Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, sentenza 23 aprile 2008, n. 10538
Procedimento giurisdizionale - diritto al collocamento obbligatorio - legittimazione passiva della Provincia - sussiste
Nel regime successivo al trasferimento alle regioni delle funzioni del collocamento obbligatorio ed alle province dei compiti relativi all'iscrizione nelle relative liste, la domanda volta ad ottenere l'accertamento del diritto soggettivo all'iscrizione negli elenchi del collocamento obbligatorio e' ritualmente promossa nei confronti della provincia, trattandosi dell'amministrazione tenuta ad effettuare detta iscrizione in presenza dei requisiti di legge; detta legittimazione passiva, pertanto, non puo' escludersi per il fatto che, nel richiedere giudizialmente tale iscrizione, sia impugnata la valutazione medica espressa da un organismo - la commissione medica di verifica- operante nell'ambito del ministero e non della provincia.
Ritenuto in fatto
La sentenza di cui si domanda la cassazione, decidendo sull'appello di S.S. contro la decisione del Tribunale di Terni n. 340/2003, ha, tra l'altro, dichiarato il difetto di legittimazione passiva del Ministero dell'economia e delle finanze sulla domanda proposta dal S. per l'accertamento del diritto ali'iscrizione, quale invalido civile, nelle liste di collocamento obbligatorio,condannando alle spese del giudizio la Provincia di Terni quale unico soggetto obbligato ad eseguire l'iscrizione ai sensi della legge n. 68 del 1999.
Il ricorso proposto dalla Provincia di Terni è articolato in due motivi; il S. ha depositato procura speciale al difensore, apposta in calce alla copia notificata del ricorso; non svolge attività di resistenza il Ministero dell'economia e delle finanze.
Disposta la trattazione del ricorso in camera di consiglio ai sensi dell'art. 375,comma secondo, cod. proc. civ., il Pubblico ministero ha chiesto, con le conclusioni scritte, rigettarsi il ricorso per manifesta infondatezza, La Provincia ha depositato memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c. E' comparso nella camera di consiglio il difensore del S.
Considerato in diritto
Va rilevata, preliminarmente, l'ammissibilità del ricorso, contestata dal difensore del S. per la mancata roduzione della delibera di giunta di autorizzazione alla lite. E' assorbente di ogni altro rilievo il principio di diritto secondo cui, nell'attuale ordinamento delle autonomie locali (d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 48 e 50) competente a conferire al difensore della provincia o del comune la procura alle liti è il presidente della provincia o il sindaco, non essendo necessaria l'autorizzazione della giunta provinciale o municipale, atteso che al presidente della provincia e al sindaco è attribuita la rappresentanza degli enti locali, mentre la giunta ha una competenza residuale, sussistente cioè soltanto nei limiti in cui norme legislative o statutarie non la riservino al sindaco (Cass. S.u. 1O dicembre 2002, n. 17550). Lo statuto della Provincia di Terni, all'art. 27, si limita ad assegnare alla competenza della Giunta "la materia delle liti attive e passive", cioè le decisioni sostanziali sulla gestione, ma nulla dispone in ordine al potere di rilascio della procura alle liti.
Il primo motivo del ricorso, denunciando violazione di norme di diritto e vizio di motivazione, si fonda sulla tesi, illustrata con dovizia di argomentazioni, secondo cui alla Provincia compete una funzione meramente esecutiva, relativa all'iscrizione negli elenchi, del provvedimento di accertamento dell'invalidità, di competenza esclusiva di organo ministeriale (commissione medica di verifica).
Dalla descritta situazione deriverebbe il difetto di legittimazione passiva dell'amministrazione provinciale per le controversie aventi ad oggetto l'accertamento dei requisiti sanitari.
Il motivo è manifestamente infondato perché la giurisprudenza della Corte ha ripetutamente affermato il principio, ancorché con riferimento al quadro normativo delineato dalla legge 2 aprile 1968, n. 482 (poi sostituita dalla legge 12 marzo 1999, n. 68), secondo cui la domanda diretta ad ottenere l'accertamento del diritto soggettivo all'iscrizione negli elenchi compilati a cura degli uffici provinciali del lavoro ai fini del collocamento obbligatorio, deve essere in tutti i casi proposta nei confronti del soggetto cui la detta funzione è affidata (il Ministero del lavoro nel quadro normativo previgente: vedi Cass. 8 aprile 2002, n. 5001, 10 maggio 2002, n. 6479, 7 giugno 2003, n. 9146; 28 giugno 2004, n. 11988).
Il medesimo principio risulta applicabile dopo il trasferimento alle Regioni della funzione del collocamento obbligatorio, disposta con il decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 497, siccome soltanto la Provincia (cui è stata affidata la funzione) è tenuta ad effettuare detta iscrizione in presenza dei requisiti di legge. Infatti, nei casi in cui, a tutela di interessi pubblici e privati, le norme investono organi pubblici dell'accertamento di fatti rilevanti sul piano della conformazione di rapporti giuridici, la contestazione dell'accertamento investe pur sempre il rapporto obbligatorio, siccome all'accertamento non sono collegati effetti autonomi e diversi. In sostanza, i procedimenti meramente ricognitivi di fatti, ancorché complessi, preordinati all'emanazione di giudizi di tipo tecnico, sono giuridicamente rilevanti esclusivamente sul piano dei diritti e degli obblighi derivanti da un rapporto giuridico, che si devono necessariamente far valere nei confronti della parte del rapporto stesso. In tal senso si esprimono pacificamente i precedenti della Corte sulle disparate materie che contemplano giudizi tecnici obbligatori di organi pubblici finalizzati alla gestione di rapporti obbligatori: in tema di giudizio obbligatorio del collegio medico ai sensi dell'art. 1O, comma 3, l.n. 482 del 1968 (vedi Cass. 179/1989; 4382/1988); di accertamenti sanitari dell'invalidità civile (Cass. S.u. 13665/2002); di determinazione dell'indennità di esproprio ad opera di organi amministrativi, la cui contestazione si attua in ogni caso nell'ambito del rapporto obbligatorio con il debitore dell'indennità (Cass. S.u. 4669/199l).
Manifestamente infondato è anche il secondo motivo, che censura la statuizione sulle spese giudiziali, siccome, per una parte, richiama gli stessi argomenti già respinti nell'esame del primo motivo in ordine all'identificazione del soggetto
passivamente legittimato; per altra parte, richiamando la peculiarità della situazione di obbligato al rispetto delle determinazioni assunte dalla Commissione medica di verifica, contesta, inammissibilmente, il potere discrezionale attribuito al giudice dall'art. 92 c.p.c. di compensare in tutto o in parte le spese del giudizio a beneficio della parte soccombente.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese e degli onorari del giudizio di cassazione in favore di S.S. nella misura determinata in dispositivo; nulla da provvedere sulle spese del giudizio di cassazione nei confronti del Ministero dell'economia e delle finanze, che non ha svolto attività di resistenza.
P.Q.M
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese e degli onorari del giudizio di cassazione nei confronti di S.S., liquidate le prime in € 26,00 e i secondi in € 1.000,00 (millee/OO); nulla da provvedere sulle spese del giudizio di cassazione nei confronti del Ministero dell'economia e delle finanze.
Cosi deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione lavoro il 20 febbraio 2008.
Il Presidente
S. Ciciretti
Il Consigliere estensore
P. Picone
Depositato in Cancelleria il 23 APR. 2008