La Corte di Cassazione nega che sia necessario l'intervento delle Sezioni Unite, non essendovi effettivo contrasto giurisprudenziale in materia di diritto alla tredicesima mensilità dell'indennità di frequenza; conferma dell'orientamento restrittivo di rigetto. (Cass. n. 5409/2010)

Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza 5 marzo 2010, n. 5409

Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza 5 marzo 2010, n. 5409

Indennità di frequenza - diritto alla 13^ mensilità - non sussiste (sintesi non ufficiale)

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                           
Dott. BATTIMIELLO       Bruno                       -  Presidente   - 
Dott. D'AGOSTINO        Giancarlo                 -  Consigliere  - 
Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella        -  rel. Consigliere  - 
Dott. TOFFOLI           Saverio                          -  Consigliere  - 
Dott. MORCAVALLO        Ulpiano                   -  Consigliere  - 
ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:
I.N.P.S.  -  ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in  persona del  legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato  in ROMA,   VIA   DELLA   FREZZA   17,   presso   l'Avvocatura   Centrale dell'Istituto,   rappresentato  e  difeso   dagli   avvocati   RICCIO ALESSANDRO, VALENTE NICOLA, BIONDI GIOVANNA, giusta mandato in  calce al ricorso;

 - ricorrente -

contro

S.G.,  R.M., quali genitori esercenti  la potestà  sul  figlio  minore                S.M.C.,  elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CARLO POMA 2, presso lo studio dell'avvocato ASSENNATO  GIUSEPPE  SANTE, che li rappresenta e  difende  unitamente
all'avvocato PONZONE GIOVANNI GAETANO, giusta mandato a  margine  del controricorso;

