E' consentito il ricorso giurisdizionale avverso il verbale di invalidità negativo, anche se nel frattempo sia stata proposta nuova domanda amministrativa.
Tra le righe della sentenza della Sezione Lavoro della Cassazione n. 24974 del 6 dicembre 2016, è possibile intravedere l'ammissibilità dell'impugnazione in sede giurisdizionale di un verbale di invalidità, cui nel frattempo abbia fatto seguito una nuova domanda amministrativa.
E' noto che, una volta ricevuta la comunicazione di esito negativo del procedimento amministrativo per l'accertamento dell'invalidità civile o dell'handicap, il cittadino abbia dinanzi a sè due possibili strade:
presentare nuova domanda amministrativa (o c.d. di "aggravamento" qualora si parta da un riconoscimento di almeno 33% di invalidità civile o un riconoscimento dell'handicap semplice e si punti al riconoscimento di una percentuale maggiore o dell'handicap grave);
presentare ricorso giurisdizionale entro i sei mesi dal ricevimento del verbale negativo.
E' possibile avviare contemporaneamente entrambe le procedure (ricorso giurisdizionale e domanda amministrativa di aggravamento)?
Ipotesi 1
se è stato presentato ricorso giurisdizionale può proporsi nuova domanda amministrativa?
In questo caso, l'avvio del procedimento giurisdizionale non consente di proporre nuova domanda amministrativa.
Infatti, a decorrere dal 4 luglio 2009 - data di entrata in vigore dell'art.56, c. 2, della L. 69/2009 (che ha esteso alla materia dell'invalidità civile la limitazione di cui all'art. 11 L. 222/1984 per le prestazioni di invalidità in favore degli assicurati Inps) - i soggetti che intendano ottenere i benefici previsti dalle leggi in materia di invalidità civile, cecità civile e sordomutismo, non possono presentare ulteriore domanda per la stessa prestazione fino a quando non sia esaurito l'iter di quella in corso in sede amministrativa o, nel caso di ricorso in sede giudiziaria, fino a quando non sia intervenuta sentenza passata in giudicato.
Alla documentazione da allegare alle istanze di invalidità civile va aggiunta quindi una autodichiarazione nella quale il richiedente attesta di non aver già presentato analoga domanda ancora in corso di esame in sede amministrativa ovvero giudiziaria (Circolare Inps n.97 del 6.8.2009).
Ipotesi 2
se è stata presentata nuova domanda amministrativa può proporsi comunque il ricorso giurisdizionale avverso il precedente verbale amministrativo?
Il caso è quindi quello della ricezione di un verbale amministrativo negativo e della scelta di ricorrere in tribunale per esperire l'Atp previdenziale, non essendo ancora trascorsi i sei mesi dalla ricezione del verbale ma essendosi nel frattempo proceduto a presentare una nuova domanda amministrativa di aggravamento.
Ebbene: norme che espressamente vietino la predetta successione di istanze (amministrativa-aggravamento-Atp) non ve ne sono, nè pare rinvenire pronunce ostative nella giurisprudenza di legittimità.
Per esempio, nella sentenza 17330/2016 la Corte è chiamata ad affrontare la questione della validità di una seconda domanda amministrativa quale atto interruttivo della prescrizione con riferimento ai ratei maturati per una precedente domanda amministrativa, costituente oggetto del ricorso giurisdizionale: la Corte non scende in questo caso nel merito della vicenda, fermandosi a lamentare un vizio procedurale del ricorso per cassazione, ma nemmeno denuncia come ostativo all'esame della questione l'esistenza di un qualche principio di acquiescenza, per effetto del quale una nuova domanda amministrativa costituisca acquiescenza al precedente verbale di invalidità, impedendo, nei confronti di quest'ultimo, il ricorso al giudice.
La giurisprudenza di legittimità peraltro (cfr. ex plurimis Cass. n. 8932 del 2015 e 22949/2016) nell'elencare le questioni preliminari che il giudice doverebbe sommariamente verificare in sede di Atp prima di affidare l'incarico per la Ctu medica, cita il presupposto della domanda amministrativa o del ricorso amministrativo (per le prestazioni di cui alla L. 222/1984) o l'assenza di "precedente domanda amministrativa non ancora definita, preclusiva dell'ulteriore iter di quella cui si riferisce l'ATP ex art. 11 L. n. 222 del 1984 e art. 56 L. n. 69 del 2009" (cfr. ex plurimis Cass. Ord. 22721/2016), ma non cita mai, come condizione ostativa alla trattazione del ricorso, l'avvenuta proposizione di successiva domanda amministrativa.
