Consiglio di Stato Parere 17 marzo 2014, n. 897
Forze armate, Forze di polizia, Corpo nazionale dei vigili del fuoco - permessi retribuiti per assistenza a portatore di handicap grave - art. 24, comma 1 L. 183/2010, soppressiva del requisito della esclusività e continuità dell'assistenza - applicabilità. (Sintesi non ufficiale)
Numero 00897/2014 e data 17/03/2014
REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Seconda
Adunanza di Sezione del 22 gennaio 2014
NUMERO AFFARE 05943/2012
OGGETTO:
Ministero dell’economia e delle finanze, Ufficio del coordinamento legislativo-finanze.
Guardia di finanza. Quesito relativo alle modifiche introdotte dalla legge 4 novembre 2010, n. 183, artt. 23 e 24, in ordine al regime agevolativo previsto dalla legge n. 104 del 1992.
LA SEZIONE
Vista la relazione n. 0206050/11 dell’11/07/11, con la quale il Ministero dell’economia e delle finanze, Comando Generale Guardia di Finanza, I Reparto, ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull’affare consultivo in oggetto;
Vista la nota del Dirigente della Sezione prot. n. 0015231 in data 13/09/2012;
Esaminati gli atti e udito il relatore Consigliere Gerardo Mastrandrea;
Premesso e considerato:
Il quesito è relativo alla portata delle modifiche introdotte dalla legge 4 novembre 2010, n. 183, in materia di permessi per l’assistenza a portatori di handicap in situazioni di gravità ed alla loro applicabilità al personale delle Forze Armate, nella specie Corpo della Guardia di Finanza.
Come segnalato dalla Segreteria della Sezione al Ministero richiedente, la Sezione stessa è stata chiamata a fornire parere su analogo quesito proposto dal Ministero della difesa (affare 1082/2012), al quale occorre necessariamente fare riferimento, nel complessivo evolversi del parere, non essendo diversi i termini della questione sottoposta.
In effetti, anche lo Stato Maggiore della Difesa chiedeva al Consiglio di Stato lumi circa l’applicabilità al personale appartenente alle Forze armate della nuova disciplina, prevista dall’articolo 24 della legge 04/11/2010, n. 183 (cd. “collegato lavoro”), che, modificando l’articolo 33 della legge n. 104/1992, in materia di permessi per l’assistenza a portatori di handicap in situazione di gravità, ha eliminato l’esplicito richiamo ai requisiti della “continuità” e dell’“esclusività” dell’assistenza quali presupposti necessari ai fini della fruizione di tali permessi da parte dei beneficiari.
In particolare, veniva richiesto se, alla luce della sentenza n. 2707/2011 emessa dalla IV Sezione di questo Consiglio, nelle more dell’emanazione dei provvedimenti legislativi che, ai sensi dell’articolo 19 della predetta legge n. 183/2010, dovranno dare attuazione alla c.d. “specificità” delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, potesse trovare applicazione il quadro normativo “ante” novella 2010, con la conseguente necessità della sussistenza – e delle connesse verifiche da parte dell’Amministrazione – dei requisiti della “continuità” e della “esclusività”, nonché del “terzo grado di parentela/affinità con il disabile da assistere”, ai fini della fruizione dei permessi in argomento da parte dei dipendenti che richiedano di avvalersi dei benefici previsti dal citato articolo 33 della legge n. 104/1992.
In subordine, qualora non dovesse essere confermato l’orientamento precedentemente espresso da questo Consiglio nella richiamata sentenza n. 2707/2011, veniva fatta richiesta di chiarire l’esatta portata della novella legislativa e, in particolare, di precisare se comunque continuasse a persistere la necessità dei requisiti della “continuità” e della “esclusività” dell’assistenza ai fini della concessione dei benefici in argomento al personale in questione, il riferimento ai quali è stato eliminato ad opera dell’articolo 24 della legge n. 183/2010.
Nell’esporre le proprie valutazioni, l’Amministrazione della difesa evidenziava, preliminarmente, che in base al quadro normativo di riferimento previgente nella materia de qua (l’articolo 33 della legge n. 104/1992 e l’articolo 20 della legge n. 53/2000), anche alla luce del costante orientamento della giurisprudenza amministrativa, al fine della concessione dei benefici in parola occorreva verificare: la connotazione di “gravità” dell’handicap in capo al familiare disabile da assistere; i requisiti della “esclusività” e “continuità” dell’intervento assistenziale; la possibilità di “utile collocazione organica” dell’istante, in caso di richiesta di trasferimento, in un Ente ubicato nella sede di auspicata assegnazione, salvaguardando il prevalente interesse pubblico ad utilizzare il personale dipendente in conformità delle specifiche professionalità e competenze acquisite dall’interessato.
