Spese giudiziali civili e compensazione: le spese del secondo grado possono essere compensate, se l'appello verteva sulla sola riliquidazione delle spese del primo grado (Cass. n. 6970/2009)

Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza 23 marzo 2009, n. 6970

Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza 23 marzo 2009, n. 6970

Spese giudiziali civili - compensazione - possibile se l'oggetto dell'appello è la sola riliquidazione delle spese del primo grado e il valore del credito in contestazione - motivabile con riferimento alla “natura della controversia” ed all'unicità della questione devoluta

Sulla scorta dei principi enunciati dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 20598 del 2008, il provvedimento di compensazione delle spese, qualora l'oggetto del giudizio di secondo grado sia limitato alla riliquidazione delle spese del giudizio di primo grado e il valore del credito in discussione sia esiguo, è adeguatamente motivato con il riferimento alla “natura della controversia” e all'unicità della questione devoluta.

Svolgimento del processo

 

Nella causa promossa da Tatulli Vincenzo contro l'INPS per ottenere la riliquidazione dell'indennità di disoccupazione agricola per n. 168 giornate nell'anno 1990, la Corte di Appello di Bari, con sentenza n. 2062 del 30.11.2006, accogliendo l'appello proposto dal Tatulli contro la sentenza del Tribunale di Trani resa il 26.10.2005, che aveva dichiarato cessata la materia del contendere, condannava l'INPS a corrispondere all'appellante le spese del giudizio di primo grado, liquidandole in complessivi € 752,17 (di cui € 382,17 per diritti e € 370,00 per onorari) tenuto conto del valore della causa non superiore ad € 5164,57 come risultante dagli atti; distraeva le spese del giudizio di primo grado in favore del difensore; compensava le spese del giudizio di appello, avuto riguardo alla natura della controversia ed alla unicità della questione devoluta.

Per la cassazione di tale sentenza il lavoratore ha proposto ricorso sostenuto da tre motivi. L'INPS ha depositato procura.

Motivi della decisione

Con il primo motivo, denunciando violazione dell'art. 1283 c.c. e dell'art. 112 c.p.c., nonché vizi di motivazione, il ricorrente si duole del fatto che il giudice di appello ha omesso di condannare l'INPS al pagamento degli interessi anatocistici maturati dalla domanda giudiziale sulla sorte capitale rivalutata e sugli interessi legali maturati a tale data sulla stessa sorte capitale rivalutata.

Con il secondo motivo, denunciando violazione degli artt. 24, 38 e 111 Cost, violazione degli artt. 91, 92 e 93 c.p.c., violazione delle tariffe forensi approvate con DM 5.10.1995 n. 585 e con DM 8.4.2004 n. 127, nonché vizi di motivazione, la ricorrente si duole che la Corte di Appello, nel liquidare le spese del giudizio di primo grado, abbia ritenuto la causa di valore non superiore ad € 5.164,75, tenuto conto dell'importo spettante all'appellante concretamente determinabile nel corso del giudizio; secondo la ricorrente, invece, la causa doveva essere considerata di valore indeterminabile, non avendo l'attore specificato l'ammontare delle somme dovute dall'INPS e avendo il Tribunale dichiarata la cessazione della materia del contendere, con conseguente applicabilità delle tariffe per cause di valore incleterminabile.

Con il terzo motivo, denunciando violazione degli artt. 24, 38 e 111 Cost, violazione degli artt. 91, 92 e 93 c.p.c., la ricorrente sostiene che la Corte di Appello, compensando le spese del secondo grado ha violato le citate disposizioni di legge che, a tutela del diritto di difesa del cittadino, pongono le spese del giudizio a carico della parte soccombente. Denunciando insufficiente e contraddittoria motivazione il ricorrente sostiene altresì che la sentenza impugnata, disponendo la compensazione delle spese, non ha spiegato quali sono i giusti motivi di equità che hanno suggerito un siffatto provvedimento, ovvero ne ha dato una giustificazione del tutto illogica e insufficiente laddove ha fatto riferimento alla generica "natura della controversia" ed alla unicità della questione devoluta.