La sentenza in esame rappresenta una chiara riprova dell'ammissibilità di proposizione di ricorso giurisdizionale avverso un verbale amministrativo che sia poi stato seguito da ulteriore domanda amministrativa.
Ovviamente per la tempestività del ricorso giurisdizionale occorre distinguere fra le ipotesi di vecchie domande amministrative definite prima dell'introduzione del termine semestrale di decadenza (per tali ipotesi cfr. 11484/2015, 21642/2016, 23121/2016 e 23523/2016) e quelle soggette a tale termine di decadenza: per queste ultime la successione ricezione verbale negativo - nuova domanda amministrativa - ricorso giurisdizionale avverso l'esito della precedente domanda amministrativa,
non può che avvenire nel ristretto termine di 6 mesi.
Marco Aquilani, 11.12.2016
Il testo dell'atto
Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza 6 dicembre 2016, n. 24974
Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza 6 dicembre 2016, n. 24974
Azione giudiziale per le prestazioni d'invalidità civile - termine semestrale di decadenza - si applica ai provvedimenti amministrativi comunicati dopo il 31.12.2004. (Sintesi non ufficiale)
In tema di azione giudiziale per le prestazioni d'invalidità civile, l'art. 42, comma 3, del d.l. n. 269 del 2003, conv. in legge n. 326 del 2003, la cui efficacia è stata differita al 31 dicembre 2004 dall'art. 23, comma 2, del d.l. n. 355 del 2003, conv. in legge n. 47 del 2004, ha introdotto una decadenza prima inesistente, fissando il termine di sei mesi dalla data di comunicazione all'interessato del provvedimento emanato in sede amministrativa. Detto termine di decadenza si applica solo se il provvedimento amministrativo sia stato comunicato all'interessato dopo il 31 dicembre 2004, dovendosi ritenere, da un lato, che non rilevi l'art. 252 disp. att. cod. civ. - norma di principio, che tuttavia concerne il diverso fenomeno dell'abbreviazione del termine di decadenza già esistente - e dall'altro che la comunicazione, integrando il fatto che comporta la decorrenza della decadenza di nuova istituzione, non possa situarsi al di fuori dell'area temporale di operatività della norma che l'ha introdotta. (Massima non ufficiale)
Civile Sent. Sez. L Num. 24974 Anno 2016
Presidente: MAMMONE GIOVANNI
Relatore: BERRINO UMBERTO
Data pubblicazione: 06/12/2016
SENTENZA
sul ricorso 25411-2010 proposto da:
M*** A***, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CARLO POMA 2, presso lo studio dell'avvocato GIUSEPPE SANTE ASSENNATO, rappresentato e difeso dall'avvocato CATIA MOSCONI, giusta delega in atti;
- ricorrente -
nonché contro
COMUNE PERUGIA ;
- intimato -
nonchè contro
- I.N.P.S. - ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE C.F. 80078750587, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA n. 29 presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati MAURO RICCI e CLEMENTINA PULLI, giusta delega in calce alla copia del ricorso notificato;
- resistente con mandato -
avverso la sentenza n. 123/2010 della CORTE D'APPELLO di PERUGIA, depositata il 17/06/2010, R.G. N. 558/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/07/2016 dal Consigliere Dott. UMBERTO BERRINO;
udito l'Avvocato GIOIA SACCONI per delega CATIA MOSCONI;
udito l'Avvocato CLEMENTINA PULLI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ALBERTO CELESTE, che ha concluso per improcedibilità o rinvio alle SS.UU., in subordine accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo
Con sentenza del 24/2 - 17/6/2010 la Corte d'appello di Perugia ha rigettato l'impugnazione di M*** A*** avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva dichiarato inammissibile, per intervenuta decadenza, la domanda volta al riconoscimento del diritto alla pensione di invalidità sin dal 1992, epoca della domanda amministrativa, anziché dall'1/7/2003, data di decorrenza riconosciuta dal Comune di Perugia, nonché alla condanna dell'Inps al pagamento delle relative differenze.
