L'
art. 1 del D. Lgs. 30.12.1992 n. 503 ha previsto al 1° comma che "
Il diritto alla pensione di vecchiaia a carico dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti è subordinato al compimento dell'età indicata, per ciascun periodo, nella tabella allegata" e, poi, al comma 8°, che "L'elevazione dei limiti di età di cui al comma 1 non si applica agli invalidi in misura non inferiore all '80%”.
E' noto che, sulla base della disciplina introdotta dal cit. D. Lgs., sono stati progressivamente elevati i limiti di età per il pensionamento di vecchiaia e che, pertanto, dall'1.1.2000 possono accedere a detto trattamento gli uomini che abbiano compiuto 65 anni di età e le donne che ne abbiano compiuti 60 (laddove, prima del nuovo regime, il limite di età era costituito rispettivamente da 60 e da 55 anni).
Il B., accertato soggetto invalido in misura pari all'80% in data 29.5.2003 dalla Commissione competente per l'accertamento degli stati di invalidità civile, ha agito proprio per ottenere la pensione di vecchiaia con i "vecchi" requisiti di età (alla data della domanda amministrativa presentata all'INPS il 3.10.2003, egli aveva infatti, essendo nato il 31.8.1942, solamente 61 anni), volendo per l'appunto avvalersi della disposizione di cui al cit. 8° comma.
Il CTU nominato in prime cure, dott. Maurizio Oberto, ha ritenuto corretta la valutazione espressa dalla cit. Commissione nel maggio 2003 (80% di invalidità), ritenuto che all'epoca della consulenza il grado di invalidità civile del B. aveva raggiunto l'85% e rilevato, però, che in ambito INPS, ove occorre, ex art. 1 L. n. 222/1984, valutare la capacità di lavoro del soggetto in occupazioni confacenti, il B. è attualmente invalido in misura superiore ai 2/3 ma in misura inferiore all'80% e che tale situazione ricorreva, a fortiori, all'epoca della domanda amministrativa di pensione.
Il Tribunale, sostanzialmente accogliendo la prospettazione del ricorrente, ha dichiarato che lo stesso è invalido "con riduzione permanente della capacità lavorativa in misura pari all'85% dalla data della domanda amministrativa", richiamando al riguardo la
sentenza n. 13495/03 della Cassazione.
Nell'appello, l'INPS censura la sentenza del Tribunale riproponendo, in buona sostanza, le tesi difensive svolte in prime cure e sottolineando, altresì, come il precedente giurisprudenziale richiamato nella sentenza non è univoco e consolidato, che viceversa la S.C. ha più volte ribadito il necessario collegamento tra le disposizioni del
D.Lgs. n. 503 e la L. n. 222/1984, che questa stessa Corte, infine, decidendo analoga controversia, ha già ritenuto come, ai fini dell'applicazione dell'art. 1, co. 8, D. Lgs. cit., debba farsi riferimento alla invalidità accertata secondo i criteri vigenti in ambito INPS.
L'appellato, dal canto suo, rileva come detta sentenza di questa Corte d'Appello sia anteriore al pronunciamento della
Cassazione n. 13495/03 e come, del resto, sempre questa Corte di Appello abbia successivamente, in fattispecie analoga, aderito alla giurisprudenza della Cassazione.
Il Collegio ritiene che l'appello sia fondato.
Affrontando una controversia analoga, questa Corte, nella sentenza n. 448/2003 resa in causa INPS contro C., ha già avuto modo di rilevare che : "
...anche se l'ultimo comma dell'art. 1 D. Lgs. n. 503/92 non specifica a quale tipo di invalidità si debba fare riferimento e non menziona espressamente la legge 222/84, si deve ritenere che la percentuale di invalidità dell'80% debba essere accertata in base ai criteri stabiliti per l'invalidità pensionabile, dal momento che la disposizione di legge è inserita in un contesto normativo concernente i trattamenti previdenziali dell'assicurazione generale obbligatoria, e non i benefìci di carattere assistenziale".
Da tale orientamento non ritiene il Collegio di doversi oggi discostare: è sì vero che la sentenza predetta è stata pronunciata anteriormente alla
sent. n. 13495/2003 della Cassazione, richiamata dal Tribunale nella sentenza oggi impugnata e dalla difesa del B. nella memoria costitutiva di questo grado, ma tale pronunciamento, peraltro allo stato del tutto isolato, non pare convincente.
A parte il fatto che la controversia affrontata dalla S.C. pare concernesse un soggetto inabile ex art. 2 L. n. 222/1984, va rilevato che la Cassazione, in quella sentenza, ha ritenuto che la nozione di invalidità di cui all'art. 1, 8° comma, D.Lgs. cit. non coincidesse con quella prevista dalla L. n. 222/1984, ma comprendesse "tutti i soggetti invalidi, anche se con capacità di guadagno", sostanzialmente per due ragioni : perché la norma aveva "percentualizzato" in maniera puntuale
l'invalidità "in una misura finora estranea al regime pensionistico generale" e perché "l'ampiezza della formula adoperata" per indicare i soggetti ai quali non si applicavano i nuovi limiti di età e "la mancanza di qualsiasi altra specificazione" deponeva per l'ampiezza massima del contenuto normativo.
