Il diritto alla pensione non reversibile per i ciechi civili è subordinato al non superamento di un limite di reddito.
L'art. 7 della l.n. 66 del 1962 prevede che: "Ogni cittadino affetto da cecità congenita o contratta in seguito a cause che non siano di guerra, infortunio sul lavoro o in servizio, ha diritto, in considerazione delle specifiche esigenze derivanti dalla minorazione, ad una pensione non riversibile qualora versi in stato di bisogno".
Il successivo articolo 8 stabilisce che: 8. "Tutti coloro che siano colpiti da cecità assoluta o abbiano un residuo visivo non superiore ad un ventesimo in entrambi gli occhi con eventuale correzione, hanno diritto alla corresponsione della pensione a decorrere dal compimento del 18° anno di età".
L'art. 5 L. 382/1970 ha previsto che detta pensione non riversibile spetti al cieco civile, "sempre che l'interessato non risulti iscritto nei ruoli dell'imposta complementare sui redditi".
Nel caso in questione, la Corte di Appello di Roma aveva riconosciuto il diritto di un non vedente a percepire la pensione non reversibile per ciechi assoluti di cui all'art. 7 L. 66/1962 nonostante la presenza di un reddito lavorativo.
Ad avviso della Corte, l'art. 68, comma 1°, L. 153/1969 avrebbe introdotto per i ciechi una deroga al generale divieto di cumulare la pensione di invalidità con il reddito da lavoro dipendente.
L’art. 68 della l. n. 153 del 1969 prevede che “le disposizioni di cui al secondo comma dell'art. 10 del R.D.L. 14 aprile 1939, n. 636, non si applicano nei confronti dei ciechi che esercitano un'attività lavorativa” e che “le pensioni revocate ai sensi della norma precitata sono ripristinate con decorrenza dalla data di entrata in vigore della presente legge".
L’art. 10 del R.D. n. 636/1939, come modificato dall’art. 8, comma 1 bis del d.l. n. 463 del 12.9.1983 ha previsto che:
"la pensione di invalidità non è attribuita, e se attribuita ne resta sospesa la corresponsione, nel caso in cui l'assicurato e il pensionato, di età inferiore a quella prevista per il pensionamento di vecchiaia, siano percettori di reddito da lavoro dipendente, con esclusione dei trattamenti di fine rapporto comunque denominati, e di reddito da lavoro o autonomo o professionale o d'impresa per un importo lordo annuo, al netto dei soli contributi previdenziali, superiore a tre volte l'ammontare del trattamento minimo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti calcolato in misura pari a tredici volte l'importo mensile in vigore al 1° gennaio di ciascun anno…"
"La corresponsione della pensione di invalidità sospesa ai sensi del presente comma è ripristinata per i periodi in cui non si verificano le condizioni di reddito che determinano la sospensione stessa e comunque al raggiungimento dell'età prevista per il pensionamento di vecchiaia dai rispettivi ordinamenti ..."
"1-bis. Resta ferma la disposizione di cui all'art. 68 della legge 30 aprile 1969, n. 153, indipendentemente dal reddito percepito dal pensionato."
L'art. 68 della l. n. 153 del 1969, sotto il profilo letterale, non contempla la pensione, di natura assistenziale, di cui all'art. 7 della L. 66/1962 e, tuttavia nella giurisprudenza di legittimità si era fatto strada un indirizzo che riteneva di poter dare una lettura estensiva di tale norma, tanto da ricomprendere nel suo campo d'applicazione anche tale trattamento assistenziale, nonostante il chiaro riferimento dell'art. 68 della L. 153/1969 alla sola pensione di invalidità a carico dell'assicurazione generale obbligatoria, ossia quella di carattere previdenziale legata al versamento dei contributi.
La Cassazione, con la sentenza n. 15646 del 18.9.2012 ha infatti espresso tale principio: "La particolare disciplina prevista dall'art. 68 l. 30 aprile 1969 n. 153 — che, derogando alla generale normativa posta dall'art. 10 r.d.l. 14 aprile 1939 n. 636 (secondo cui la pensione d'invalidità è soppressa quando la capacità di guadagno del pensionato non è più inferiore ai minimi di legge), persegue la finalità di favorire il reinserimento sociale dell'invalido, non distogliendolo dall'apprendimento e dall'esercizio di un'attività lavorativa — va letta in senso costituzionalmente orientato (art. 2, 3, 4 e 38 cost.), sicché la stessa esclude che la pensione di invalidità già riconosciuta all'assicurato in ragione della sua cecità possa essergli revocata qualora siano mutati i suoi redditi per effetto del conseguimento di una nuova occupazione".