Nel confermare la decisione di primo grado la Corte perugina ha spiegato che coloro, come l'appellante, i quali erano stati sottoposti a visita entro il 31/12/2004 avrebbero potuto esercitare l'azione giudiziale entro il termine di decadenza di sei mesi a decorrere dall'1/1/2005 ai sensi dell'art. 42, comma 3, del D.L. n. 269/03, la cui entrata in vigore era stata prorogata dal D.L. n. 355/03, convertito nella legge n. 47/2004, mentre nella fattispecie l'assistito aveva presentato il ricorso in primo grado solo in data 15/9/2005, allorquando era già maturata la predetta decadenza.
Per la cassazione della sentenza ricorre M*** A*** con un solo motivo, illustrato da memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c.
Per l'Inps vi è delega al difensore in calce al ricorso.
Rimane solo intimato il Comune di Perugia.
Motivi della decisione
Con un solo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 42 del D.L. n. 269/2003, anche in relazione all'art. 14 delle preleggi, nonché l'insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., in quanto, ai fini della decadenza di cui trattasi, i giudici di merito avrebbero erroneamente considerato come comunicazione di provvedimento negativo di precedente domanda la determina del 17.7.2003 del Comune di Perugia che, di contro, si era pronunziato esclusivamente in ordine alla nuova e diversa domanda del 26.6.2003.
Aggiunge il ricorrente che il nuovo termine di decadenza semestrale previsto dall'art. 42 del D.L. n. 269/03 decorre dalla comunicazione del provvedimento negativo emanato dall'amministrazione ed essendo tale norma eccezionale la stessa è di stretta interpretazione, donde la sua inapplicabilità in via analogica ai casi non espressamente contemplati, quali l'omessa comunicazione del provvedimento negativo. A tal riguardo il ricorrente precisa che nella fattispecie non poteva ritenersi che la domanda amministrativa originaria del 1992 o quella successiva del 2002 fosse stata implicitamente respinta col provvedimento del Comune di Perugia del 17.7.2003, atteso che tale atto, col quale era stato riconosciuto il beneficio a decorrere dall'1.7.2003, era stato emesso all'esito del diverso procedimento amministrativo instaurato con diversa e nuova domanda del 26.3.2003, presentata in forza della legge 6.3.1980 n. 40, che aveva esteso le provvidenze economiche per invalidità civile, cecità e sordomutismo anche agli stranieri titolari di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno. Inoltre, era certo che nella fattispecie non era intervenuto altro provvedimento da parte della pubblica amministrazione in ordine ai diversi procedimenti amministrativi instaurati con le domande del 18.4.1992 e del 4.6.2002, per le quali risultava presentata istanza di riesame in data 30.6.2003. Invero, specifica il ricorrente, l'unico provvedimento intervenuto era quello dalla determina del 17.7.2003 che non costituiva, tuttavia, comunicazione di rigetto della diverse domande del 1992 e del 2002 rimaste senza esito, per cui non sussisteva il dies a quo per la decorrenza del termine di decadenza previsto dalla citata norma per la proposizione della domanda giudiziale.
Il motivo è fondato.
Invero, come questa Corte ha già avuto occasione di statuire (Cass. Sez. Lav. n. 9647 del 13/6/2012), "in tema di azione giudiziale per le prestazioni d'invalidità civile, l'art. 42, comma 3, del d.l. n. 269 del 2003, conv. in legge n. 326 del 2003, la cui efficacia è stata differita al 31 dicembre 2004 dall'art. 23, comma 2, del d.l. n. 355 del 2003, conv. in legge n. 47 del 2004, ha introdotto una decadenza prima inesistente, fissando il termine di sei mesi dalla data di comunicazione all'interessato del provvedimento emanato in sede amministrativa. Ne consegue che detto termine di decadenza si applica solo se il provvedimento amministrativo sia stato comunicato all'interessato dopo il 31 dicembre 2004, dovendosi ritenere, da un lato, che non rilevi l'art. 252 disp. att. cod. civ. - norma di principio, che tuttavia concerne il diverso fenomeno dell'abbreviazione del termine di decadenza già esistente - e dall'altro che la comunicazione, integrando il fatto che comporta la decorrenza della decadenza di nuova istituzione, non possa situarsi al di fuori dell'area temporale di operatività della norma che l'ha introdotta."