Osserva questa Corte, da un lato, che la indicazione normativa dell'80% di invalidità non è elemento sufficiente per ritenere che la nozione di invalidità accolta dalla norma non sia quella dell'invalidità pensionabile ex L. n. 222/1984, ben potendo detta indicazione giustificarsi con l'intendimento del legislatore di escludere dall'applicazione della nuova normativa i soggetti riconosciuti invalidi in misura rilevante e, dall'altro, come l'assenza di ogni "specificazione" non sia elemento che, univocamente, indirizza nel senso indicato dalla S.C. : poiché, infatti, la norma in parola è dettata nell'ambito della disciplina dell'a.g.o. per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti (v. art. 1, co. 1, D.Lgs. cit.) e poiché, del resto, neppure viene richiamata, direttamente o indirettamente, la differente disciplina normativa concernente l'invalidità civile, ben può la generica formulazione del comma 8 essere riferita al regime dell'invalidità vigente in ambito INPS.
Diversamente, poi, da quanto asserito dalla difesa dell'appellato, questa Corte non ha affatto accolto in una sentenza (successiva a quella n. 448/03 cit.) l'interpretazione della norma offerta dalla Cassazione nella sentenza ora esaminata : infatti, nella sentenza n. 1856/05 pronunciata in causa INPS contro R. ed altri, questa Corte non si è affatto pronunciata in ordine all'interpretazione dell'art. 1, 8° co., cit. (perché ha ritenuto l'assicurata priva di interesse attuale all'azione), ma sul beneficio previsto dalla (diversa) disposizione dettata dall'art. 80, 3° co., L. n. 388/2000.
Per completezza, va ancora segnalato, a conferma dell'orientamento qui accolto, che Cass., 19.1.2002 n. 580, in ordine all'applicazione dell'elevazione dei limiti di età ex art. 1 D.Lgs. cit., ha proprio fatto riferimento all'accertamento dell'invalidità secondo i criteri dettati dalla L. n. 222/1984.
Poiché la CTU esperita in prime cure, e non fatta oggetto di rilievi negli atti di questo grado, ha accertato che il sig. B. ne all'epoca della domanda amministrativa di pensione ne successivamente è invalido in misura pari o superiore all'80% ai sensi dell'art. 1 L. n. 222/1984, ne consegue che, in accoglimento dell'appello dell'INPS ed in riforma della sentenza del Tribunale, la domanda proposta con il ricorso introduttivo deve essere respinta.
L'esistenza di contrasti giurisprudenziali sulla questione controversa giustifica, tuttavia, ex art. 92 c.p.c., la compensazione delle spese di entrambi i gradi del giudizio.
(Omissis)
Estratto dal Decreto Legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, "Norme per il riordinamento del sistema previdenziale dei lavoratori privati e pubblici, a norma dell'articolo 3 della legge 23 ottobre 1992, n. 421"
art. 1.
Età per il pensionamento di vecchiaia.
1. Il diritto alla pensione di vecchiaia a carico dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti è subordinato al compimento dell'età indicata, per ciascun periodo, nella tabella A allegata.
2. Il limite di età previsto per l'applicazione delle disposizioni contenute nell'art. 6, L. 29 dicembre 1990, n. 407, è elevato fino al compimento del 65° anno; gli assicurati che alla data di entrata in vigore del presente decreto prestano ancora attività lavorativa, pur avendo maturato i requisiti per aver diritto alla pensione di vecchiaia, sono esonerati dall'obbligo della comunicazione di cui al richiamato articolo 6, comma 2; sono altresì esonerati dall'anzidetto obbligo gli assicurati che maturino i requisiti previsti entro sei mesi successivi alla data di entrata in vigore del presente decreto, fermo restando l'obbligo per gli assicurati stessi di effettuare la comunicazione sopra considerata non oltre la data in cui i predetti requisiti sono maturati.
3. La percentuale annua di commisurazione della pensione per ogni anno di anzianità contributiva acquisita per effetto di opzione esercitata ai sensi dell'articolo 4 della legge 9 dicembre 1977, n. 903, e dell'articolo 6 del decreto-legge 22 dicembre 1981, n. 791, convertito con modificazioni dalla legge 26 febbraio 1982, n. 54, ai fini della permanenza in servizio oltre le età di cui al comma 1, è incrementata di un punto percentuale fino al compimento del 60° anno di età per le donne e 65° per gli uomini e di mezzo punto percentuale negli altri casi, anche in deroga all'articolo 11, comma 2, della legge 30 aprile 1969, n. 153. Gli incentivi indicati sono attribuiti, comunque, fino al raggiungimento dell'anzianità contributiva massima utile. Per gli anni successivi viene riconosciuta la maggiorazione della pensione di cui al comma 6 dell'articolo 6 della legge 29 dicembre 1990, n. 407.
4. Le percentuali annue di rendimento attribuite ai sensi del comma 3 restano acquisite indipendentemente dalla successiva applicazione dell'elevazione del requisito di età prevista dal comma 1.
5. Il trattamento pensionistico derivante dall'applicazione dei commi 2 e 3 non può comunque superare l'importo della retribuzione pensionabile prevista dai singoli ordinamenti.
6. Sono confermati i requisiti per la pensione di vecchiaia in vigore alla data del 31 dicembre 1992 per i lavoratori non vedenti.
7. Il conseguimento del diritto alla pensione di vecchiaia è subordinato alla cessazione del rapporto di lavoro.
8. L'elevazione dei limiti di età di cui al comma 1 non si applica agli invalidi in misura non inferiore all'80 per cento.