Il caso di una ricorrente, esentata dalle spese di giudizio ex art. 152 disp. att. c.p.c. e che il giudice, che ne ha rigettato il ricorso post atp negandole il rinnovo della perizia, ha sanzionato con € 1.800,00 di spese da rifondere all'Inps ai sensi dell'art. 96, 3° co., c.p.c. (Cass. ord. interlocutoria 8218/2018)

Palazzo di Giustizia di Arezzo

In un post-Atp, il giudice del tribunale di Arezzo, non solo ha negato il rinnovo della perizia (ritenendo congrua la valutazione effettuata dal consulente nella fase sommaria dell'Atp), ma ha anche  condannato la ricorrente alle spese di lite, nonostante ne fosse esentata ai sensi dell'art. 152 c.p.c. disp. att. c.p.c., sanzionandola in applicazione dell'art. 96, 3° comma c.p.c., per un totale di € 1.800,00.
In altri termini, il giudice del tribunale di Arezzo, non potendo condannare la ricorrente per lite temeraria ai sensi dell'art. 96, 1° comma c.p.c. (ipotesi contemplata dall'art. 152 disp. att. c.p.c.), perché mancava la richiesta dell'Istituto resistente, ha deciso però di sanzionarne comunque l'iniziativa processuale, all'uopo invocando il 3° comma del predetto art. 96 c.p.c. il quale consente al giudice, anche in assenza di istanza di parte, di "condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata".
E ciò nonostante detto 3° comma dell'art. 96 c.p.c. non sia assolutamente richiamato dall'art. 152 c.p.c. disp. att. c.p.c., che rappresenta il dispositivo legislativo cardine, attorno cui ruota il regime delle spese di soccombenza nel processo previdenziale.

La condotta che il giudice del tribunale di Arezzo ha inteso punire è consistita nel depositare dissenso alle conclusioni del Ctu e nella proposizione del conseguente ricorso nel merito, in esito ad un Atp richiesto per il riconoscimento all'assegno mensile di assistenza e definito con un 50% di invalidità (rispetto al 46% riconosciuto dall'Inps nella fase amministrativa).

La Suprema Corte, cui si è rivolta la ricorrente sanzionata, ha sottolineato la delicatezza della questione, paventando un contrasto fra l'applicazione del 3° comma dell'art. 96 c.p.c. e le previsioni della "disposizione eccettiva" di cui all'art. 152 c.p.c. disp. att. c.p.c., "che è finalizzata ad evitare che il timore delle conseguenze della soccombenza impedisca l'esercizio di diritti primari, garantiti dalla Costituzione".
Pertanto i giudici della Cassazione, ritenendo che non sussistessero le condizioni previste dall'articolo 375, primo comma, numeri 1) e 5) c.p.c., per la trattazione del ricorso in camera di consiglio, ha rimesso la causa, con l'ordinanza interlocutoria in esame, ad altra sezione per l'udienza pubblica.
E non resta quindi che attendere di conoscere quale sarà la decisione che verrà assunta.

Art. 96 Codice di procedura civile

Se risulta che la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, il giudice, su istanza dell'altra parte, la condanna, oltre che alle spese, al risarcimento dei danni, che liquida, anche d'ufficio, nella sentenza .
Il giudice che accerta l'inesistenza del diritto per cui è stato eseguito un provvedimento cautelare, o trascritta domanda giudiziale, o iscritta ipoteca giudiziale, oppure iniziata o compiuta l'esecuzione forzata, su istanza della parte danneggiata condanna al risarcimento dei danni l'attore o il creditore procedente, che ha agito senza la normale prudenza. La liquidazione dei danni è fatta a norma del comma precedente.
In ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell’articolo 91, il giudice, anche d’ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinataComma introdotto dalla L.69/2009, quale ulteriore strumento di deflazione del contenzioso che si differenzia dalle ipotesi di responsabilità aggravata di cui ai primi due comm, in quanto può essere attivato anche d'ufficio prescindendo da un'esplicita richiesta di parte..

Art. 152 disp. att. c.p.c.
Esenzione dal pagamento di spese, competenze e onorari nei giudizi per prestazioni previdenziali