Tale indirizzo ha poi trovato conferma nella sentenza n. 11484 del 3/6/2015 di questa stessa Corte, ove si è affermato che "in tema di azione giudiziale per le prestazioni d'invalidità civile, la decadenza introdotta dall'art. 42, comma 3, del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito con la legge 24 novembre 2003, n. 326, la cui efficacia è stata differita al 31 dicembre 2004 dall'art. 23, comma 2, del di. 24 dicembre 2003, n. 355, convertito con la legge 27 febbraio 2004, n. 47, si applica solo ai provvedimenti amministrativi comunicati a decorrere dal 1° gennaio 2005 e, pertanto, non nell'ipotesi in cui il ricorso amministrativo (avverso un provvedimento amministrativo di rigetto) sia stato proposto prima del 31 dicembre 2004, dovendosi in tal caso applicare la previgente disciplina di cui al d.P.R. 24 settembre 1994, n. 698."
Orbene, nella fattispecie la Corte territoriale, nel ravvisare la decadenza di cui trattasi, non ha indicato quale era stato in concreto il provvedimento di rigetto comunicato all'assistito rispetto al quale poteva ritenersi decorso inutilmente, a partire dall'1.1.2005, il termine semestrale di decadenza per la proposizione della domanda giudiziale del 15.9.2005. Infatti, la stessa Corte si è limitata a richiamare in sentenza la domanda del 4.6.2002, volta al conseguimento del beneficio, quella del 26.6.2003, diretta al recupero dei pretesi arretrati decorrenti dalla domanda del 1992, ed il ricorso, inoltrato dal Patronato il 30.6.2003, avente ad oggetto l'impugnativa della decisione di diniego del pagamento degli arretrati. Tuttavia, la Corte di merito non ricollega la proclamata decadenza - in cui a suo giudizio sarebbe incorso il ricorrente attraverso la proposizione della domanda giudiziale del 15.9.2005 - ad un preciso termine di avvenuta comunicazione, nel corso del 2005, di un provvedimento di rigetto dell'istanza dell'assistito, per cui non è consentito, in tal modo, di individuare la decorrenza esatta del termine di decadenza semestrale oggetto di controversia.
Ne consegue che il ricorso va accolto e che l'impugnata sentenza va cassata, con rinvio della causa alla Corte d'appello di Perugia che, in diversa composizione, provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte d'appello di Perugia in diversa composizione.
Così deciso in Roma il 18 luglio 2016
Tra le righe della sentenza della Sezione Lavoro della Cassazione n. 24974 del 6 dicembre 2016, è possibile intravedere l'ammissibilità dell'impugnazione in sede giurisdizionale di un verbale di invalidità, cui nel frattempo abbia fatto seguito una nuova domanda amministrativa.
E' noto che, una volta ricevuta la comunicazione di esito negativo del procedimento amministrativo per l'accertamento dell'invalidità civile o dell'handicap, il cittadino abbia dinanzi a sè due possibili strade:
E' possibile avviare contemporaneamente entrambe le procedure (ricorso giurisdizionale e domanda amministrativa di aggravamento)?
Ipotesi 1
se è stato presentato ricorso giurisdizionale può proporsi nuova domanda amministrativa?
In questo caso, l'avvio del procedimento giurisdizionale non consente di proporre nuova domanda amministrativa.
Infatti, a decorrere dal 4 luglio 2009 - data di entrata in vigore dell'art.56, c. 2, della L. 69/2009 (che ha esteso alla materia dell'invalidità civile la limitazione di cui all'art. 11 L. 222/1984 per le prestazioni di invalidità in favore degli assicurati Inps) - i soggetti che intendano ottenere i benefici previsti dalle leggi in materia di invalidità civile, cecità civile e sordomutismo, non possono presentare ulteriore domanda per la stessa prestazione fino a quando non sia esaurito l'iter di quella in corso in sede amministrativa o, nel caso di ricorso in sede giudiziaria, fino a quando non sia intervenuta sentenza passata in giudicato.
Alla documentazione da allegare alle istanze di invalidità civile va aggiunta quindi una autodichiarazione nella quale il richiedente attesta di non aver già presentato analoga domanda ancora in corso di esame in sede amministrativa ovvero giudiziaria (Circolare Inps n.97 del 6.8.2009).
Ipotesi 2
se è stata presentata nuova domanda amministrativa può proporsi comunque il ricorso giurisdizionale avverso il precedente verbale amministrativo?