- controrIcorrenti -

avverso  la  sentenza  n. 1507/2006 della CORTE D'APPELLO  di  LECCE, depositata il 21/07/2006 R.G.N. 1752/05;
udita  la  relazione  della causa svolta nella Pubblica  udienza  del 14/01/2010 dal Consigliere Dott. GABRIELLA COLETTI DE CESARE;
udito l'Avvocato ASSENNATO GIUSEPPE SANTE;
udito  il  P.M.  in persona del Sostituto Procuratore Generale  Dott. FUCCI Costantino, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso  per quanto di ragione.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso al Tribunale di Brindisi S.G. e R. M., quali genitori esercenti la potestà sulla figlia minore S.M.C., chiedevano la condanna dell'INPS al pagamento del rateo di tredicesima dell'indennità di frequenza concessa alla minore per gli anni scolastici 1999/2000 e 2000/2001.
Il Tribunale rigettava la domanda, mentre la Corte d'appello di Lecce, accogliendo l'impugnazione delle parti private, riconosceva la spettanza della 13 mensilità sulla prestazione assistenziale oggetto di causa.
I giudici di secondo grado - ricordata l'introduzione dell'assegno di accompagnamento con la L. n. 118 del 1971, art. 17, la sua abrogazione ad opera della L. n. 508 del 1990, art. 6, la sentenza della Corte Costituzionale n. 106/92 (dichiarativa della illegittimità costituzionale del detto art. 6, nella parte in cui non prevedeva l'erogazione dell'assegno fino alla data di entrata in vigore della L. n. 289 del 1990) e, infine, l'art. 1, di quest'ultima legge - ritenevano che il richiamo da tale disposizione operato alla L. n. 118 del 1971, art. 13, valesse ad equiparare l'indennità di frequenza all'ivi previsto assegno di invalidità civile, conseguendone, come per l'assegno, il diritto alla sua attribuzione per tredici mensilità.
Per la cassazione della sentenza d'appello l'INPS ha proposto ricorso, formulando un unico motivo di censura.
S.G. e R.M., nella qualità, hanno resistito con controricorso e hanno, poi, depositato memoria ex art. 378 c.p.c., con contestuale richiesta di rimessione della questione controversa alle Sezioni unite, in ragione del contrasto emerso nella giurisprudenza della Sezione lavoro sulla interpretazione della L. 11 ottobre 1990, n. 289, art. 1.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. In via preliminare, osserva la Corte che non ricorrono i presupposti per un intervento delle Sezioni Unite sulla questione controversa, dal momento che l'interpretazione delle disposizioni di legge vigenti in materia, espressa nella sentenza n. 16329/2008 della Sezione lavoro - nella quale si dissentiva da una precedente decisione della stessa Sezione (Cass. n. 13985/2008) - è stata seguita da tutte le successive sentenze, che hanno ulteriormente approfondito la questione esaminandone gli aspetti problematici (compresi quelli evidenziati dalle parti private) e pervenendo, sui vari punti, a un indirizzo consolidato che va ribadito in questa sede (cfr., fra le altre, Cass. n. 1842, n. 4409, n. 7310, n. 8167 del 2009).
2. Con l'unico motivo, formulando il quesito di diritto ex art. 366 bis c.p.c., l'INPS denuncia violazione o falsa applicazione della L. 11 ottobre 1990, n. 289, art. 1 e segg., e vizio di motivazione, osservando che l'indennità di frequenza ha lo scopo di fornire un aiuto economico alle famiglie che hanno la necessità di sottoporre i minori a cure o trattamenti riabilitativi in centri specializzati o di far loro frequentare una scuola e devono, quindi, affrontare le relative spese; tale finalità vale a porre la corresponsione del beneficio in stretta correlazione con la effettiva durata del trattamento o del corso scolastico, come peraltro, espressamente stabilisce dalla legge istitutiva (L. n. 289 del 1990 cit., art. 2, comma 3), la quale, significativamente - a differenza di quanto previsto dalla L. n. 118 del 1971, art. 13, per l'assegno di invalidità civile - non ne prescrive la erogazione per tredici mensilità.
3. Il ricorso è fondato.
4. Come riferito in premessa questa Corte, dopo una prima decisione (Cass. sent. n. 13985 del 2008) che aveva affermato il diritto dei destinatali della indennità di frequenza alla corresponsione di una tredicesima mensilità (commisurata a tanti ratei del beneficio quanti fossero i mesi del trattamento riabilitativo o della frequenza scolastica), ha nuovamente esaminato la questione (Cass. sent. n. 16329 del 2008) negando il diritto alla tredicesima mensilità.
5. A questa stessa conclusione ermeneutica sono pervenute le successive sentenze dopo un'ulteriore approfondimento che ha considerato i rilievi delle parti, ma che, tuttavia, non ha potuto non tener conto dell'esplicito dettato normativo (che, come detto, non prevede l'erogazione dell'indennità per tredici mensilità), a sua volta giustificato dalla diversa funzione sociale che assolvono, rispettivamente, l'assegno di invalidità di cui alla L. n. 118 del 1971, art. 13 e la indennità di frequenza introdotta dalla L. n. 289 del 1990.
6. Prima dell'introduzione del nuovo beneficio il D.L. 30 gennaio 1971, n. 5, art. 17, convertito con L. 30 marzo 1971, n. 118, prevedeva per i mutilati ed invalidi civili, di età inferiore ai 18 anni, che fossero stati riconosciuti non deambulanti e frequentassero la scuola dell'obbligo o corsi di addestramento o centri ambulatoriali e che non fossero ricoverati a tempo pieno, la concessione, per ciascun anno di frequenza, di un assegno di accompagnamento di L. 12.000 per tredici mensilità.
7. Questa disposizione normativa è stata, peraltro, abrogata, dalla L. 21 novembre 1988, n. 508, art. 6.
8. Successivamente, la L. 11 ottobre 1990, n. 289, all'art. 1, ha disposto (testualmente): "Ai mutilati ed invalidi civili minori di anni 18, cui siano state riconosciute dalle commissioni mediche periferiche per le pensioni di guerra e d'invalidità civile difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni della propria età, nonchè ai minori ipoacusici che presentino una perdita uditiva superiore ai 60 decibel nell'orecchio migliore nelle frequenze di 500, 1.000, 2.000 hertz, è concessa, per il ricorso continuo o anche periodico a trattamenti riabilitativi o terapeutici a seguito della loro minorazione, una indennità mensile di frequenza di importo pari all'assegno di cui alla L 30 marzo 1971, n. 118, art. 13 e successive modificazioni, a decorrere dal 1 settembre 1990.
