Per l'esonero dalle spese giudiziali non è necessario che la dichiarazione sostitutiva indichi l'importo del reddito familiare.

Studio legale

 

Disposizioni di attuazione del codice di procedura civile
Art. 152.

Nei giudizi promossi per ottenere prestazioni previdenziali o assistenziali la parte soccombente, salvo comunque quanto previsto dall'articolo 96, primo comma, del codice di procedura civile, non puo' essere condannata al pagamento delle spese, competenze ed onorari quando risulti titolare, nell'anno precedente a quello della pronuncia, di un reddito imponibile ai fini IRPEF, risultante dall'ultima dichiarazione, pari o inferiore a due volte l'importo del reddito stabilito ai sensi degli articoli 76, commi da 1 a 3, e 77 del decreto legislativo 30 maggio 2002, n. 113. L'interessato che, con riferimento all'anno precedente a quello di instaurazione del giudizio, si trova nelle condizioni indicate nel presente articolo formula apposita dichiarazione sostitutiva di certificazione nelle conclusioni dell'atto introduttivo e si impegna a comunicare, fino a che il processo non sia definito, le variazioni rilevanti dei limiti di reddito verificatesi nell'anno precedente. Si applicano i commi 2 e 3 dell'articolo 79 e l'articolo 88 del citato decreto legislativo n. 115 del 2002Il testo dell'articolo è stato così modificato dall'art. 42, comma 11, D.L. 269/2003, conv. con mod. dalla L. 326/2003.. Le spese, competenze ed onorari liquidati dal giudice nei giudizi per prestazioni previdenziali non possono superare il valore della prestazione dedotta in giudizioPeriodo aggiunto dall'art. 52, co. 6, L. 69/2009.. A tale fine la parte ricorrente, a pena di inammissibilita' di ricorso, formula apposita dichiarazione del valore della prestazione dedotta in giudizio, quantificandone l'importo nelle conclusioni dell'atto introduttivoPeriodo aggiunto dall'art. 38, comma 1, lettera b, D.L. 98/2011, conv. con mod. dalla L. 111/2011..

La Cassazione precisa che nella dichiarazione prevista dall'art. 152 disp. att. cod. proc. civ. - ai fini dell'esonero dalle spese giudiziali - non è necessario indicare l'importo del reddito familiare (così anche Cass. 24303/2016)Giurisprudenza costante: cfr. la successiva Cass. 10843/2018 http://www.italgiure.giustizia.it/xway/application/nif/clean/hc.dll?verbo=attach&db=snciv&id=./20180504/snciv@s6L@a2018@n10843@tO.clean.pdf.

Ad avviso della Cassazione, la ratio dell'art. 152 disp. att. cod. proc. civ. (nel testo vigente, così come risultante dalla sostituzione del testo effettuata dall'art. 42, comma 11, D.L. n. 269 del 2003, conv. con mod., dalla L. 326/2003 e dall'aggiunta disposta dall'art. 52 L. 69/2009) è quella di evitare che il timore della soccombenza sulle spese impedisca l'esercizio di diritti garantiti dalla Costituzione, fermo il limite della manifesta infondatezza e temerarietà della lite.
Dall'interpretazione letterale e logico-finalistica della norma si evincerebbe la volontà del legislatore di non subordinare a rigidi formalismi l'onere di effettuare un'apposita dichiarazione sostitutiva di certificazione attestante il possesso delle condizioni reddituali per l'esonero dalle spese di lite in ipotesi di soccombenza.
Per cui, ad avviso del giudice di legittimità, confermando la precedente giurisprudenza in materia, detta dichiarazione sostitutiva:
- deve essere contenuta o menzionata già nell'atto introduttivo di giudizio;
- può essere materialmente redatta su foglio separato, purchè espressamente richiamata nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado e ritualmente prodotta con il medesimo;
- non è necessario contenga anche l'impegno a comunicare le variazioni reddituali rilevanti; 
- non va rinnovata in tutti i diversi gradi del processo, restando comunque, fino all'esito definitivo del processo, l'impegno di comunicare le variazioni reddituali eventualmente rilevanti;
- non è necessario contenga la precisa indicazione del reddito.