Sottolineava, poi, che qualora le citate modifiche introdotte dal citato articolo 24 del “collegato lavoro” fossero interpretate in modo letterale e non sulla base di un criterio sistematico, e ritenute dunque applicabili, senza tener conto della “specificità delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco”, secondo il dettato dell’articolo 19 della legge n. 183/2010, le modifiche stesse avrebbero un impatto significativo in termini di impiego del personale militare, con un incremento esponenziale delle istanze accolte, già peraltro numerose con particolare riferimento ai permessi mensili, e quindi con ripercussioni significative sulla stessa funzionalità dei reparti.
L’orientamento espresso dal Consiglio di Stato nella richiamata pronunzia n. 2707/2011, secondo cui, in definitiva, la nuova disciplina sopra descritta, introdotta dal “collegato lavoro”, potrà trovare applicazione al personale militare in questione “solo quando verranno emanati gli appositi provvedimenti legislativi previsti dall’art. 19 della richiamata legge”, troverebbe, inoltre, ulteriore conforto nella disciplina del codice dell’ordinamento militare (di cui al d.lg. 66/10), che all’art. 981 prevede espressamente che “al personale militare, compatibilmente con il proprio stato, continuano ad applicarsi le seguenti norme:…articolo 33, comma 5, della legge 104/92…”.
In effetti, il nuovo dettato normativo di cui all’articolo 24 della legge n. 183/2010 – introducendo modifiche sia all’articolo 33 della legge n. 104/1992, sia all’articolo 20, comma 1 della legge n. 53/2000, sia all’articolo 42 del d.lgs. n. 151/2001, mediante l’abrogazione del comma 3 – sopprime l’esplicito richiamo ai requisiti della “continuità” (intesa come assistenza non occasionale prestata dal lavoratore al congiunto con handicap in situazione di gravità) e dell’ “esclusività” (intesa come condizione assicurata quando non risulti la presenza di altri familiari in grado di prestare assistenza al congiunto), individuati nella disciplina previgente quali presupposti necessari ai fini del godimento dei permessi in argomento da parte dei beneficiari.
Non può, altresì, sottacersi che più volte la Corte Costituzionale, esaminando alcuni profili della legge n. 104 del 1992, ne ha sottolineato l’ampia sfera di applicazione, diretta ad assicurare, in termini quanto più possibile soddisfacenti, la tutela dei portatori di handicap. Essa incide sul settore sanitario e assistenziale, sulla formazione professionale, sulle condizioni di lavoro, sull’integrazione scolastica; in generale detta misure che hanno il fine di superare, o di contribuire a far superare, i molteplici ostacoli che il disabile incontra quotidianamente nelle attività sociali e lavorative, e nell’esercizio di diritti costituzionalmente protetti (sent. n. 406 del 1992). Ciò che viene in assoluto rilievo in subiecta materia, alla luce dei dicta della Consulta, è, quindi, la garanzia della condizione giuridica del portatore di handicap, la cui tutela passa attraverso “l’interrelazione e l’integrazione dei valori espressi dal disegno costituzionale” (cfr., ex plurimis, C. Cost., sentenza n. 325/1996).
Veniva, dunque, altresì preliminarmente precisato che la modifica introdotta alla disciplina in parola ad opera della legge 4 novembre 2010, n. 183, la cui finalità di tutela di valori costituzionalmente garantiti è stata testé ricordata, era intervenuta, invero, successivamente al varo del Codice dell’ordinamento militare (d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66), che, come accennato in narrativa, all’articolo 981, comma 1, sancisce che al personale militare, compatibilmente con il proprio stato, continuano ad applicarsi le disposizioni contenute nell’articolo 33, comma 5, della legge n. 104/1992 e successive modificazioni.
Ciò nondimeno, non poteva disconoscersi, secondo l’avviso pro tempore reso dalla Sezione con il parere interlocutorio n. 1082/12 dell’11 aprile 2012, il carattere di “specificità delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco”, che il legislatore ha voluto evocare espressamente al comma 1 dell’articolo 19 della richiamata legge n. 183/2010, enucleando quali principi dell’ordinamento la “peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti”, “le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell’ordine e della sicurezza interna ed esterna”, “i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti”. Una “specificità” funzionale connessa, dunque, alla delicatezza e all’importanza delle funzioni istituzionali, peraltro connotate da un elevato rischio operativo, che si traduce in specificità normativa in forza del comma 2 dello stesso articolo 19, il quale rinvia, per la disciplina attuativa, a successivi provvedimenti legislativi.