Il primo motivo di ricorso è inammissibile. Il Tribunale di Trani ha dichiarato cessata la materia del contendere ritenendo pienamente soddisfatta ogni ragione del lavoratore dal sopravvenuto pagamento da parte del'INPS. Tale pronuncia di cessazione della materia del contendere, richiesta dallo stesso ricorrente (come si afferma a pag. 3 del presente ricorso), non è stata impugnata dal lavoratore ed è passata in giudicato. Di conseguenza la Corte di Appello, stante la mancanza di interesse alla prosecuzione del giudizio manifestata dal lavoratore, non era tenuta a prendere in esame il motivo di appello relativo al pagamento degli interessi anatocistici, chiaramente inammissibile. In sostanza non merita censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha omesso di pronunciare espressamente sul rigetto del motivo di appello in questione.

Il secondo motivo di ricorso è parimenti infondato. Questa Corte ha ripetutamente affermato che affinchè una causa possa ritenersi di valore indeterminabile ai fini della liquidazione delle spese del giudizio, non è sufficiente che sia stata richiesta una condanna generica sull'an, potendo ravvisarsi indeterminabilità soltanto quando la controversia non sia suscettibile di valutazione economica (cfr. Cass. n. 7757/1999, Cass. n. 1118/1985). La sentenza impugnata non è quindi censurabile circa il criterio seguito dal giudice di appello per procedere alla determinazione del valore della causa.

Il terzo motivo di ricorso è anch'esso infondato. Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con sentenza n. 20598 del 30.7.2008, componendo un contrasto insorto nella giurisprudenza di legittimità, e con riferimento al regime delle spese anteriore a quello introdotto dall'art. 2 della legge 28.12.2005 n. 263 (che ha modificato il secondo comma dell'art. 92 richiedendo una "esplicita" motivazione della compensazione), hanno affermato il principio che il provvedimento di compensazione parziale o totale delle spese per "giusti motivi" deve trovare nella sentenza un adeguato supporto motivazionale, anche se a tal fine non è necessaria l'adozione di motivazioni specificamente riferite a detto provvedimento, purchè tuttavia le ragioni giustificatrici di esso siano chiaramente e inequivocabilmente desumibili dal complesso della motivazione adottata a sostegno della statuizione di merito; in particolare l'obbligo del giudice di dare conto delle ragioni della compensazione totale o parziale delle spese dovrà ritenersi assolto, oltre che in presenza di argomenti specificamente riferiti a detta statuizione, anche allorchè le argomentazioni svolte per la statuizione di merito contengano in sé considerazioni giuridiche o di fatto idonee a giustificare le regolazione delle spese adottata.
Nella valutazione delle Sezioni Unite, la norma di legge che prevede la possibilità per il giudice di compensare in tutto o in parte le spese del giudizio in caso di reciproca soccombenza o per altri giusti motivi discrezionalmente valutabili, prevista dal testo originario dell'art. 92 comma 2 c.p.c. e confermata dalla legge 28.12.2005 n. 263, non suscita dubbi di incostituzionalità non comportando una inammissibile compressione dei diritti di difesa, ma resta un legittimo potere del giudice vincolato soltanto dall'obbligo di adeguata motivazione. Sulla scorta di questi principi enunciati dalle Sezioni Unite, dai quali il Collegio non intende discostarsi, deve ritenersi che il provvedimento di compensazione delle spese del giudizio di secondo grado sia adeguatamente motivato con il riferimento alla "natura della controversia" ed alla unicità della questione devoluta. Con tali espressioni il giudice di appello ha inteso riferirsi all'oggetto del giudizio di secondo grado, limitato, come si ricava dalla motivazione della sentenza, alla riliquidazione delle spese del giudizio di primo grado, che il ricorrente assumeva essere state liquidate dal primo giudice al di sotto dei minimi tariffari. Il limitato oggetto del giudizio di appello, unitamente al valore esiguo del credito in discussione costituiscono giustificazione non irragionevole della disposta compensazione delle spese del grado.

In definitiva il ricorso deve essere respinto. Nulla deve disporsi in ordine alle spese del giudizio di cassazione, poiché l'INPS non ha svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma il 4 febbraio 2009

Il cons. estensore
G. D'Agostino
Il Presidente
E. Mercurio