Un diverso orientamento giurisprudenziale, cui aderisce la sentenza in esame e che può ormai definirsi consolidato, si è invece mosso in dissenso con il richiamato precedente, ritenendo che l'art. 68 della L. 153/1969 sia da riferire solo al trattamento previdenziale d'invalidità di cui all'art. 10 del r.d.l. n. 636 del 1939, non potendo applicarsi al diverso trattamento di assistenza di cui all'art. 7 della L. 66/1962 in relazione al quale lo stato di bisogno permane un requisito indefettibile sia in sede di concessione del trattamento, sia, successivamente, ai fini della sua conservazione.
Già con sentenza n. 24192 del 25 ottobre 2013 la Cassazione ha formulato quello stesso principio che la sentenza del 29 agosto ha testualmente ribadito e con con cui si inquadra la pensione non reversibile per ciechi civili nello stesso alveo delle provvidenze economiche di invalidità civile subordinate al non superamento di un tetto di reddito:
“La pensione non reversibile per i ciechi civili assoluti di cui all'art. 7 legge 10 febbraio 1962, n. 66, è erogata a condizione della permanenza in capo al beneficiario dello stato di bisogno economico, trattandosi di prestazione assistenziale rientrante nell'ambito di cui all'art. 38, primo comma, Cost., con conseguente cessazione dell'erogazione al superamento del limite di reddito previsto per la pensione di inabilità di cui all'art. 12 della legge 30 marzo 1971, n. 118 di conversione del d.l. del 30 gennaio 1971, n. 5, dovendosi ritenere inapplicabili a detta prestazione sia l'art. 68 della legge 30 aprile 1969, n 153, dettato per la pensione di invalidità erogata dall'INPS, sia l'art. 8, comma 1 bis, del d.l. 12 settembre 1983, n. 463, convertito con modificazioni in legge 12 novembre 1983, n. 638, che consentono l'erogazione della pensione INPS in favore dei ciechi che abbiano recuperato la capacità lavorativa, trattandosi di norme di stretta interpretazione, il cui fondamento si rinviene nella diversa disposizione di cui all'art. 38, secondo comma, Cost., intese a favorire il reinserimento del pensionato cieco nel mondo del lavoro senza che subisca la perdita della pensione e, dunque, insuscettibili di applicazione analogica.”
Marco Aquilani, 07.11.2016
Il testo dell'atto
Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza 29 agosto 2016, n. 17398
Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza 29 agosto 2016, n. 17398
Pensione non reversibile per i ciechi civili - requisito reddituale - diritto alla prestazione condizionato al non superamento del limite di reddito previsto per la pensione di inabilità per gli invalidi civili totali. (Sintesi non ufficiale)
La pensione non reversibile per i ciechi civili assoluti è erogata a condizione della permanenza in capo al beneficiario dello stato di bisogno economico, trattandosi di prestazione assistenziale rientrante nell'ambito di cui all'art. 38, primo comma, Cost., con conseguente cessazione dell'erogazione al superamento del limite di reddito previsto per la pensione di inabilità di cui all'art. 12 della legge 30 marzo 1971, n. 118, dovendosi ritenere inapplicabili a detta prestazione sia l'art. 68 della legge 30 aprile 1969, n. 153, dettato per la pensione di invalidità erogata dall'INPS, sia l'art. 8, comma 1 bis, del di. 12 settembre 1983, n. 463, convertito con modificazioni in legge 11 novembre 1983, n. 638, che consentono l'erogazione della pensione INPS in favore dei ciechi che abbiano recuperato la capacità lavorativa, trattandosi di norme di stretta interpretazione, il cui fondamento si rinviene nella diversa disposizione di cui all'art. 38, secondo comma, Cost., intese a favorire il reinserimento del pensionato cieco nel mondo del lavoro senza che subisca la perdita della pensione e, dunque, insuscettibili di applicazione analogica. (Massima non ufficiale)
Civile Sent. Sez. L Num. 17398 Anno 2016
Presidente: D'ANTONIO ENRICA
Relatore: DORONZO ADRIANA
Data pubblicazione: 29/08/2016
SENTENZA
sul ricorso 13648-2010 proposto da:
- I.N.P.S. - ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE C.F. 80078750587, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA n. 29 presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati CLEMENTINA PULLI, MAURO RICCI e ALESSANDRO RICCIO, giusta delega in atti;
- ricorrente -
nonché contro
S*** F***;
- intimato -
avverso la sentenza n. 1675/2009 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 14/05/2009, R.G. N. 1982/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24/05/2016 dal Consigliere Dott. ADRIANA DORONZO;
udito l'Avvocato MAURO RICCI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RITA SANLORENZO, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. La Corte d'appello di Roma, con sentenza depositata il 14 maggio 2009, ha rigettato l'appello proposto dall'Inps contro la sentenza resa dal Tribunale di Roma che aveva riconosciuto il diritto di S*** F*** al ripristino del trattamento pensionistico erogatoli in quanto cieco, ritenendo che il disposto dell'art. 68, comma 1°, legge n. 153 del 1969, abbia introdotto per i ciechi una deroga al generale divieto di cumulare la pensione di invalidità con il reddito da lavoro dipendente.