Il caso è quindi quello della ricezione di un verbale amministrativo negativo e della scelta di ricorrere in tribunale per esperire l'Atp previdenziale, non essendo ancora trascorsi i sei mesi dalla ricezione del verbale ma essendosi nel frattempo proceduto a presentare una nuova domanda amministrativa di aggravamento.
Ebbene: norme che espressamente vietino la predetta successione di istanze (amministrativa-aggravamento-Atp) non ve ne sono, nè pare rinvenire pronunce ostative nella giurisprudenza di legittimità.
Per esempio, nella sentenza 17330/2016 la Corte è chiamata ad affrontare la questione della validità di una seconda domanda amministrativa quale atto interruttivo della prescrizione con riferimento ai ratei maturati per una precedente domanda amministrativa, costituente oggetto del ricorso giurisdizionale: la Corte non scende in questo caso nel merito della vicenda, fermandosi a lamentare un vizio procedurale del ricorso per cassazione, ma nemmeno denuncia come ostativo all'esame della questione l'esistenza di un qualche principio di acquiescenza, per effetto del quale una nuova domanda amministrativa costituisca acquiescenza al precedente verbale di invalidità, impedendo, nei confronti di quest'ultimo, il ricorso al giudice.
La giurisprudenza di legittimità peraltro (cfr. ex plurimis Cass. n. 8932 del 2015 e 22949/2016) nell'elencare le questioni preliminari che il giudice doverebbe sommariamente verificare in sede di Atp prima di affidare l'incarico per la Ctu medica, cita il presupposto della domanda amministrativa o del ricorso amministrativo (per le prestazioni di cui alla L. 222/1984) o l'assenza di "precedente domanda amministrativa non ancora definita, preclusiva dell'ulteriore iter di quella cui si riferisce l'ATP ex art. 11 L. n. 222 del 1984 e art. 56 L. n. 69 del 2009" (cfr. ex plurimis Cass. Ord. 22721/2016), ma non cita mai, come condizione ostativa alla trattazione del ricorso, l'avvenuta proposizione di successiva domanda amministrativa.
La sentenza in esame rappresenta una chiara riprova dell'ammissibilità di proposizione di ricorso giurisdizionale avverso un verbale amministrativo che sia poi stato seguito da ulteriore domanda amministrativa.
Ovviamente per la tempestività del ricorso giurisdizionale occorre distinguere fra le ipotesi di vecchie domande amministrative definite prima dell'introduzione del termine semestrale di decadenza (per tali ipotesi cfr. 11484/2015, 21642/2016, 23121/2016 e 23523/2016) e quelle soggette a tale termine di decadenza: per queste ultime la successione
ricezione verbale negativo - nuova domanda amministrativa - ricorso giurisdizionale avverso l'esito della precedente domanda amministrativa,
non può che avvenire nel ristretto termine di 6 mesi.
Il testo dell'atto
Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza 6 dicembre 2016, n. 24974
Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza 6 dicembre 2016, n. 24974
Azione giudiziale per le prestazioni d'invalidità civile - termine semestrale di decadenza - si applica ai provvedimenti amministrativi comunicati dopo il 31.12.2004. (Sintesi non ufficiale)
In tema di azione giudiziale per le prestazioni d'invalidità civile, l'art. 42, comma 3, del d.l. n. 269 del 2003, conv. in legge n. 326 del 2003, la cui efficacia è stata differita al 31 dicembre 2004 dall'art. 23, comma 2, del d.l. n. 355 del 2003, conv. in legge n. 47 del 2004, ha introdotto una decadenza prima inesistente, fissando il termine di sei mesi dalla data di comunicazione all'interessato del provvedimento emanato in sede amministrativa. Detto termine di decadenza si applica solo se il provvedimento amministrativo sia stato comunicato all'interessato dopo il 31 dicembre 2004, dovendosi ritenere, da un lato, che non rilevi l'art. 252 disp. att. cod. civ. - norma di principio, che tuttavia concerne il diverso fenomeno dell'abbreviazione del termine di decadenza già esistente - e dall'altro che la comunicazione, integrando il fatto che comporta la decorrenza della decadenza di nuova istituzione, non possa situarsi al di fuori dell'area temporale di operatività della norma che l'ha introdotta. (Massima non ufficiale)
Civile Sent. Sez. L Num. 24974 Anno 2016
Presidente: MAMMONE GIOVANNI
Relatore: BERRINO UMBERTO
Data pubblicazione: 06/12/2016
SENTENZA
sul ricorso 25411-2010 proposto da:
M*** A***, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CARLO POMA 2, presso lo studio dell'avvocato GIUSEPPE SANTE ASSENNATO, rappresentato e difeso dall'avvocato CATIA MOSCONI, giusta delega in atti;