Nei giudizi promossi per ottenere prestazioni previdenziali o assistenziali la parte soccombente, salvo comunque quanto previsto dall’articolo 96, primo comma, del codice di procedura civile, non può essere condannata al pagamento delle spese, competenze ed onorari quando risulti titolare, nell’anno precedente a quello della pronuncia, di un reddito imponibile ai fini IRPEF, risultante dall’ultima dichiarazione, pari o inferiore a due volte l’importo del reddito stabilito ai sensi degli articoli 76, commi da 1 a 3, e 77 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia di cui al decreto del Presidente della repubblica 30 maggio 2002, n. 115. L’interessato che, con riferimento all’anno precedente a quello di instaurazione del giudizio, si trova nelle condizioni indicate nel presente articolo formula apposita dichiarazione sostitutiva di certificazione nelle conclusioni dell’atto introduttivo e si impegna a comunicare, fino a che il processo non sia definito, le variazioni rilevanti dei limiti di reddito verificatesi nell’anno precedente. Si applicano i commi 2 e 3 dell’articolo 79 e dell’articolo 88 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della repubblica n. 115 del 2002Testo così modificato dalll'art. 42, comma 11, DL. n. 269/03, conv. in L. 326/2003. La formulazione precedente era: "Il lavoratore soccombente nei giudizi promossi per ottenere prestazioni previdenziali non è assoggettato al pagamento di spese, competenze ed onorari a favore di istituti di assistenza e previdenza, a meno che la pretesa non sia manifestamente infondata e temeraria". Le spese, competenze ed onorari liquidati dal giudice nei giudizi per prestazioni previdenziali non possono superare il valore della prestazione dedotta in giudizioPeriodo aggiunto dall’art. 52, co. 6, l. n. 69/2009.. A tal fine la parte ricorrente, a pena di inammissibilità di ricorso, formula apposita dichiarazione del valore della prestazione dedotta in giudizio, quantificandone l'importo nelle conclusioni dell'atto introduttivoQuest'ultimo periodo è stato aggiunto dall'art. 38, comma 1, lettera b), n. 2, del D.L.98/2011, conv. con modd. dall'art. 1 L. 111/2011 ed è stato in seguito dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla Corte Costituzionale con sent. n. 241/2017..

Marco Aquilani, 21.05.2018

Il testo dell'atto

Corte di Cassazione, Sezione 6 Civile, ordinanza interlocutoria 4 aprile 2018, n. 8218

Corte di Cassazione, Sezione 6 Civile, ordinanza interlocutoria 4 aprile 2018, n. 8218

Atp - regime delle spese - possibile contrasto tra art. 96, 3° co., c.p.c. e art. 152 disp. att. c.p.c. - rimessione ad altra Sezione.

Il III comma dell'art. 96 c.p.c. non è espressamente richiamato dalla disposizione eccettiva di cui all'art. 152 disp. att. c.p.c., e la sua applicazione potrebbe porsi in contrasto con questa, che è finalizzata ad evitare che il timore delle conseguenze della soccombenza impedisca l'esercizio di diritti primari, garantiti dalla Costituzione. (Massima non ufficiale)

Civile Ord. Sez. 6 Num. 8218 Anno 2018
Presidente: DORONZO ADRIANA
Relatore: GHINOY PAOLA
Data pubblicazione: 04/04/2018

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 16739-2016 proposto da:
C*** C***, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA COLA DI RIENZO 69, presso lo studio dell'avvocato ROSA MAFFEI, che la rappresenta e difende;

- ricorrente -

contro

INPS - ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell'AVVOCATURA dell'Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati MAURO RICCI, EMANUELA CAPANNOLO, CLEMENTINA PULLI;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 144/2016 del TRIBUNALE di AREZZO, depositata il 16/03/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 23/01/2018 dal Consigliere Dott. PAOLA GHINOY;

rilevato che:
1. Il Tribunale di Arezzo rigettava il ricorso con il quale C*** C***, dopo aver esperito con esito negativo il procedimento di accertamento tecnico preventivo obbligatorio ex art. 445 bis c.p.c., chiedeva il riconoscimento dell'esistenza dei presupposti di legge ai fini della concessione dell'assegno mensile di invalidità. Il Giudice monocratico dichiarava di condividere la valutazione effettuata dal consulente tecnico d'ufficio nominato in sede di a.t.p.o., che aveva accertato che la ricorrente aveva un grado di invalidità quantificabile nella misura del 50%, mentre le censure svolte da parte ricorrente erano già state esaminate dall'ausiliare.
Non assoggettava la ricorrente le spese di lite stante la dichiarazione di esonero ai sensi dell'articolo 152 disp. att. c.p.c., ma argomentava che la ricorrente aveva svolto una domanda meramente speculativa, tenendo conto del fatto che l'Inps aveva riconosciuto un'invalidità del 46% e il c.t.u. del 50%, sicché la condannava ai sensi dell'articolo 96 terzo comma c.p.c. al pagamento di una somma pari all'importo delle spese di giudizio per un totale di curo 1800.
2. C*** C*** ha proposto ricorso avverso la sentenza del Tribunale, laddove ha condannato la ricorrente alle spese di lite ex art. 96 comma terzo c.p.c., per violazione degli artt. 96 c.p.c. e 152 disposizioni di attuazione c.p..c, come modificato dall'articolo 42 comma 11 del Dl n. 269 del 2003, convertito in legge n. 326 del 2003, nonché dell'articolo 24 della Costituzione. 
Lamenta di essere stata condannata ex articolo 96 c.p.c. III c. c.p.c., disposizione che non è richiamata dall'art. 152 disp. att. c.p.c., che fa salva solo la possibilità di condannare ai sensi del primo comma, previa istanza di parte. Aggiunge che il criterio meramente aritmetico basato sul differenziale tra la percentuale di invalidità accertata dall'Inps e quella del consulente non poteva comunque integrare i requisiti di temerarietà della lite e che la decisione di condanna adottata assume i contorni di un aggiramento surrettizio della disciplina protettiva posta a garanzia dei cittadini non abbienti per la tutela in sede giurisdizionale dei loro diritti previdenziali e assistenziali.
3. L'Inps ha resistito con controricorso, nel quale ha eccepito l'inammissibilità del ricorso laddove non viene riportato il contenuto della sua memoria di costituzione, nella quale aveva comunque chiesto la condanna della controparte al pagamento delle spese processuali.