2. Contro la sentenza, l'Inps propone ricorso per cassazione sostenuto da due motivi. Lo S*** non svolge attività difensiva. L'Inps deposita memoria ex art. 378 cod.proc.civ.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso è costituito dalla violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 8 legge 11 novembre 1983, n. 638 e dell'art. 68della legge 30 aprile 1969, n. 153, in relazione all'art. 12 delle preleggAitiene che, sulla base del quadro normativo di riferimento, il disposto degli articoli indicati rubrica, che derogano in favore dei non vedenti ai generale divieto di cumulare la pensione di invalidità con reddito anche elevato, non è applicabile ai ciechi titolari di pensione di invalidità civile prevista dalla legge 10 febbraio 1962, n. 66 e successive modifiche e integrazioni. La deroga riguarda la pensione di invalidità a carico dell'assicurazione generale obbligatoria, cioè di una pensione che presuppone comunque il versamento di una pur minima contribuzione versata dagli interessati, non anche la pensione di invalidità civile che è una prestazione esclusivamente assistenziale. Invoca la pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte numero 3814 del 2005. li motivo si conclude con un quesito di diritto ai sensi dell'art. 366 bis cod.proc.civ., applicabile ratione temporis. 2. Il secondo motivo è invece fondato sulla violazione e falsa applicazione dell'arti legge 10 febbraio 1962, n. 66, in relazione all'art. 5 della legge 27 maggio 1970, n. 382, e all'art. 14 septies del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito in legge 29 febbraio 1980, n. 33, come interpretato dalla legge 8 ottobre 1984, n. 600. Assume l'erroneità della pronuncia nella parte in cui ha riconosciuto il diritto alla pensione di invalidità già goduta dallo S*** in quanto cieco civile assoluto, nonostante avesse superato i limiti di reddito previsti dalla legge n. 382 del 1970, come integrata dall'art. 14 septies cit., per il quale la pensione non reversibile di cui alla legge n. 66 del 1962 spetta ai ciechi civili sempre che il beneficiario non possegga redditi assoggettabili all'imposta sul reddito delle persone fisiche in un ammontare superiore ai limiti previsti dalla stessa legge. Chiede che si dichiari che doveva applicarsi al caso di specie la disciplina di cui agli artt. 1 e ss. della legge n. 66/1962 in relazione alle altre norme indicate rubrica, con conseguente sospensione della pensione non reversibile riconosciuta l'interessato in quanto cieco civile assoluto, titolare di un reddito lavorativo superiore alla normativa In vigore. 3. I motivi, che per la loro connessione possono essere congiuntamente esaminati, sono fondati. Questa Corte ha in materia più volte osservato che il diritto dei ciechi civili alla cosiddetta pensione non reversibile (avente una funzione assistenziale, rientrante nell'ambito di cui all'art. 38, primo comma, Cost.), introdotto dalla legge 10 febbraio 1962 n. 66, è rimasto subordinato, diversamente da quello all'indennità di accompagnamento a favore dei ciechi assoluti, alla sussistenza di uno stato di bisogno, individuato dall'art. 5 della legge n. 382 del 1970 nella non iscrizione nei ruoli per l'imposta complementare sui redditi e successivamente nel possesso di redditi assoggettabili all'imposta sui reddito delle persone fisiche di ammontare inferiore a un certo limite (art. 6 D.L. n. 30 del 1974, convertito dalla legge n. 114 del 1974, e poi art. 14 septies del D.L. n. 663 del 1979, convertito con modificazioni dalla legge n. 33 del 1980) (in tal senso, Cass. 5 agosto 2000, n.10335; Cass. n. Cass. 25 ottobre 2013, n. 24192). 