- ricorrente -
nonché contro
COMUNE PERUGIA ;
- intimato -
nonchè contro
- I.N.P.S. - ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE C.F. 80078750587, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA n. 29 presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati MAURO RICCI e CLEMENTINA PULLI, giusta delega in calce alla copia del ricorso notificato;
- resistente con mandato -
avverso la sentenza n. 123/2010 della CORTE D'APPELLO di PERUGIA, depositata il 17/06/2010, R.G. N. 558/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/07/2016 dal Consigliere Dott. UMBERTO BERRINO;
udito l'Avvocato GIOIA SACCONI per delega CATIA MOSCONI;
udito l'Avvocato CLEMENTINA PULLI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ALBERTO CELESTE, che ha concluso per improcedibilità o rinvio alle SS.UU., in subordine accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo
Con sentenza del 24/2 - 17/6/2010 la Corte d'appello di Perugia ha rigettato l'impugnazione di M*** A*** avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva dichiarato inammissibile, per intervenuta decadenza, la domanda volta al riconoscimento del diritto alla pensione di invalidità sin dal 1992, epoca della domanda amministrativa, anziché dall'1/7/2003, data di decorrenza riconosciuta dal Comune di Perugia, nonché alla condanna dell'Inps al pagamento delle relative differenze.
Nel confermare la decisione di primo grado la Corte perugina ha spiegato che coloro, come l'appellante, i quali erano stati sottoposti a visita entro il 31/12/2004 avrebbero potuto esercitare l'azione giudiziale entro il termine di decadenza di sei mesi a decorrere dall'1/1/2005 ai sensi dell'art. 42, comma 3, del D.L. n. 269/03, la cui entrata in vigore era stata prorogata dal D.L. n. 355/03, convertito nella legge n. 47/2004, mentre nella fattispecie l'assistito aveva presentato il ricorso in primo grado solo in data 15/9/2005, allorquando era già maturata la predetta decadenza.
Per la cassazione della sentenza ricorre M*** A*** con un solo motivo, illustrato da memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c.
Per l'Inps vi è delega al difensore in calce al ricorso.
Rimane solo intimato il Comune di Perugia.
Motivi della decisione
Con un solo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 42 del D.L. n. 269/2003, anche in relazione all'art. 14 delle preleggi, nonché l'insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., in quanto, ai fini della decadenza di cui trattasi, i giudici di merito avrebbero erroneamente considerato come comunicazione di provvedimento negativo di precedente domanda la determina del 17.7.2003 del Comune di Perugia che, di contro, si era pronunziato esclusivamente in ordine alla nuova e diversa domanda del 26.6.2003.
Aggiunge il ricorrente che il nuovo termine di decadenza semestrale previsto dall'art. 42 del D.L. n. 269/03 decorre dalla comunicazione del provvedimento negativo emanato dall'amministrazione ed essendo tale norma eccezionale la stessa è di stretta interpretazione, donde la sua inapplicabilità in via analogica ai casi non espressamente contemplati, quali l'omessa comunicazione del provvedimento negativo. A tal riguardo il ricorrente precisa che nella fattispecie non poteva ritenersi che la domanda amministrativa originaria del 1992 o quella successiva del 2002 fosse stata implicitamente respinta col provvedimento del Comune di Perugia del 17.7.2003, atteso che tale atto, col quale era stato riconosciuto il beneficio a decorrere dall'1.7.2003, era stato emesso all'esito del diverso procedimento amministrativo instaurato con diversa e nuova domanda del 26.3.2003, presentata in forza della legge 6.3.1980 n. 40, che aveva esteso le provvidenze economiche per invalidità civile, cecità e sordomutismo anche agli stranieri titolari di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno. Inoltre, era certo che nella fattispecie non era intervenuto altro provvedimento da parte della pubblica amministrazione in ordine ai diversi procedimenti amministrativi instaurati con le domande del 18.4.1992 e del 4.6.2002, per le quali risultava presentata istanza di riesame in data 30.6.2003. Invero, specifica il ricorrente, l'unico provvedimento intervenuto era quello dalla determina del 17.7.2003 che non costituiva, tuttavia, comunicazione di rigetto della diverse domande del 1992 e del 2002 rimaste senza esito, per cui non sussisteva il dies a quo per la decorrenza del termine di decadenza previsto dalla citata norma per la proposizione della domanda giudiziale.