La concessione dell'indennità di cui al comma 1 è subordinata alla frequenza continua o anche per iodica di centri ambulatoriali o di centri diurni, anche di tipo semiresidenziali, pubblici o privati, purchè operanti in regime convenzionale, specializzati nel trattamento terapeutico o nella riabilitazione e nel recupero di persone portatrici di handicap. L'indennità mensile di frequenza è altresì concessa ai mutilati ed invalidi civili minori di anni 18 che frequentano scuole, pubbliche o private, di ogni ordine e grado, a partire dalla scuola materna, nonchè centri di formazione o di addestramento professionale finalizzati al reinserimento sociale dei soggetti stessi. Il requisito della frequenza continua o anche periodica, nonchè la condizione di cui al comma 1, sono richiesti anche per i minori che si trovino nelle condizioni di cui al comma 3.
L'indennità mensile di frequenza è erogata alle medesime condizioni reddituali dell'assegno di cui al comma 1 e ad essa si applica il medesimo sistema di perequazione automatica." L'art. 2 della citata legge stabilisce poi, ai commi 3 e 4: "3. La concessione dell'indennità mensile di frequenza è limitata alla reale durata del trattamento o del corso e decorre dal primo giorno del mese successivo a quello di effettivo inizio della frequenza al corso o al trattamento stesso ed ha termine con il mese successivo a quello di cessazione della frequenza.
4. L'indennità mensile di frequenza può, in ogni momento, essere revocata con effetto dal primo giorno del mese successivo alla data del relativo provvedimento, qualora da accertamenti esperiti non risulti soddisfatto il requisito della frequenza." 9. La diversità di funzione delle due provvidenze, sulla quale insiste l'INPS, è innegabile.
10. L'indennità di frequenza consiste in un sostegno economico alle famiglie dei minori, allo scopo di garantire agli stessi cure riabilitative, l'istruzione scolastica, una formazione professionale;
ne consegue - come si evince chiaramente dalla legge istitutiva laddove, in particolare, stabilisce che l'indennità " è limitata alla reale durata del trattamento o del corso" e " ha termine con il mese successivo a quello di cessazione della frequenza" - che il beneficio in questione è concesso per far fronte a una situazione concentrata entro determinati limiti di tempo (quelli dedicati, appunto, a un trattamento terapeutico o riabilitativo o alla frequentazione di un corso scolastico o di formazione e addestramento professionale) e può anche essere discontinuo.
L'assegno di invalidità civile sopperisce, invece, a una situazione di mancato guadagno, qual è quella dei disabili maggiorenni che non siano in grado, per la loro limitata capacità lavorativa (attualmente il grado di riduzione richiesto per l'attribuzione dell'assegno è superiore al 74%) di procurarsi le necessarie risorse economiche, assicurando a costoro un reddito continuo e permanente, in qualche modo sostitutivo di una retribuzione.
Ne consegue che, mentre per l'assegno è pienamente giustificabile, all'interno del sistema apprestato dal legislatore in materia di provvidenze per l'invalidità civile, una disposizione che lo struttura in modo non dissimile da una retribuzione - così da prevederne la erogazione per tredici mensilità - altrettanto non può dirsi, in difetto di una esplicita indicazione normativa in tal senso, per l'indennità di frequenza, regolamentata in modo tale da limitarne la funzione a quella di un aiuto economico alle famiglie, destinato a coprire le sole spese di spostamento necessarie per garantire al minore invalido la frequenza.
Nè è condivisibile l'affermazione di cui alla citata sentenza 13985/2008, secondo cui "Per poter essere dello stesso importo di una prestazione concessa per tredici mensilità l'indennità non può che essere concessa anch'essa per tredici mensilità". Ed infatti sia l'assegno di invalidità civile di cui alla L. n. 118 del 1971, art. 13, sia la indennità di frequenza sono di uguale misura quanto all'importo mensile, il che però non vale a dimostrare che per entrambe valga la corresponsione per tredici mensilità.
11. Alle considerazioni già svolte nelle sentenze sopra citate deve aggiungersi che l'interpretazione delle disposizioni di legge vigenti in materia nel senso di escludere la riconoscibilità del diritto alla tredicesima mensilità sull'indennità di frequenza non può ritenersi invalidata dal contenuto della circolare INPS n. 61 del 14.3.2001, citata nella sentenza impugnata e nella quale (punto 3.3) si comunica agli uffici che il Ministero dell'Interno aveva disposto che "anche ai percettori dell'indennità mensile di frequenza spettava la maggiorazione di L. 20.000 mensili per tredici mensilità di cui alla L. n. 388 del 2000, art. 70, comma 6"; e ciò, sia per una considerazione di ordine generale, posto che le circolari dell'Istituto non possono derogare alle disposizioni di legge e neanche possono influire nell'interpretazione delle disposizioni medesime, in quanto, ancorchè si tratti di atti del tipo cd.
normativo, restano comunque atti di rilevanza interna all'organizzazione dell'ente (vedi Cass. sent. n. 11094 del 2005), sia, in particolare, perchè la disposizione ministeriale di cui trattasi si limita a dare per scontato il presupposto (come si è visto, giuridicamente errato) secondo cui la normativa della L. n. 289 del 1990, "equipara" l'indennità di frequenza all'assegno di invalidità L. n. 118 del 1971, ex art. 13.
12. Quanto, infine, alla sentenza della Corte costituzionale n. 329/2002, anch'essa richiamata nella sentenza impugnata, è sufficiente il rilievo che si tratta di decisione del tutto irrilevante ai fini che interessano, riferendosi all'assegno di invalidità civile di cui alla L. n. 118 del 1971, art. 13 e alla condizione degli invalidi maggiorenni che non possano far valere il requisito dello stato di "incollocazione al lavoro", (necessario per l'erogazione della suddetta prestazione assistenziale) perchè frequentanti un regolare corso di studi e (perciò) non iscritti alle liste del collocamento obbligatorio.
13. In conclusione, il ricorso va accolto e cassata, per l'effetto, la sentenza impugnata, la causa può essere decisa direttamente da questa Corte nel merito con il rigetto della domanda di cui al ricorso introduttivo, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto.
14. Nulla per le spese dell'intero giudizio ex art. 152 disp. att. cod. proc. civ., non essendo applicabile ratione temporis il disposto del D.L. 30 settembre 2003, n. 326, art. 42, comma 11, convertito nella L. 24 novembre 2003 n. 326.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di cui al ricorso introduttivo. Nulla per le spese dell'intero giudizio.
Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2010.
Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2010