4. In tale ultima pronuncia, in particolare, è stata statuita la cessazione dell'erogazione al superamento del limite di reddito previsto per la pensione di inabilità di cui all'art. 12 della legge 30 marzo 1971, n. 1181 di conversione del dl. del 30 gennaio 1971, n. 5, dovendosi ritenere inapplicabili a detta prestazione sia l'art. 68 della legge 30 aprile 1969, n 153, dettato per la pensione di invalidità erogata dall'INPS, sia l'art. 8, comma i bis, del dl. 12 settembre 1983, n. 463, convertito con modificazioni in legge 11 novembre 1983, n. 638, che consentono l'erogazione della pensione INPS in favore dei ciechi (avente natura previdenziale: il R.D.L. n. 636 del 1939, art. 9, fa riferimento alla pensione riconosciuta all'invalido a qualsiasi età quando siano maturati determinati requisiti contributivi) che abbiano recuperato la capacità lavorativa, trattandosi di norme di stretta interpretazione (aventi quale presupposto non uno stato di invalidità generica bensì di invalidità lavorativa), il cui fondamento si rinviene nella diversa disposizione di cui all'art. 38, secondo comma, Cost., intese a favorire il reinserimento del pensionato cieco nel mondo del lavoro senza che subisca la perdita della pensione e, dunque, insuscettibili di applicazione analogica (nello stesso senso cfr. Cass. 15 aprile 2014, n. 8752; Cass. ord. 11 novembre 2014, nn. 24003- 24011; Cass. 10 aprile 2015, n.7289, sicché il principio può dirsi consolidato). 5. La fattispecie in esame rientra nelle ipotesi contemplate dalla normativa suindicata e pertanto, in conformità ai precedenti, trova adesso applicazione il principio secondo cui "La pensione non reversibile per i ciechi civili assoluti di cui all'art. 7 legge 10 febbraio 1962, n. 66, è erogata a condizione della permanenza in capo al beneficiario dello stato di bisogno economico, trattandosi di prestazione assistenziale rientrante nell'ambito di cui all'art. 38, primo comma, Cost., con conseguente cessazione dell'erogazione al superamento del limite di reddito previsto per la pensione di inabilità di cui all'art. 12 della legge 30 marzo 1971, n. 118 di conversione del d.L del 30 gennaio 1971, n. 5, dovendosi ritenere inapplicabili a detta prestazione sia l'art. 68 della legge 30 aprile 1969, n. 153, dettato per la pensione di invalidità erogata dall'INPS, sia l'art. 8, comma 1 bis, del di. 12 settembre 1983, n. 463, convertito con modificazioni in legge 11 novembre 1983, n. 638, che consentono l'erogazione della pensione INPS in favore dei ciechi che abbiano recuperato la capacità lavorativa, trattandosi di norme di stretta interpretazione, il cui fondamento si rinviene nella diversa disposizione di cui all'art. 38, secondo comma, Cost., intese a favorire il reinserimento del pensionato cieco nel mondo del lavoro senza che subisca la perdita della pensione e, dunque, insuscettibili di applicazione analogica" (in tal senso, oltre alle sentenze succitate, Cass., 28 settembre 2015, n. 19150). 6. Il ricorso deve pertanto accogliersi, la sentenza impugnata cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti, la causa decisa nel merito direttamente da questa Corte, con il rigetto della domanda proposta dallo S***. Le alterne fasi del giudizio ed il recente stabilizzarsi dell'orientamento di legittimità.. consigliano la compensazione delle spese dell'intero processo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta dallo S*** in primo grado. Compensa tra le parti le spese dell'intero processo.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 24 maggio 2016
L'art. 7 della l.n. 66 del 1962 prevede che: "Ogni cittadino affetto da cecità congenita o contratta in seguito a cause che non siano di guerra, infortunio sul lavoro o in servizio, ha diritto, in considerazione delle specifiche esigenze derivanti dalla minorazione, ad una pensione non riversibile qualora versi in stato di bisogno".
