex art. 152 cod. proc. civ. a suo tempo presentata e che la questione posta, lungi dall'implicare (come sostenuto dal controricorrente) un inammissibile rivisitazione del merito della causa (con riguardo alla valutazione del contenuto della dichiarazione suddetta), si incentra sulla ritenuta violazione delle norme di legge denunciate ed in particolare degli art. 76, 77 e 92 del d.P.R. n. 115/2002 che, a dire del ricorrente, avrebbero inciso sulla determinazione del tetto massimo fissato per l'esonero dalle spese processuali di cui all'art. 152 disp. att. cod. proc. civ.. 
Come è noto, l'art. 152 disp. att. cod. proc. civ. è stato radicalmente trasformato alla stregua del canone oggettivo) consistente nella capacità reddituale dell'assistibile. In particolare, l'art. 42, co. 11, d.l. n. 269/2003, conv. in legge. n. 326/2003, ha sancito che: "Nei giudizi promossi per ottenere prestazioni previdenziali o assistenziali la parte soccombente, salvo comunque quanto previsto dall'articolo 96, primo comma, del codice di procedura civile, non può essere condannata al pagamento delle spese, competenze ed onorari quando risulti titolare, nell'anno precedente a quello della pronuncia, di un reddito imponibile ai fini IRPEF, risultante dall'ultima dichiarazione, pari o inferiore a due volte l'importo del reddito stabilito ai sensi degli articoli 76, commi da 1 a 3, e 77 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia di cui al decreto del Presidente della repubblica 30 maggio 2002, n. 115". Il rinvio operato dalla norma è, dunque, alla legge sul gratuito patrocinio a spese dello Stato, nei giudizi sia civili che penali. L'art. 76, comma 1, del t.u. citato indica la soglia del reddito (l'importo è stato, nel tempo, aggiornato dall'art. unico, comma 1, D.M. 29 dicembre 2005, dall'art. unico, comma 1, D.M. 20 gennaio 2009, dall'art. unico, comma 1, D.M. 2 luglio 2012, dall'art. unico, comma 1, D.M. 1° aprile 2014 e, successivamente, dall'art. unico, comma 1, D.M. 7 maggio 2015). Alla data di presentazione del ricorso per accertamento tecnico preventivo) in questione (17/10/2013) l'importo da prendere in considerazione era quello di cui al D.M. 2 luglio 2012, che aveva fissato la soglia di 10.766,33 euro. Così, secondo la disciplina ratione lemporis applicabile, l'esenzione dal pagamento delle spese processuali in caso di soccombenza, tutelava gli assistibili titolari di un reddito personale annuo non superiore a 21.532,66 euro (due volte l'importo clel reddito stabilito ai sensi dell'art. 76, comma 1). Tuttavia va considerato che l'art. 76, comma 2, pure richiamato dall'art. 42, co. 11, d.l. n. 269/2003, conv. in legge. n. 326/2003, prevede che: "Salvo quanto previsto dall'articolo 92, se l'interessato convive con il coniuge o con altri familiari, il reddito è costituito dalla somma dei redditi conseguiti nel medesimo periodo da ogni componente della famiglia, compreso l'istante". L'art. 92 del medesimo d.P.R. n. 115/2002 sancisce che "i limiti di reddito indicati dall'articolo 76, comma 1, sono elevati di euro 1.032,91 per ognuno dei familiari conviventi".
Così, qualora il richiedente conviva con il coniuge ovvero con altri familiari, la soglia reddituale complessiva di accesso resta individuata nella somma dei singoli redditi dei conviventi, compreso l'istante, ma i limiti di reddito sono elevati nella misura indicata nell'art. 92 del citato d.P.R. per ognuno dei familiari conviventi (cfr., per il principio affermato in materia di gratuito patrocinio, Cass. 11 giugno 2012, n. 9473) .
Nella fattispecie in esame dalla dichiarazione ai sensi dell'art. 152 cod. proc. civ. si  evince che L*** G*** aveva un reddito imponibile ai fini IRPEF pari ad euro 22.014,46 con un familiare convivente (e così, in particolare il coniuge, le cui generalità sono state indicate) privo di reddito ('reddito zero'). Dunque, considerata la presenza di tale familiare convivente, il tetto massimo cui fare riferimento era quello di cui all'art. 76, comma 1 (come detto, 10.766,33 euro) aumentato, per effetto della previsione di cui al successivo art. 92 - richiamato dal comma 2 dell'art. 76 -, di euro 1.032,91.
Ed allora, il reddito dichiarato dal ricorrente (euro 22.014,46) era inferiore al tetto massimo per l'esonero (due volte l'importo del reddito stabilito ai sensi degli articoli 76, commi da 1 e 3).
6 - In conclusione, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata, in parte qua; non sussistendo la necessità di ulteriori accertamenti in fatto la causa può essere decisa nel merito ex art. 384 cod. proc. civ. con la revoca della statuizione di condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di c.t.u. e declaratoria di irripetibilità di tali spese.
7 - La regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità segue la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa in parte qua la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara l'irripetibilità delle spese processuali e di c.t.u.; condanna l'I.N.P.S. al pagamento in favore del ricorrente delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 100,00 per esborsi ed euro 2.000,00 per compensi professionali oltre accessori di legge e rimborso forfetario in misura del 15%, con distrazione in favore dell'avvocato Giuseppe Sante Assennato, anticipatario.
Così deciso in Roma, il 6 ottobre 2016