Si rammenta che, inoltre, secondo l'avviso constante della Suprema Corte, la dichiarazione in esame deve essere sottoscritta personalmente dalla parte (Cass. 22952/2016).

Marco Aquilani, 12.12.2016 - ultima revisione 20.05.2018

Il testo dell'atto

Corte di Cassazione Civile, Sezione 6, Ordinanza 1 dicembre 2016, n. 24587

Corte di Cassazione Civile, Sezione 6, Ordinanza 1 dicembre 2016, n. 24587

Art. 152 disp. att. cod. proc. civ. - dichiarazione ai fini dell'esonero dalle spese giudiziali - non sussiste la necessità che essa contenga anche l'impegno a comunicare le variazioni reddituali rilevanti - non sussiste la necessità che sia specificata anche la concreta entità del reddito. (Sintesi non ufficiale)

Ai fini del beneficio dell'esonero dalle spese giudiziali, previsto dall'art. 152 disp. att. cod. proc. civ., è posto l'onere di effettuare - fin dalle conclusioni dell'atto introduttivo - un'apposita dichiarazione sostitutiva di certificazione attestante il possesso delle condizioni reddituali previste dalla norma stessa per ottenere l'esenzione dal pagamento delle spese processuali. Va ritenuta efficace la dichiarazione sostitutiva che, pur materialmente redatta su foglio separato, sia espressamente richiamata nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado e ritualmente prodotta con il medesimo. Il legislatore non ha voluto prevedere alcuna rigida formula per il soddisfacimento del suddetto onere, limitandosi a subordinare l'esenzione esclusivamente alla tempestiva presentazione della dichiarazione, senza prevedere che, nell'ambito della dichiarazione stessa, debba essere contenuto anche l'impegno a comunicare le variazioni reddituali rilevanti. E' sufficiente adempiere l'onere autocertificativo con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado salvo restando comunque, fino all'esito definitivo del processo, l'impegno di comunicare le variazioni reddituali eventualmente rilevanti. Non vi è necessità che nella dichiarazione ex art. 152 disp. att. cod. proc. civ. sia specificata anche la concreta entità del reddito. (Massima non ufficiale)

Civile Ord. Sez. 6 Num. 24587 Anno 2016
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: PAGETTA ANTONELLA
Data pubblicazione: 01/12/2016

ORDINANZA

sul ricorso 18843-2015 proposto da:
M*** N***, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VALDINIEVOLE, 11, presso lo studio dell'avvocato ESTER FERRARI MORANDI, che la rappresenta e difende, giusta delega a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

INPS - ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso L'AVVOCATURA CENTRALE DELL'ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati CLEMENTINA PULLI, EMANUELA CAPANNOLO, MAURO RICCI, giusta procura a margine del controricorso;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 667/2015 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il 22/01/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLA PAGETTA;
udito l'Avvocato Emanuela Capannolo difensore del controricorrente che si riporta agli scritti.