Il successivo articolo 8 stabilisce che: 8. "Tutti coloro che siano colpiti da cecità assoluta o abbiano un residuo visivo non superiore ad un ventesimo in entrambi gli occhi con eventuale correzione, hanno diritto alla corresponsione della pensione a decorrere dal compimento del 18° anno di età".
L'art. 5 L. 382/1970 ha previsto che detta pensione non riversibile spetti al cieco civile, "sempre che l'interessato non risulti iscritto nei ruoli dell'imposta complementare sui redditi".
Nel caso in questione, la Corte di Appello di Roma aveva riconosciuto il diritto di un non vedente a percepire la pensione non reversibile per ciechi assoluti di cui all'art. 7 L. 66/1962 nonostante la presenza di un reddito lavorativo.
Ad avviso della Corte, l'art. 68, comma 1°, L. 153/1969 avrebbe introdotto per i ciechi una deroga al generale divieto di cumulare la pensione di invalidità con il reddito da lavoro dipendente.
L’art. 68 della l. n. 153 del 1969 prevede che “le disposizioni di cui al secondo comma dell'art. 10 del R.D.L. 14 aprile 1939, n. 636, non si applicano nei confronti dei ciechi che esercitano un'attività lavorativa” e che “le pensioni revocate ai sensi della norma precitata sono ripristinate con decorrenza dalla data di entrata in vigore della presente legge".
L’art. 10 del R.D. n. 636/1939, come modificato dall’art. 8, comma 1 bis del d.l. n. 463 del 12.9.1983 ha previsto che:
"la pensione di invalidità non è attribuita, e se attribuita ne resta sospesa la corresponsione, nel caso in cui l'assicurato e il pensionato, di età inferiore a quella prevista per il pensionamento di vecchiaia, siano percettori di reddito da lavoro dipendente, con esclusione dei trattamenti di fine rapporto comunque denominati, e di reddito da lavoro o autonomo o professionale o d'impresa per un importo lordo annuo, al netto dei soli contributi previdenziali, superiore a tre volte l'ammontare del trattamento minimo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti calcolato in misura pari a tredici volte l'importo mensile in vigore al 1° gennaio di ciascun anno…"
"La corresponsione della pensione di invalidità sospesa ai sensi del presente comma è ripristinata per i periodi in cui non si verificano le condizioni di reddito che determinano la sospensione stessa e comunque al raggiungimento dell'età prevista per il pensionamento di vecchiaia dai rispettivi ordinamenti ..."
"1-bis. Resta ferma la disposizione di cui all'art. 68 della legge 30 aprile 1969, n. 153, indipendentemente dal reddito percepito dal pensionato."
L'art. 68 della l. n. 153 del 1969, sotto il profilo letterale, non contempla la pensione, di natura assistenziale, di cui all'art. 7 della L. 66/1962 e, tuttavia nella giurisprudenza di legittimità si era fatto strada un indirizzo che riteneva di poter dare una lettura estensiva di tale norma, tanto da ricomprendere nel suo campo d'applicazione anche tale trattamento assistenziale, nonostante il chiaro riferimento dell'art. 68 della L. 153/1969 alla sola pensione di invalidità a carico dell'assicurazione generale obbligatoria, ossia quella di carattere previdenziale legata al versamento dei contributi.
La Cassazione, con la sentenza n. 15646 del 18.9.2012 ha infatti espresso tale principio: "La particolare disciplina prevista dall'art. 68 l. 30 aprile 1969 n. 153 — che, derogando alla generale normativa posta dall'art. 10 r.d.l. 14 aprile 1939 n. 636 (secondo cui la pensione d'invalidità è soppressa quando la capacità di guadagno del pensionato non è più inferiore ai minimi di legge), persegue la finalità di favorire il reinserimento sociale dell'invalido, non distogliendolo dall'apprendimento e dall'esercizio di un'attività lavorativa — va letta in senso costituzionalmente orientato (art. 2, 3, 4 e 38 cost.), sicché la stessa esclude che la pensione di invalidità già riconosciuta all'assicurato in ragione della sua cecità possa essergli revocata qualora siano mutati i suoi redditi per effetto del conseguimento di una nuova occupazione".