Il motivo è fondato.
Invero, come questa Corte ha già avuto occasione di statuire (Cass. Sez. Lav. n. 9647 del 13/6/2012), "in tema di azione giudiziale per le prestazioni d'invalidità civile, l'art. 42, comma 3, del d.l. n. 269 del 2003, conv. in legge n. 326 del 2003, la cui efficacia è stata differita al 31 dicembre 2004 dall'art. 23, comma 2, del d.l. n. 355 del 2003, conv. in legge n. 47 del 2004, ha introdotto una decadenza prima inesistente, fissando il termine di sei mesi dalla data di comunicazione all'interessato del provvedimento emanato in sede amministrativa. Ne consegue che detto termine di decadenza si applica solo se il provvedimento amministrativo sia stato comunicato all'interessato dopo il 31 dicembre 2004, dovendosi ritenere, da un lato, che non rilevi l'art. 252 disp. att. cod. civ. - norma di principio, che tuttavia concerne il diverso fenomeno dell'abbreviazione del termine di decadenza già esistente - e dall'altro che la comunicazione, integrando il fatto che comporta la decorrenza della decadenza di nuova istituzione, non possa situarsi al di fuori dell'area temporale di operatività della norma che l'ha introdotta."
Tale indirizzo ha poi trovato conferma nella sentenza n. 11484 del 3/6/2015 di questa stessa Corte, ove si è affermato che "in tema di azione giudiziale per le prestazioni d'invalidità civile, la decadenza introdotta dall'art. 42, comma 3, del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito con la legge 24 novembre 2003, n. 326, la cui efficacia è stata differita al 31 dicembre 2004 dall'art. 23, comma 2, del di. 24 dicembre 2003, n. 355, convertito con la legge 27 febbraio 2004, n. 47, si applica solo ai provvedimenti amministrativi comunicati a decorrere dal 1° gennaio 2005 e, pertanto, non nell'ipotesi in cui il ricorso amministrativo (avverso un provvedimento amministrativo di rigetto) sia stato proposto prima del 31 dicembre 2004, dovendosi in tal caso applicare la previgente disciplina di cui al d.P.R. 24 settembre 1994, n. 698."
Orbene, nella fattispecie la Corte territoriale, nel ravvisare la decadenza di cui trattasi, non ha indicato quale era stato in concreto il provvedimento di rigetto comunicato all'assistito rispetto al quale poteva ritenersi decorso inutilmente, a partire dall'1.1.2005, il termine semestrale di decadenza per la proposizione della domanda giudiziale del 15.9.2005. Infatti, la stessa Corte si è limitata a richiamare in sentenza la domanda del 4.6.2002, volta al conseguimento del beneficio, quella del 26.6.2003, diretta al recupero dei pretesi arretrati decorrenti dalla domanda del 1992, ed il ricorso, inoltrato dal Patronato il 30.6.2003, avente ad oggetto l'impugnativa della decisione di diniego del pagamento degli arretrati. Tuttavia, la Corte di merito non ricollega la proclamata decadenza - in cui a suo giudizio sarebbe incorso il ricorrente attraverso la proposizione della domanda giudiziale del 15.9.2005 - ad un preciso termine di avvenuta comunicazione, nel corso del 2005, di un provvedimento di rigetto dell'istanza dell'assistito, per cui non è consentito, in tal modo, di individuare la decorrenza esatta del termine di decadenza semestrale oggetto di controversia.
Ne consegue che il ricorso va accolto e che l'impugnata sentenza va cassata, con rinvio della causa alla Corte d'appello di Perugia che, in diversa composizione, provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte d'appello di Perugia in diversa composizione.
Così deciso in Roma il 18 luglio 2016
Il Consigliere estensore
Dr. Umberto Berrino
Il Presidente
Dr. Giovanni Mammone
Fonte
Corte di Cassazione-Sentenze Web
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