Fatto e diritto

Con sentenza n. 667/2015 il Tribunale di Roma, dichiarato inammissibile il ricorso proposto da M*** E***, in esito a dichiarazione di dissenso espressa nel procedimento per ATP instaurato ai sensi dell'art. 445 bis cod. proc. civ., ha condannato la ricorrente al pagamento delle spese di lite.
La statuizione di condanna alle spese, l'unica ancora rilevante, è stata fondata sulla ritenuta inidoneità della dichiarazione, ex art. 152 disp. att. cod. proc. civ. sottoscritta dalla M*** - che dalla copia del documento di identità risultava di professione "impiegata" . In particolare, la sentenza impugnata ha collegato tale inidoneità alla mancata indicazione dell' esatto importo del reddito percepito.
Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso M*** E*** sulla base di un unico motivo: l'INPS ha resistito con tempestivo controricorso.
Il Consigliere relatore, nella relazione depositata ai sensi degli artt. 375 e 380 bis cod. proc. civ., ha concluso per l'accoglimento del ricorso.
Il Collegio condivide la proposta del Relatore e le argomentazioni sule quali essa è fondata.
Con l'unico motivo di ricorso parte ricorrente deduce violazione dell'art. 152 disp. att. cod. proc. civ., censurando la decisione per avere ritenuto inidonea all'esonero dalle spese di lite la dichiarazione, sottoscritta dalla parte personalmente, posta in calce sia al ricorso depositato, in esito a dichiarazione di dissenso, ai sensi dell'art. 445 bis comma 6 cod. proc. civ.
Preliminarmente deve essere disattesa la eccezione di inammissibilità del ricorso formulata dall'INPS atteso che, contrariamente a quanto sostenuto dall'ente previdenziale, la censura di parte ricorrente non investe, sotto il profilo del vizio motivazionale, la valutazione di inidoneità della dichiarazione resa, ai sensi dell' art. 152 disp. att. cod. proc. civ., bensì la conformità della sentenza impugnata al disposto dell'art. 152 disp. att. cod. proc. civ., in relazione al contenuto necessario della dichiarazione medesima.
Nel merito il ricorso è manifestamente fondato.
Come più volte affermato da questa Corte, il beneficio dell'esonero dalle spese giudiziali, previsto dall'art. 152 disp. att. cod. proc. civ. in favore del lavoratore soccombente nei giudizi promossi per ottenere prestazioni previdenziali o assistenziali, è applicabile in favore di qualunque ricorrente e non solo in favore di chi possa vantare l'effettiva esistenza del rapporto assicurativo o abbia comunque diritto all'assistenza pubblica, atteso che la ratio della norma, desumibile anche dalle sentenze n 85 del 1979 e n. 207 del 1994 della Corte Costituzionale, è quella di evitare che il timore della soccombenza sulle spese impedisca l'esercizio di diritti garantiti dalla Costituzione, fermo il limite della manifesta infondatezza e temerarietà della lite (Cass. n. 1880 del 2003, n. 17061 del 2003 ).
E' stato quindi osservato che la ratio della disposizione è rimasta inalterata anche in seguito alla sostituzione - applicabile ai procedimenti incardinati successivamente al 2 ottobre 2003 (Cass. n. 4165 del 2004) - introdotta dal D.L. n. 269 del 2003, art. 42, comma 11, convertito con modificazioni, dalla L. n. 326 del 2003 -, nonché in seguito all'aggiunta dell'ultimo periodo disposta - con decorrenza dal 4 luglio 2009 L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 52. In particolare, per effetto della suddetta sostituzione, è stato posto a carico della parte ricorrente nei giudizi per prestazioni previdenziali o assistenziali l'onere di effettuare - fin dalle conclusioni dell'atto introduttivo - un'apposita dichiarazione sostitutiva di certificazione attestante il possesso delle condizioni reddituali previste dalla norma stessa per ottenere l'esenzione dal pagamento delle spese processuali.

Tale onere, secondo la giurisprudenza di questa Corte, va interpretato nel senso che della ricorrenza delle condizioni di esonero deve essere dato conto nell'atto introduttivo del giudizio, cosicché va ritenuta efficace la dichiarazione sostitutiva che, pur materialmente redatta su foglio separato, sia espressamente richiamata nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado e ritualmente prodotta con il medesimo (v. tra le altre, Cass. n. 16284 del 2011).