Un diverso orientamento giurisprudenziale, cui aderisce la sentenza in esame e che può ormai definirsi consolidato, si è invece mosso in dissenso con il richiamato precedente, ritenendo che l'art. 68 della L. 153/1969 sia da riferire solo al trattamento previdenziale d'invalidità di cui all'art. 10 del r.d.l. n. 636 del 1939, non potendo applicarsi al diverso trattamento di assistenza di cui all'art. 7 della L. 66/1962 in relazione al quale lo stato di bisogno permane un requisito indefettibile sia in sede di concessione del trattamento, sia, successivamente, ai fini della sua conservazione.
Già con sentenza n. 24192 del 25 ottobre 2013 la Cassazione ha formulato quello stesso principio che la sentenza del 29 agosto ha testualmente ribadito e con con cui si inquadra la pensione non reversibile per ciechi civili nello stesso alveo delle provvidenze economiche di invalidità civile subordinate al non superamento di un tetto di reddito:
“La pensione non reversibile per i ciechi civili assoluti di cui all'art. 7 legge 10 febbraio 1962, n. 66, è erogata a condizione della permanenza in capo al beneficiario dello stato di bisogno economico, trattandosi di prestazione assistenziale rientrante nell'ambito di cui all'art. 38, primo comma, Cost., con conseguente cessazione dell'erogazione al superamento del limite di reddito previsto per la pensione di inabilità di cui all'art. 12 della legge 30 marzo 1971, n. 118 di conversione del d.l. del 30 gennaio 1971, n. 5, dovendosi ritenere inapplicabili a detta prestazione sia l'art. 68 della legge 30 aprile 1969, n 153, dettato per la pensione di invalidità erogata dall'INPS, sia l'art. 8, comma 1 bis, del d.l. 12 settembre 1983, n. 463, convertito con modificazioni in legge 12 novembre 1983, n. 638, che consentono l'erogazione della pensione INPS in favore dei ciechi che abbiano recuperato la capacità lavorativa, trattandosi di norme di stretta interpretazione, il cui fondamento si rinviene nella diversa disposizione di cui all'art. 38, secondo comma, Cost., intese a favorire il reinserimento del pensionato cieco nel mondo del lavoro senza che subisca la perdita della pensione e, dunque, insuscettibili di applicazione analogica.”
Il testo dell'atto
Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza 29 agosto 2016, n. 17398
Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza 29 agosto 2016, n. 17398
Pensione non reversibile per i ciechi civili - requisito reddituale - diritto alla prestazione condizionato al non superamento del limite di reddito previsto per la pensione di inabilità per gli invalidi civili totali. (Sintesi non ufficiale)
La pensione non reversibile per i ciechi civili assoluti è erogata a condizione della permanenza in capo al beneficiario dello stato di bisogno economico, trattandosi di prestazione assistenziale rientrante nell'ambito di cui all'art. 38, primo comma, Cost., con conseguente cessazione dell'erogazione al superamento del limite di reddito previsto per la pensione di inabilità di cui all'art. 12 della legge 30 marzo 1971, n. 118, dovendosi ritenere inapplicabili a detta prestazione sia l'art. 68 della legge 30 aprile 1969, n. 153, dettato per la pensione di invalidità erogata dall'INPS, sia l'art. 8, comma 1 bis, del di. 12 settembre 1983, n. 463, convertito con modificazioni in legge 11 novembre 1983, n. 638, che consentono l'erogazione della pensione INPS in favore dei ciechi che abbiano recuperato la capacità lavorativa, trattandosi di norme di stretta interpretazione, il cui fondamento si rinviene nella diversa disposizione di cui all'art. 38, secondo comma, Cost., intese a favorire il reinserimento del pensionato cieco nel mondo del lavoro senza che subisca la perdita della pensione e, dunque, insuscettibili di applicazione analogica. (Massima non ufficiale)
Civile Sent. Sez. L Num. 17398 Anno 2016
Presidente: D'ANTONIO ENRICA
Relatore: DORONZO ADRIANA
Data pubblicazione: 29/08/2016
SENTENZA
sul ricorso 13648-2010 proposto da:
- I.N.P.S. - ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE C.F. 80078750587, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA n. 29 presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati CLEMENTINA PULLI, MAURO RICCI e ALESSANDRO RICCIO, giusta delega in atti;
- ricorrente -
nonché contro
S*** F***;
- intimato -
avverso la sentenza n. 1675/2009 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 14/05/2009, R.G. N. 1982/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24/05/2016 dal Consigliere Dott. ADRIANA DORONZO;
udito l'Avvocato MAURO RICCI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RITA SANLORENZO, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. La Corte d'appello di Roma, con sentenza depositata il 14 maggio 2009, ha rigettato l'appello proposto dall'Inps contro la sentenza resa dal Tribunale di Roma che aveva riconosciuto il diritto di S*** F*** al ripristino del trattamento pensionistico erogatoli in quanto cieco, ritenendo che il disposto dell'art. 68, comma 1°, legge n. 153 del 1969, abbia introdotto per i ciechi una deroga al generale divieto di cumulare la pensione di invalidità con il reddito da lavoro dipendente.
