La Suprema Corte ritiene ammissibile l’azione di mero accertamento dello stato invalidante a prescindere da qualsiasi domanda di erogazione di una determinata prestazione (Cass. n. 2691/2009)

La sentenza in esame conferma i seguenti indirizzi giurisprudenziali:

- il diritto alla indennità di accompagnamento è subordinato al solo requisito sanitario e non anche alla condizione del non ricovero, la quale costituisce semplice condizione per l'erogazione della prestazione (così anche Cass. n. 1549/2000 e n. 7917/1995);
- in tema di indennità di accompagnamento, il ricovero presso un ospedale pubblico non costituisce “sic et simpliciter” l’equivalente del ricovero in istituto ai sensi dell’art. 1, comma 3, della legge n. 18 del 1990 - che esclude dall’indennità di accompagnamento gli “invalidi civili gravi ricoverati gratuitamente in istituto” - e, pertanto, il beneficio può spettare all’invalido grave anche durante il ricovero ove si dimostri che le prestazioni assicurate dall’ospedale medesimo non esauriscono tutte le forme di assistenza di cui il paziente necessita per la vita quotidiana (così anche Cass. n. 2270/2007; Cass. n. 25569/2008);
- è ammissibile l’azione di mero accertamento dello stato invalidante a prescindere da qualsiasi domanda di erogazione di una determinata prestazione (così anche Cass. n. 9146/2002 e n. 11161/2003).

Marco Aquilani - 17.4.2009

Marco Aquilani, 17.04.2009

Il testo dell'atto

Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza 4 febbraio 2009, n. 2691

Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza 4 febbraio 2009, n. 2691

Indennità di accompagnamento - condizione del non ricovero in istituto - non costituisce requisito per la sussistenza del diritto all'indennità ma per l'erogazione della prestazione;

indennità di accompagnamento - condizione del non ricovero in istituto - può sussistere anche in ipotesi di ricovero presso ospedale pubblico;

Il diritto alla indennità di accompagnamento è subordinato al solo requisito sanitario e non anche alla condizione del non ricovero, la quale costituisce semplice condizione per l'erogazione della prestazione;
l'indennità di accompagnamento può spettare all’invalido grave anche durante il ricovero ove si dimostri che le prestazioni assicurate dall’ospedale medesimo non esauriscono tutte le forme di assistenza di cui il paziente necessita per la vita quotidiana;
è ammissibile l’azione di mero accertamento dello stato invalidante a prescindere da qualsiasi domanda di erogazione di una determinata prestazione.(Massime non ufficiali)

Svolgimento del processo

 

 

La Corte di Appello di Napoli dichiarava inammissibile l’impugnazione di F. M. P., quale procuratrice di F. M. C., avverso la sentenza del Tribunale di Napoli nella parte in cui aveva respinto la domanda di condanna l’INPS al pagamento dei ratei d’indennità di accompagnamento.

 

I giudici di appello ponevano a fondamento della propria decisione il rilievo fondante che l’assistito, dichiarato totalmente inabile e con necessità di assistenza continua dalla Commissione Sanitaria di primo grado, era ricoverato presso una comunità terapeutica a totale carico dello stato e pertanto non era data al medesimo un’azione per sentire accertare una situazione che pur essendo giuridicamente rilevante non integrava da sola la fattispecie costitutiva di un qualsiasi diritto soggettivo.

F. M. P., nella sua qualità, ricorreva in cassazione sulla base di due motivi di censura.

L’INPS depositava procura.

 

Motivi della decisione

 

Con il primo mezzo d’impugnazione la ricorrente, deducendo erronea applicazione della L. 118/71 e 18/80, assume che proprio le S.U. di questa Suprema Corte nella sentenza n. 483/00 richiamata dai giudici di appello affermano che possono essere accertati in sede giudiziaria i fatti costitutivi di una determinata posizione soggettiva.

 

Con il secondo motivo la ricorrente, denunciando violazione della L. 180/78, allega che non esistono ricoveri perpetui potendo sempre verificarsi che la prestazione ospedaliera venga meno.

Le censure, che in quanto strettamente connesse per ragioni logiche e giuridiche, vanno trattate congiuntamente sono fondate.

Invero, la sentenza impugnata nel rigettare la domanda dell’assistito non tiene affatto conto che costituisce principio di diritto vivente nella giurisprudenza di questa Corte, quello secondo il quale ai fini del diritto all’indennità di accompagnamento, prevista dalla legge 11 febbraio 1980, n. 18 in favore dell’inabile non deambulante o non autosufficiente, rileva esclusivamente il requisito sanitario descritto dall’art. 1 della stessa legge mentre non si richiede anche la condizione del non ricovero dell’inabile in istituto, la quale si pone come elemento esterno alla fattispecie, e non costituisce ostacolo al riconoscimento del diritto all’indennità bensì all’erogazione della stessa per il tempo in cui l’inabile sia ricoverato a carico dell’erario e non abbisogni dell’accompagnatore (Cass. 1549/00 e 7917/95).

Questa Stessa Corte, del resto, ha sancito altresì che in tema di indennità di accompagnamento, il ricovero presso un ospedale pubblico non costituisce “sic et simpliciter” l’equivalente del ricovero in istituto ai sensi dell’art. 1, comma 3, della legge n. 18 del 1990 - che esclude dall’indennità di accompagnamento gli “invalidi civili gravi ricoverati gratuitamente in istituto” - e, pertanto, il beneficio può spettare all’invalido grave anche durante il ricovero ove si dimostri che le prestazioni assicurate dall’ospedale medesimo non esauriscono tutte le forme di assistenza di cui il paziente necessita per la vita quotidiana (Cass. 2270/07) e che in tema di indennità di accompagnamento per coloro che subiscono trattamenti di chemioterapia il beneficio può spettare all’invalido grave anche durante il ricovero in ospedale pubblico ove si dimostri che le prestazioni assicurate dall’ospedale medesimo non esauriscono tutte le forme di assistenza di cui il paziente necessita per la vita quotidiana (Cass. 25569/08).

A tanto aggiungasi che con sentenze nn. 9146/02 e 11161/03 questo giudice di legittimità, ha ritenuto ammissibile l’azione di mero accertamento dello stato invalidante a prescindere da qualsiasi domanda di erogazione di una determinata prestazione, ben potendosi configurare l’interesse ad agire in relazione ad uno “status”, quale quello di invalidità totale, potenzialmente produttivo di una serie indeterminata di diritti ricollegata dall’ordinamento alla condizione fisica dell’invalido.

Il ricorso, pertanto, va accolto e la sentenza impugnata va cassata, con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Napoli in diversa composizione che si atterrà al principio sopra richiamato.

 

P.Q.M.

 

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Napoli in diversa composizione.