E' stato altresì ulteriormente precisato che "l'interpretazione letterale e logico-finalistica della norma rende evidente che il legislatore non ha voluto prevedere alcuna rigida formula per il soddisfacimento del suddetto onere e soprattutto che si è limitato a subordinare l'esenzione esclusivamente alla tempestiva presentazione della dichiarazione suindicata, senza prevedere che, nell'ambito della dichiarazione stessa, debba essere contenuto anche l'impegno a comunicare le variazioni reddituali rilevanti. Di ciò si trova ulteriore conferma nel fatto che il rinvio al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 79 è limitato ai commi 2 e 3 di tale articolo e non riguarda, quindi, il comma 1 ove - ai fini ivi previsti, di ammissione al patrocinio a spese dello Stato - è specificamente indicato il contenuto dell'istanza, stabilito a pena di inammissibilità e comprendente anche l'impegno ad effettuare la comunicazione delle variazioni reddituali rilevanti (peraltro, per una interpretazione non formalistica del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 79, comma 1, vedi, mutatis mutandis: Corte costituzionale, ordinanza n. 144 del 2004).
E' questo un ulteriore sintomo della permanenza della originaria ratio di favorire la tutela di diritti costituzionalmente garantiti (come quelli che normalmente si fanno valere nelle controversie previdenziali o assistenziali): la nuova normativa, pur essendo diretta ad evitare e punire più efficacemente gli abusi, tuttavia, avuto riguardo anche ai peculiari connotati pubblicistici che caratterizzano le controversie in argomento, non impone all'interessato di formulare la dichiarazione sostitutiva di certificazione in oggetto secondo uno schema rigido e predeterminato per legge, così come non gli richiede di rinnovare la suddetta dichiarazione in tutti i diversi gradi del processo: è sufficiente adempiere l'onere autocertificativo con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado salvo restando comunque, fino all'esito definitivo del processo, l'impegno di comunicare le variazioni reddituali eventualmente rilevanti (Cass. 12 maggio 2009 n. 10875; Cass. 21 luglio 2010. n. 17197)" (Cass. n. 13367 del 2011).

In base ai richiamati precedenti, ai quali si ritiene di dare continuità, risulta non condivisibile l'assunto che la mancata, specifica indicazione della entità del reddito, renda la dichiarazione de qua inidonea all'esonero dalle spese. Analogamente a quanto ritenuto da questa Corte in tema di esclusione dell'obbligo di specifica assunzione dell' impegno a comunicare le variazioni di reddito rilevanti previsto dal comma 1 dell'art. 79 d.P.R. n. 115 del 2002, il significato normativo da attribuire alla circostanza che il legislatore, nel delineare l'onere autocertificativo a carico dell'interessato, si sia limitato a richiamare i commi secondo e terzo dell'art. 79 d.P.R. n. 115 del 2002 e non anche il primo, è da intendersi nel senso della non necessità che nella dichiarazione ex art. 152 disp. att. cod. proc. civ. sia specificata anche la concreta entità del reddito . E' infatti, il comma primo dell'art. 79 cit., che disciplina il contenuto dell'istanza per l'ammissione al gratuito patrocinio, ad esigere, espressamente, che la dichiarazione sostitutiva di certificazione, attestante la sussistenza delle prescritte condizioni di reddito, contenga "la specifica determinazione del reddito complessivo valutabile a tali fini, determinato secondo le modalità indicate nell'art. 76".

Il mancato richiamo anche del comma primo da parte del legislatore, in sede di modifica dell'art. 152 disp. att. cod. proc. civ., induce, pertanto, ad escludere la necessità della precisa indicazione del reddito da parte dell'interessato, in un'ottica di semplificazione delle condizioni per l'accesso alla tutela giurisdizionale, del tutto coerente con il permanere della originaria ratio ispiratrice della disciplina in tema di esonero dalle spese, e della esigenza di piena tutela di diritti costituzionalmente garantiti quali quelli relativi alle prestazioni assistenziali e previdenziali.

In base alle considerazioni in fatto ed in diritto che precedono, il ricorso deve essere, quindi, accolto e la sentenza cassata, con decisione nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto.

Le spese del giudizio di legittimità sono regolate secondo soccombenza.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara irripetibili le spese del giudizio definito con la sentenza impugnata. Condanna l'INPS alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in € 2.500,00 per compensi professionali, € 100,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15%, oltre accessori di legge.

Roma, 29 settembre 2016

Il Presidente
Pietro Curzio

Depositato in cancelleria
Roma, 1 dic. 2016