2. Contro la sentenza, l'Inps propone ricorso per cassazione sostenuto da due motivi. Lo S*** non svolge attività difensiva. L'Inps deposita memoria ex art. 378 cod.proc.civ.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso è costituito dalla violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 8 legge 11 novembre 1983, n. 638 e dell'art. 68della legge 30 aprile 1969, n. 153, in relazione all'art. 12 delle preleggAitiene che, sulla base del quadro normativo di riferimento, il disposto degli articoli indicati rubrica, che derogano in favore dei non vedenti ai generale divieto di cumulare la pensione di invalidità con reddito anche elevato, non è applicabile ai ciechi titolari di pensione di invalidità civile prevista dalla legge 10 febbraio 1962, n. 66 e successive modifiche e integrazioni. La deroga riguarda la pensione di invalidità a carico dell'assicurazione generale obbligatoria, cioè di una pensione che presuppone comunque il versamento di una pur minima contribuzione versata dagli interessati, non anche la pensione di invalidità civile che è una prestazione esclusivamente assistenziale. Invoca la pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte numero 3814 del 2005. li motivo si conclude con un quesito di diritto ai sensi dell'art. 366 bis cod.proc.civ., applicabile ratione temporis.
2. Il secondo motivo è invece fondato sulla violazione e falsa applicazione dell'arti legge 10 febbraio 1962, n. 66, in relazione all'art. 5 della legge 27 maggio 1970, n. 382, e all'art. 14 septies del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito in legge 29 febbraio 1980, n. 33, come interpretato dalla legge 8 ottobre 1984, n. 600. Assume l'erroneità della pronuncia nella parte in cui ha riconosciuto il diritto alla pensione di invalidità già goduta dallo S*** in quanto cieco civile assoluto, nonostante avesse superato i limiti di reddito previsti dalla legge n. 382 del 1970, come integrata dall'art. 14 septies cit., per il quale la pensione non reversibile di cui alla legge n. 66 del 1962 spetta ai ciechi civili sempre che il beneficiario non possegga redditi assoggettabili all'imposta sul reddito delle persone fisiche in un ammontare superiore ai limiti previsti dalla stessa legge. Chiede che si dichiari che doveva applicarsi al caso di specie la disciplina di cui agli artt. 1 e ss. della legge n. 66/1962 in relazione alle altre norme indicate rubrica, con conseguente sospensione della pensione non reversibile riconosciuta l'interessato in quanto cieco civile assoluto, titolare di un reddito lavorativo superiore alla normativa In vigore.
3. I motivi, che per la loro connessione possono essere congiuntamente esaminati, sono fondati. Questa Corte ha in materia più volte osservato che il diritto dei ciechi civili alla cosiddetta pensione non reversibile (avente una funzione assistenziale, rientrante nell'ambito di cui all'art. 38, primo comma, Cost.), introdotto dalla legge 10 febbraio 1962 n. 66, è rimasto subordinato, diversamente da quello all'indennità di accompagnamento a favore dei ciechi assoluti, alla sussistenza di uno stato di bisogno, individuato dall'art. 5 della legge n. 382 del 1970 nella non iscrizione nei ruoli per l'imposta complementare sui redditi e successivamente nel possesso di redditi assoggettabili all'imposta sui reddito delle persone fisiche di ammontare inferiore a un certo limite (art. 6 D.L. n. 30 del 1974, convertito dalla legge n. 114 del 1974, e poi art. 14 septies del D.L. n. 663 del 1979, convertito con modificazioni dalla legge n. 33 del 1980) (in tal senso, Cass. 5 agosto 2000, n.10335; Cass. n. Cass. 25 ottobre 2013, n. 24192).