Considerato che:
1. l' art. 152 disp. att. c.p.c. nel testo che risulta per effetto delle modifiche introdotte dal d.l. n. 269 del 2003, conv. nella legge n. 326 del 2003, prevede che nei giudizi promossi per ottenere prestazioni previdenziali o assistenziali la parte soccombente non può essere condannata al pagamento delle spese, competenze ed onorari quando risulti titolare, nell'anno precedente a quello della pronuncia, di un reddito imponibile ai fini IRPEF, risultante dall'ultima dichiarazione, pari o inferiore a due volte l'importo del reddito stabilito ai sensi degli articoli 76, commi da 1 a 3, e 77 del d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, ma fa salvo comunque quanto previsto dall'articolo 96, primo comma, del codice di procedura civile.
2. L'art. 96, I comma c.p.c. ivi richiamato, prevede, per il caso di lite temeraria, la condanna al pagamento delle spese processuali, nonché di una penale. 
3. Tale previsione è considerata una fattispecie risarcitoria con funzione compensativa del danno cagionato dal c.d. illecito processuale, presuppone la soccombenza nel grado di giudizio in cui è disposta e si configura come una ipecies riconducibile al genus della responsabilità extracontrattuale ex art.2043 cc. ( così Cass. n. 9080 del 15/04/2013). Condizione per il riconoscimento dei danni e delle spese ai sensi del 10comma dell'art. 96 è l'istanza della parte, che deve altresì assolvere all'onere di allegare (almeno) gli elementi di fatto necessari alla liquidazione, pur equitativa, del danno lamentato (Cass. Sez. U, Ord. n. 7583 del 20/04/2004, Sez. U, Ord., n. 1140 del 19/01/2007, Cass. civ. Sez. lavoro, 02-12-2015, n. 24526).
4. Diversa è la condanna disciplinata dal 3 0 comma, introdotto dall'art. 45 comma 12° della L. n. 49 del 2009, che, come chiarito dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 152 del 2016, ha natura non tanto risarcitoria del danno cagionato alla controparte dalla proposizione di una lite temeraria, quanto più propriamente sanzionatoria delle condotte di quanti, abusando del diritto di azione e di difesa, si servano dello strumento processuale a fini dilatori, aggravando il volume del contenzioso.
5. Il Tribunale ha liquidato l'importo di € 1.800 a carico della parte soccombente in applicazione del III comma dell'art. 96 c.p.c., non del primo comma, sicché non si pone il problema del difetto dell'istanza della controparte ( e di conseguenza dell'inammissibilità del ricorso che non ne ha riportato le difese).
6. Questa Corte non ha ancora affrontato tuttavia la questione della compatibilità della previsione del III comma dell' art. 93 c.p.c. con il primo periodo dell'art. 152 disp. att. c.p.c., e quindi della possibilità di pronunciare la condanna ivi prevista anche in caso di sussistenza dei presupposti per l'esonero dalle spese ritualmente documentata.
7. Tale questione appare meritevole di approfondimento, considerato che il suddetto III comma non è espressamente richiamato dalla disposizione eccettiva, e la sua applicazione potrebbe porsi in contrasto con questa, che è finalizzata ad evitare che il timore delle conseguenze della soccombenza impedisca l'esercizio di diritti primari, garantiti dalla Costituzione. Inoltre, la condanna ai sensi del III comma può essere pronunciata dal giudice "quando pronuncia sulle spese ex art. 91 c.pc.", ovvero quando regola le stesse secondo il principio della soccombenza, pronuncia che nella sussistenza delle condizioni per l'esonero è invece normalmente preclusa.
8. Il Collegio ritiene pertanto che non sussistano le condizioni previste dall'articolo 375, primo comma, numeri 1) e 5) c.p.c., per la trattazione del ricorso in camera di consiglio

P. Q.M.

visto l'art. 380 bis u.c. c.p.c., dispone la rimessione della causa alla IV Sezione per l'udienza pubblica.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 23.1.2018

Adriana Doronzo, Presidente