E si riteneva che coerentemente, dunque, ai detti principi, il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, aveva avuto modo di affermare, nella materia di cui si discetta, che “la nuova disciplina potrà trovare applicazione anche per il personale appartenente alle Forze Armate, alle Forze di Polizia, nelle quali rientra la Polizia Penitenziaria, al Corpo Nazionale dei VV.FF. solo quando verranno emanati gli appositi provvedimenti legislativi previsti dall’art.19 della richiamata legge” (Cons. Stato, IV, n. 2707/2011, cit., ma cfr. anche IV, 10 gennaio 2012, n. 66).
In ogni caso, attesa anche la necessità di esaminare in maniera coordinata i vari profili sopra evidenziati, risultava, altresì, utile conoscere se, allo scopo, la questione era stata sottoposta anche alle altre Amministrazioni competenti, a partire dal Ministero del lavoro e dal Ministero dell’interno, con riferimento, in quest’ultimo caso, al personale appartenente al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché, per gli evidenti profili di coordinamento, ai competenti Dipartimenti della Presidenza del Consiglio dei Ministri (affari giuridici e legislativi e funzione pubblica).
Orbene, preso atto che non pervenivano elementi di risposta da parte dell’Amministrazione allora richiedente, al fine, comunque, di fornire elementi di valutazione ed approfondimento, si è ritenuto di dover segnalare, e la cosa risulta opportuna anche nella presente sede, come, nelle more, il quadro giurisprudenziale si sia orientato, ed in tal senso consolidato, in maniera difforme rispetto alle pronunzie citate nel parere interlocutorio menzionato.
A partire, infatti, dalle sentenze nn. 4047/12, 4291/12 e 5378/12 (ma si veda anche TAR Piemonte, I, 25 gennaio 2013, n. 105, che opta anch’essa, appunto, per l’immediata applicabilità agli agenti di polizia penitenziaria dei disposti della novella legislativa di cui all’art. 24 della l. 4 novembre 2010, n. 183, ai fini della concessione di un trasferimento ex art. 33 l. 104/92), il Consiglio di Stato si è chiaramente orientato per l’immediata applicabilità al personale delle Forze Armate e delle Forze di Polizia della norma soppressiva dei requisiti di continuità ed esclusività dell’assistenza.
Si è ritenuto, infatti, non ostativo all’applicazione immediata dell’art. 24 della l. 183/10 al personale in questione l’art. 19 della medesima l. 183/10, che non contiene alcuna disposizione ad esplicito e specifico carattere inibitorio, presentandosi di contro come un autonomo articolato fondante in nuce le basi del futuro assetto di una organica e speciale disciplina del rapporto di impiego del personale delle Forze Armate e di Polizia.
Così si è arrivati ad affermare che, in ossequio anche al tenore letterale delle norme, i requisiti della continuità e dell’esclusività non possono essere più pretesi dall’Amministrazione, ad esempio, ai fini della concessione del trasferimento ex art. 33 l. 104/92 al personale in argomento. Le uniche due esigenze che l’Amministrazione è tenuta a valutare ai fini del decidere se concedere o meno il benefico in parola al lavoratore istante, e dunque gli unici parametri entro i quali l’Amministrazione è tenuta a muoversi sono, da un lato, le esigenze organizzative ed operative dell’Amministrazione di appartenenza, rispetto alle quali il trasferimento deve risultare “possibile”, e, dall’altro lato, l’effettiva necessità del trasferimento del lavoratore ai fini dell’assistenza del familiare disabile, al fine di impedire un uso strumentale, improprio ed eventualmente opportunistico della normativa a tutela dei disabili gravi (cfr. anche Cons. Stato, III, ord. 27 ottobre 2012, n. 4300).
Il nuovo orientamento esegetico è stato, peraltro, recepito negli atti di alcune Amministrazioni competenti (es. circolare Min. Giustizia, DAP, del 28 dicembre 2012).
Tanto si ritiene di dover sottoporre all’Amministrazione finanziaria richiedente, ai fini delle valutazioni e delle determinazioni di competenza.
P.Q.M.
Nei termini esposti è il parere della Sezione.
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Gerardo Mastrandrea Pier Giorgio Trovato
IL SEGRETARIO
Marisa Allega