4. In tale ultima pronuncia, in particolare, è stata statuita la cessazione dell'erogazione al superamento del limite di reddito previsto per la pensione di inabilità di cui all'art. 12 della legge 30 marzo 1971, n. 1181 di conversione del dl. del 30 gennaio 1971, n. 5, dovendosi ritenere inapplicabili a detta prestazione sia l'art. 68 della legge 30 aprile 1969, n 153, dettato per la pensione di invalidità erogata dall'INPS, sia l'art. 8, comma i bis, del dl. 12 settembre 1983, n. 463, convertito con modificazioni in legge 11 novembre 1983, n. 638, che consentono l'erogazione della pensione INPS in favore dei ciechi (avente natura previdenziale: il R.D.L. n. 636 del 1939, art. 9, fa riferimento alla pensione riconosciuta all'invalido a qualsiasi età quando siano maturati determinati requisiti contributivi) che abbiano recuperato la capacità lavorativa, trattandosi di norme di stretta interpretazione (aventi quale presupposto non uno stato di invalidità generica bensì di invalidità lavorativa), il cui fondamento si rinviene nella diversa disposizione di cui all'art. 38, secondo comma, Cost., intese a favorire il reinserimento del pensionato cieco nel mondo del lavoro senza che subisca la perdita della pensione e, dunque, insuscettibili di applicazione analogica (nello stesso senso cfr. Cass. 15 aprile 2014, n. 8752; Cass. ord. 11 novembre 2014, nn. 24003- 24011; Cass. 10 aprile 2015, n.7289, sicché il principio può dirsi consolidato).
5. La fattispecie in esame rientra nelle ipotesi contemplate dalla normativa suindicata e pertanto, in conformità ai precedenti, trova adesso applicazione il principio secondo cui "La pensione non reversibile per i ciechi civili assoluti di cui all'art. 7 legge 10 febbraio 1962, n. 66, è erogata a condizione della permanenza in capo al beneficiario dello stato di bisogno economico, trattandosi di prestazione assistenziale rientrante nell'ambito di cui all'art. 38, primo comma, Cost., con conseguente cessazione dell'erogazione al superamento del limite di reddito previsto per la pensione di inabilità di cui all'art. 12 della legge 30 marzo 1971, n. 118 di conversione del d.L del 30 gennaio 1971, n. 5, dovendosi ritenere inapplicabili a detta prestazione sia l'art. 68 della legge 30 aprile 1969, n. 153, dettato per la pensione di invalidità erogata dall'INPS, sia l'art. 8, comma 1 bis, del di. 12 settembre 1983, n. 463, convertito con modificazioni in legge 11 novembre 1983, n. 638, che consentono l'erogazione della pensione INPS in favore dei ciechi che abbiano recuperato la capacità lavorativa, trattandosi di norme di stretta interpretazione, il cui fondamento si rinviene nella diversa disposizione di cui all'art. 38, secondo comma, Cost., intese a favorire il reinserimento del pensionato cieco nel mondo del lavoro senza che subisca la perdita della pensione e, dunque, insuscettibili di applicazione analogica" (in tal senso, oltre alle sentenze succitate, Cass., 28 settembre 2015, n. 19150).
6. Il ricorso deve pertanto accogliersi, la sentenza impugnata cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti, la causa decisa nel merito direttamente da questa Corte, con il rigetto della domanda proposta dallo S***. Le alterne fasi del giudizio ed il recente stabilizzarsi dell'orientamento di legittimità.. consigliano la compensazione delle spese dell'intero processo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta dallo S*** in primo grado. Compensa tra le parti le spese dell'intero processo.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 24 maggio 2016
Il Consigliere est. Il Presidente
Fonte
Corte di Cassazione-Sentenze Web
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